Giornali vari, 21 giugno 2010
Anno VII – Trecentoventisettesima settimana Dal 14 al 21 giugno 2010Case I sostituti procuratori di Perugia indagano con regolare avviso di garanzia il cardinale Crescenzio Sepe e l’ex ministro dei Lavori Pubblici di Berlusconi, Pietro Lunardi
Anno VII – Trecentoventisettesima settimana Dal 14 al 21 giugno 2010
Case I sostituti procuratori di Perugia indagano con regolare avviso di garanzia il cardinale Crescenzio Sepe e l’ex ministro dei Lavori Pubblici di Berlusconi, Pietro Lunardi. Il cardinale Sepe è adesso arcivescovo di Napoli, un simpatico prete-arrivista della provincia di Caserta, che si rivolge volentieri in dialetto ai fedeli, organizzò da impresario il Giubileo del 2000 e fece in Vaticano una gran carriera, arrivando a occupare la poltrona di prefetto della Propaganda Fide, la formidabile struttura vaticana che finanzia l’attività della Chiesa nel mondo (nove miliardi di patrimonio). Puntava alla segreteria di Stato, ma Benedetto XVI lo rimosse poco dopo essere stato eletto. I magistrati sospettano adesso un nutrito scambio di favori tra il cardinale e l’ex ministro e in particolare guardano con grande diffidenza a un finanziamento disposto nel 2003 dai Lavori Pubblici in favore di un restauro della sede di Propaganda Fide in piazza di Spagna a Roma: due milioni e mezzo di euro che la Corte dei Conti ha giudicato «incongrui» e «non giustificati». A Lunardi – è sempre l’ipotesi dell’accusa – il cardinale ha concesso ospitalità per 14 mesi in un palazzetto di via dei Prefetti sempre della Propaganda Fide, e l’allora ministro, a un certo punto, ha persino potuto comprare l’intero immobile a un prezzo che si dovrà eventualmente capire se e quanto di favore. È Lunardi stesso ad aver raccontato ai giornalisti di essere stato ospitato da Sepe. Ha detto di aver acquistato la palazzina per 3 milioni e 400 mila euro (mutuo da due milioni e 800 mila). «Una banca l’aveva valutato 4 milioni e 160 mila euro, ma c’erano otto persone dentro». Sempre Lunardi ha rivelato che a fare i lavori di ristrutturazione nella sede di Propaganda Fide in piazza di Spagna era l’architetto Zampolini con la ditta Anemone. Zampolini-Anemone sono il bandolo, come il lettore ricorderà, di tutta la matassa che avvolge l’affaire della presunta cricca di Angelo Balducci (per sommi capi: le presunte prestazioni sessuali offerte a Bertolaso e altri, i maneggi relativi alla costruzione del Salaria Village a Roma, l’architetto Zampolini che paga l’affitto con i soldi di Anemone per parecchi potenti, l’architetto Zampolini che, sempre con assegni di Anemone inferiori ai 12.500 euro, compra a Scajola la casa con vista Colosseo ecc.).
Cardinali Mentre il papa attaccava senza nominarlo il suo cardinale («Il sacerdozio non può mai rappresentare un modo per raggiungere la sicurezza nella vita o per conquistarsi una posizione sociale. Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso alla radice il senso di questo ministero»), il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, lo difendeva a spada tratta, esprimendogli dai microfoni di Radio Vaticana «stima e solidarietà in questo momento difficile». Lombardi ha però aggiunto: «Bisognerà anche tenere conto degli aspetti procedurali e dei profili giurisdizionali impliciti nei corretti rapporti tra Santa Sede e Italia, che siano eventualmente connessi con questa vicenda». Cioè: il Concordato prevede che di qualunque iniziativa contro Sepe sia informata preventivamente la Segreteria di Stato. Poi, all’articolo 15 (rimasto identico a quello del 1929) attribuisce al prefetto di Propaganda Fide le stesse immunità dei diplomatici di uno stato estero, quindi tutto ciò che è avvenuto all’interno di quelle mura può essere considerato di esclusiva competenza del Vaticano senza che gli italiani possano metterci becco. L’articolo 4, punto 4, del Concordato dice addirittura: «Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o su materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero». Del resto, basta il Codice penale italiano, articolo 200: i ministri dei culti non sono obbligati a deporre su quanto conosciuto in ragione del loro ministero.
Regioni all’attacco La manovra di Tremonti – i 25 miliardi che si vogliono toglier di mezzo per prevenire una crisi alla greca – è stata messa sotto accusa dalle venti Regioni italiane, senza distinzioni tra quelle guidate dal centro-destra e quelle guidate dal centro-sinistra. L’argomento è questo: il ministero dell’Economia vuole tagliarci dieci miliardi e questo ci costringerà a non fornire più servizi essenziali. Il federalismo fiscale a questo punto non si potrà fare. Alla testa della protesta ci sono Formigoni e Vasco Errani, cioè il governatore della Lombardia (destra) e quello dell’Emilia Romagna (sinistra). La sollevazione ha preoccupato sia il ministro che gli esponenti della maggioranza. Il ministro ha assicurato che qualcosa sarà rivisto, purché il saldo finale sia sempre quello, e i leghisti – in imbarazzo perché considerano Tremonti uno dei loro – hanno proposto di distinguere tra regioni virtuose e regioni viziose: il taglio di 10 miliardi è infatti equamente distribuito fra tutti, ma i dati dimostrano che le regioni del Nord amministrano i soldi pubblici molto meglio di quelle del Sud (il cerotto che costa 1 a Milano costa 4 a Napoli, eccetera). Il finale è piuttosto curioso: alla scadenza dei termini in Commissione Bilancio risultavano presentati 2.550 emendamenti, la metà dei quali provenienti dalla maggioranza e soprattutto dai finiani, che evidentemente non intendono smettere di dar fastidio al proprio governo.
Ministro Aldo Brancher, finora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, è stato nominato ministro per l’Attuazione del federalismo, decisione che ha innervosito Bossi. Domenica scorsa, al raduno di Pontida, il Senatùr ha gridato, sotto una pioggia battente e di fronte a un popolo per la prima volta mugugnante: «C’è un solo ministro per il federalismo e sono io». Brancher, 67 anni, bellunese, ex frate paolino, di tanto in tanto nel mirino della magistratura, tiene da un quarto di secolo per conto del Cavaliere i rapporti con la Lega.
De Gennaro Gianni De Gennaro, oggi capo dei servizi segreti e al tempo del G8 genovese (2001) capo della polizia, è stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione per aver spinto Francesco Colucci, questore di Genova in quel momento, a testimoniare il falso nel processo per le violenze alla scuola Diaz. In primo grado De Gennaro era stato assolto, i suoi avvocati sostengono che le prove portate da accusa e difesa non sono cambiate nel secondo grado di giudizio e che ricorreranno quindi in Cassazione. De Gennaro, dopo qualche esitazione, ha presentato le dimissioni, che il governo ha respinto. Grandi attestati di solidarietà da tutta la maggioranza.
Fucilazioni Ronnie Lee Gardner, 49 anni, condannato a morte nel 1985 per aver assassinato due persone, ha chiesto di essere soppresso mediante fucilazione, e lo stato dello Utah lo ha accontentato. La sentenza è stata eseguita giovedì 17 giugno, nella Utah State Prison, venti chilometri da Salt Lake City. Gardner è stato portato in un grande stanzone e immobilizzato con sette cinghie su una sedia dipinta di nero posta su un piedistallo circondato da sacchetti di sabbia. Sotto, una bacinella predisposta per la raccolta del sangue. Anche il detenuto era in nero, salvo una pezza bianca fermata all’altezza del cuore: il punto dove il plotone d’esecuzione avrebbe dovuto mirare. A otto metri di distanza, il muro con sette feritoie. Di qui sono sbucati cinque fucili Winchester calibro 30, uno dei quali era stato caricato a salve, nell’illusione che in questo modo nessuno sarebbe stato certo di aver ucciso. Era mezzanotte in America, le otto del mattino da noi. I quattro che avevano in canna la pallottola hanno fatto tutti centro.