Giornali vari, 24 maggio 2010
Anno VII – Trecentoventitreesima settimana. Dal 17 al 24 maggio 2010Intercettazioni Maggioranza e opposizione, governo e mondo della carta stampata sono ai ferri corti per la legge sulle intercettazioni, già approvata dalla Camera l’anno scorso, poi accantonata per i mugugni di Napolitano e le elezioni regionali, adesso rimessa in pista al Senato dove, superati a tappe forzate gli ostacoli delle Commissioni (sedute notturne, eccetera), sta per andare in aula
Anno VII – Trecentoventitreesima settimana. Dal 17 al 24 maggio 2010
Intercettazioni Maggioranza e opposizione, governo e mondo della carta stampata sono ai ferri corti per la legge sulle intercettazioni, già approvata dalla Camera l’anno scorso, poi accantonata per i mugugni di Napolitano e le elezioni regionali, adesso rimessa in pista al Senato dove, superati a tappe forzate gli ostacoli delle Commissioni (sedute notturne, eccetera), sta per andare in aula. Si tratta di un provvedimento con due obiettivi dichiarati: limitare per quanto possibile il potere dei pubblici ministeri di indagare intercettando e impedire ai giornali di dar notizie delle inchieste in corso. Sul primo punto: i pm dovranno essere autorizzati a mettere sotto controllo il telefono di chicchessia da una commissione di tre giudici e non potranno in nessun caso spiare gli inquisiti per più di 75 giorni. Sul secondo punto: gli editori di giornali saranno sanzionati con multe fin quasi a mezzo milione di euro se pubblicheranno alcunché intorno a inchieste giudiziarie che non siano ancora giunte alla fase del rinvio a giudizio; i giornalisti colpevoli di aver scritto articoli in deroga alla legge potranno anche andare in carcere.
Critiche Le critiche alla legge sono le seguenti. Relativamente alla magistratura: non si capisce perché un’intercettazione debba essere per forza interrotta al settantacinquesimo giorno, quando la storia del crimine è piena di operazioni portate a termine con successo dopo controlli durati mesi e mesi (Fbi e mafia americana, per esempio). Relativamente ai giornali: l’articolo 21 della Costituzione stabilisce che «la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure», parole che non trovano eccezioni nei commi successivi, dove si ammette solo che la magistratura possa disporre sequestri in edicola o libreria dopo la pubblicazione. Altro punto: prevedere una sanzione (fortissima) per gli editori significa intaccare l’autonomia delle redazioni, del cui lavoro risponde, per legge, il direttore e non l’editore. Fino ad oggi gli editori non avevano formalmente il potere di intervenire sulla fattura di giornali e tg, ma solo quello di licenziare, eventualmente, il direttore. Surrettiziamente la legge tenta di introdurre, nel lavoro quotidiano di chi fa informazione, un elemento di divisione molto grave.
Battaglia Contro la legge si sono mobilitati i giornalisti, che dovrebbero inizialmente scioperare due giorni, e gli editori, che hanno sottoscritto un appello preparato da Stefano Mauri e Giuseppe Laterza: «Con una classe politica che fa quadrato attorno agli indagati immaginate un mondo dove non si possano conoscere i motivi delle indagini in corso». Mondadori ed Einaudi, proprietà di Berlusconi, non hanno sottoscritto, insinuando anzi che questa mobilitazione nasconde la volontà di sottrarre firme alle case editrici del Cavaliere (Saviano in testa). In un altro appello, preparato da Stefano Rodotà (l’inventore della legge sulla privacy) e forte di 120 mila firme, si legge: «Se quel testo diverrà legge della Repubblica, in un colpo solo verranno pregiudicati la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto di sapere dei cittadini, il controllo diffuso sull’esercizio dei poteri, le possibilità d’indagine della magistratura». Ricordando che Berlusconi aveva detto, non molti giorni fa, che in Italia «c’è troppa libertà di strampa», Rodotà definisce la legge «sostanzialmente eversiva» e propone, per tutelare la privacy di chi viene intercettato senza aver nulla a che fare con le indagini, un’udienza anticipata «nella quale si seleziona il materiale emerso dalle intercettazioni e ciò che non ha rilevanza penale viene immediatamente distrutto».
Vita artificiale Craig Venter e Hamilton Smith hanno modificato artificialmente il Dna del batterio Mycoplasma mycoides e lo hanno inserito nella cellula di un Mycoplasma capricolum, creando un nuovo organismo, in grado di crescere e riprodursi. Sarebbe la nascita della vita artificiale, un evento epocale annunciato dall’”Economist” e da Science lo scorso 21 maggio. Venter, che è quello dei due più noto al mondo, dice che la nuova manipolazione genetica servirà soprattutto a produrre batteri capaci di mangiare l’anidride carbonica in eccesso o di produrre petrolio. Altri immaginano mondi dove artificiale e naturale si intrecciano sullo sfondo di scenari difficili da concepire. L’Osservatore Romano ha accolto la notizia con ottimistica prudenza: «Un risultato interessante, che può trovare applicazioni e che deve avere delle regole, come tutte le cose che toccano il cuore della vita. In realtà non si è creata la vita, se ne è sostituito uno dei motori».
Santoro A meno di colpi di scena, l’anno prossimo Santoro non sarà più un dipendente Rai: martedì 18 maggio il cda ha approvato, su proposta del direttore generale Mauro Masi (7 voti a favore, 2 astenuti), un accordo quadro per la “risoluzione consensuale”. Il conduttore prenderà una liquidazione lorda di due milioni e centomila euro (tre anni di stipendio) e stipulerà un contratto – mediatore Lucio Presta – per realizzare due fiction da due puntate l’anno, costo un milione ciascuna, più altre cinque serate l’anno tra docufiction e programmi. Santoro sta in Rai dal 1987 (Samarcanda). Spiegandosi col suo pubblico giovedì scorso 20 maggio, il giornalista ha sostenuto che neanche la sua parte politica (cioè il Pd) lo difende: «Dall’editto bulgaro in poi, il mio nome è scomparso anche dalle rose di nomi, anche del centrosinistra. La verità è che l’editto bulgaro vige tutt’oggi, per giunta condiviso dal centrosinistra. La pregiudiziale contro di noi è unanime».
Busi L’inquietudine della Rai è incarnata anche dal caso di Maria Luisa Busi, che ha rinunciato alla conduzione del Tg1 delle 20 con una lettera pubblica al direttore Minzolini: «Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il Tg1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori».
Mourinho Un’altra sparizione è quella di José Mourinho, mega-allenatore dell’Inter. Avendo vinto, sabato 22 maggio, la finale di Champions League (2 a 0 al Bayern di Monaco e Coppa dei Campioni tornata in casa nerazzurra dopo 43 anni) ha annunciato che l’anno prossimo allenerà il Real Madrid. Con la squadra di Moratti potrebbe a questo punto solo far peggio: l’Inter ha vinto infatti, in questa stagione, Champions, Campionato e Coppa Italia, cioè tutto quello che c’era da vincere. In predicato di passare ai madrileni anche il protagonista assoluto delle performance nerazzurre, il centravanti argentino Diego Milito (due gol anche al Bayern).
Lost Mentre all’alba di lunedì 24 maggio è andata in onda in diretta su tutto il pianeta l’ultima puntata di Lost, a Cannes, vedova del nostro ministro Sandro Bondi indispettito dalla satira anti-Berlusconi di Sabina Guzzanti, il nostro Elio Germano ha vinto la Palma d’oro come miglior attore (ne La nostra vita di Daniele Lucchetti), ex aequo con Javier Bardem (Biutiful). Sul palco, Elio se l’è presa con i politici italiani: «Visto che i nostri governanti hanno rimproverato il cinema di parlar male del nostro Paese, voglio dedicare questo premio all’Italia e agli italiani che fanno di tutto per rendere migliore il nostro Paese nonostante questa classe dirigente». Grande applauso.