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 2010  aprile 26 Lunedì calendario

Anno VII – Trecentodiciannovesima settimanaDal 19 al 26 aprile 2010Una settimana piena di ansie, al termine della quale possiamo affermare che sono in pericolo sia la legislatura in Italia che l’euro in Europa

Anno VII – Trecentodiciannovesima settimana
Dal 19 al 26 aprile 2010

Una settimana piena di ansie, al termine della quale possiamo affermare che sono in pericolo sia la legislatura in Italia che l’euro in Europa.

Italia Il lettore ricorderà che Fini aveva accusato Berlusconi di aver più o meno consegnato il Popolo della Libertà a Bossi e che Berlusconi aveva risposto a quell’accusa, piuttosto inviperito, dichiarando in sostanza che il presidente della Camera deve tacere e, se vuole invece far politica, bisogna che lasci il vertice istituzionale di Montecitorio. Fini aveva minacciato di costituire, alla Camera e al Senato, gruppi autonomi, da battezzare “Pdl – Italia” e a questo Berlusconi aveva risposto che un atto simile avrebbe comportato l’espulsione dal Popolo della Libertà.
Era stato messo in programma prima del 28 marzo un altrimenti innocuo appuntamento di partito, una Direzione nazionale che avrebbe dovuto discutere del risultato delle Regionali. La Direzione – un consesso di 172 maggiorenti di cui Fini non fa parte – non si riuniva da un anno ed era stato convocato per giovedì 22 aprile all’Auditorium di Roma. Avrebbe potuto svolgersi a porte chiuse, ma per qualche ragione Berlusconi ha lasciato che tutte le telecamere d’Italia venissero a fare le riprese e, grazie a questa decisione (tutta politica), gli italiani hanno potuto assistere a uno scontro mai visto tra lo stesso Fini – invitato e fatto accomodare in prima fila – e il capo Berlusconi. Berlusconi ha parlato per primo, facendo, in un certo senso, finta di niente: resoconto puntuale dei trionfi di governo e di partito, però con allusiva esaltazione della vita democratica interna e della sensibilità sua alle idee e alle proposte altrui. Il presidente del Pdl faceva il nome di Fini solo evocando i fondatori del partito e quindi mettendolo perfidamente a fianco di figure francamente minori come Rotondi e Buonocore. Ventitrè minuti di discorso in tutto. Fini ha risposto parlando quasi un’ora, ha ribadito la propria volontà di costituire non una corrente con obiettivi di potere, ma un’area “politico-culturale” capace di migliorare la qualità dell’attività di governo e di partito, e ha poi prodotto un lungo elenco di critiche, tra cui spiccavano le osservazioni relative alla giustizia (troppe volte si ha l’impressione che certi interventi legislativi potrebbero avere un fine personale) e soprattutto quelle concernenti il federalismo (siamo sicuri che sia necessario varare i decreti delegati relativi alla riforma fiscale?). Berlusconi gli ha controreplicato a brutto muso, invitandolo a dimettersi da presidente della Camera, Fini s’è alzato in piedi, è andato ad agitargli il dito sotto la tribuna e a gridargli: «Mi vuoi cacciare?», intanto Berlusconi accusava i finiani (Bocchino, Urso, Rasia) di «aver esposto al pubblico ludibrio» il Pdl.

Bossi La legislatura pareva prossima alla fine quando Bossi, il giorno dopo, rilasciava un’intervista alla Padania in cui si annunciava il «crollo verticale del governo», si accusava Fini di tradimento e si annunciava che in difesa del federalismo la Lega sarebbe stata pronta anche ad andare ad elezioni anticipate. Mentre scriviamo, le varie diplomazie sono al lavoro, ma l’ipotesi di uno scioglimento delle Camere – nonostante un’intervista tv di Fini a Lucia Annunziata in cui si giura che non vi saranno agguati contro l’esecutivo – resta concreta. Secondo gli osservatori, sarebbe proprio Berlusconi a voler profittare della tensione creata dal suo avversario. In base ai sondaggi che ha in mano, una tornata elettorale entro l’anno farebbe emergere un Parlamento con il Pd ancora più debole e una presenza sparuta e irrilevante di finiani. Questo nuovo Parlamento eleggerebbe poi lui, nel 2013, presidente della Repubblica. Il prezzo da pagare a questo progetto sarebbe quello di un’ulteriore avanzata della Lega, anche in termini territoriali (discesa fino al Lazio ecc.). I decreti attuativi del federalismo, nella parte fiscale, penalizzeranno quasi certamente il Sud, costretto a metter fine agli sprechi e a spendere secondo gli standard medi ammessi nel resto del Paese. Fini punterebbe, secondo questa analisi, a rappresentare il malcontento meridionale, cioè, in pratica, a farsi capo di un Partito del Mezzogiorno. Un’operazione che ha però bisogno di tempo.

Europa Quest’anno la Grecia ha da saldare debiti per una trentina di miliardi e deve in particolare restituirne otto e mezzo il prossimo 19 maggio. Non ha i soldi e non li trova neanche sul mercato, a meno di pagare tassi d’interesse altissimi. La salvezza risiederebbe in un piano di salvataggio approvato in prima istanza dalla Ue, che garantirebbe un prestito immediato di 30 miliardi, a cui il Fondo monetario internazionale aggiungerebbe altri 15 miliardi. Prima condizione per la concessione di queste somme: che la Grecia ne faccia ufficialmente richiesta. La Grecia ne ha fatto ufficialmente richiesta giovedì 22 e a questo punto è cominciato un tormentone tedesco. In Germania infatti vota il 9 maggio il Nordreno-Vestfalia, la più importante regione di quel Paese, e la Merkel sa che i suoi concittadini vedono come il fumo negli occhi la Grecia e i suoi debiti, e non sono assolutamente disponibili a tirar fuori soldi. Oltre tutto si sa che la parte tedesca del prestito (8, 3 miliardi) sarebbe fatta rinunciando a sgravi fiscali promessi in campagna elettorale. Il rischio – molto, molto concreto - è che la Grecia fallisca ed esca dall’euro. E che a questo punto precipiti la fiducia anche verso paesi che si trovano in condizioni debitorie non troppo dissimili: Portogallo, Spagna e, forse, l’Italia. Sarebbe a questo punto la fine della moneta unica e infatti Tremonti si batte perché i soldi alla Grecia siano prestati, con l’argomento che l’incendio va spento prima che si propaghi alle case vicine, senza troppo discutere, in questa fase, su chi abbia colpa di cosa. Lunedì scorso, nella riunione del Fmi a Washington, è anche venuta fuori la notizia che si sta riscrivendo il trattato di Maastricht, per renderlo più duro verso i paesi indebitati, e che forse sarà la Germania a piantare tutti per formare una nuova Ue con meno paesi, ma più solidi. Un processo che potrebbe avere per l’Italia un effetto dirompente, dato che il nostro Nord è certamente solido e virtuoso nel senso tedesco, mentre il Sud…

Mantova Domenica scorsa Omar Bianchera, 44 anni, camionista di Volta Mantovana, s’è piazzato alle sette di mattina in via Risorgimento, sotto la casa della sua ex moglie, Daniela Gardoni, 40 anni. Chiuso nella sua Fiat Punto nera, quando alle nove l’ha vista uscire di casa, le ha sparato alla spalla. Daniela è saltata sulla sua auto, una Focus Fiesta, ed è scappata in direzione della caserma dei carabinieri. Ma dopo trecento metri, con la spalla in quelle condizioni, ha perso il controllo ed è andata a sbattere contro il muro. Qui Omar l’ha raggiunta e le ha tirato due colpi in petto, finendola. È poi risalito in macchina e ha guidato fino alla frazione Piccard, dove abitava un’altra sua nemica, Maria Bianchera, 71 anni, colpevole d’aver messo in discussione il confine tra i loro due terreni. Da fuori, l’ha vista in salotto e le ha sparato con un fucile attraverso la finestra. Maria, con mezza faccia asportata, ha barcollato fino alla soglia di casa, ed è caduta in terra. Omar le si è messo sopra a cavalcioni e l’ha finita con altri cinque colpi. Forte delle sue due pistole (una 38 e una 44) e del fucile Franchi a pompa, Bianchera è andato a chiudere la sua giornata nella frazione Pille di Monzambano, dove Walter Platter, in causa con Bianchera per l’affitto di una birreria, si preparava a portare la moglie e i due figli piccoli in gita. Ammazzato anche lui. I carabinieri hanno preso il serial-killer la sera: con una telefonata, lo stesso assassino li ha avvertiti che si trovava «vicino a un lago piccolo» (era l’Idro a nord di Brescia) e che lo venissero a prendere.