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 2010  agosto 01 Domenica calendario

Attenti a Gianfranco l’ultimo kamikaze - Fini è un kamikaze che passeggia per il Transatlantico imbottito di trentatré chili di tritolo

Attenti a Gianfranco l’ultimo kamikaze - Fini è un kamikaze che passeggia per il Transatlantico imbottito di trentatré chili di tritolo. Il suo po­tere è tutto in negativo, non ha sbocchi politici costruttivi ma so­lo distruttivi; non può dar vita a prospettive ma forse può far salta­re in aria il governo e il Parlamen­to. Il suo miniclub di parlamenta­ri che lo seguono e la possibilità di collettore degli umori antiber­lusconiani danno a lui un’arma micidiale. Non sottovalutatelo da quel punto di vista. Del resto la sua carriera politica è stata più quella di kamikaze o di curatore fallimentare, prima dell’Msi e poi di An, che di fondatore. Portò a schiantarsi i partiti che ha guidato. Sul pia­no politico, Fini rappresen­ta solo se stesso. Non espri­me una linea, un program­ma, un disegno politico e tantomeno civile e cultura­le. Non rappresenta un mo­do diverso di amministrare né un’esperienza diversa di governo, non dà voce a un si­gnificativo bacino di opinio­ne pubblica e non è nemme­no una novità politica. È in­fatti l’unico leader che gui­dava un partito nazionale già negli Anni ottanta. Non rappresenta poi la destra ma la sua dissoluzione. Con lui la destra ha cessato di es­sere un soggetto politico per ridursi a una gelatina. Fu lui del resto a suicidare An, do­po aver celebrato il suicidio dell’Msi. Di quel piccolo, ste­rile e orgoglioso partito, Fini condivise il nostalgismo ne­ofascista usato per fini elet­torali ma non la passione ideale né la fiera e testarda coerenza. Condivise il ran­core ma non l’etica della leal­tà. In questi anni non è stato nemmeno il contrappeso na­zionale e statale del leghi­smo e del mercatismo. A Ber­lusconi rimprovera ora quel che lui è stato nel suo parti­to, un autocrate illiberale che reprime il dissenso e il libero dibattito interno. Chiese perfino la testa di questo giornale. E ora ti tro­vi un illiberale venuto dal passato come il vate di Futu­ro e Libertà... Due vaghezze che dicono il nulla e negano ogni identità e ogni tradizio­ne. Deve la sua fortuna politi­ca alla sua indubbia effica­cia oratoria e a tre persone che lo portarono in alto: Al­mirante che lo volle suo suc­cessore, immaginando che il leader della destra di oppo­sizione dovesse avere come requisito quasi esclusivo l’oratoria perché destinato solo alla piazza; Tatarella che lo considerò un bel con­tenitore vuoto e trasparente che assumeva la sostanza e il colore di chi era alle sue spalle; e Berlusconi che lo in­serì nel gioco politico delle alleanze e lo portò al gover­no. Dal primo attinse la capa­cità oratoria e il lessico neo­fascista, ma senza l’estro e il carisma di Almirante. Dal se­condo ebbe in dono la de­stra politica e An, nata col concorso di pochi altri, ma senza avere l’intelligenza politica di Pinuccio. Da Ber­lusconi ha avuto la grande possibilità di uscire dall’an­golo di un partito marginale e an dare addirittura al gover­no e poi alla presidenza del­la Camera. Ipotesi impensa­bili se fosse stato lui il lea­der. Prescindo dalla ricerca delle ragioni private o psica­nalitiche che lo hanno porta­to negli anni a questa svolta. Fini porta con sé una pattu­glia di reduci missini. Con una spericolata manovra po­litica ha lasciato un partito della consistenza di An per rifondare un partitino della consistenza del Msi negli an­ni più bui. Ma un Msi ad uso personale. Ci sono alcuni suoi famigli e miracolati, molti sono uniti dal collante antiberlusconiano e da un’ansia di legittimazione da parte del potere mediati­co, culturale e giudiziario. Ma ci sono anche persone perbene o profili di qualità: Baldassarri non è Ronchi, Granata non è Bocchino, Viespoli non è Proietti, tan­to per fare qualche parago­ne. Mai sparare nel mucchio e farsi prendere dal livore. Fini non può essere il lea­der del terzo polo, perché c’è già Casini che è più credi­bile nel ruolo centrista per la provenienza democristiana ed è stato più coerente: quando ha rotto con Berlu­sconi è uscito con le sue gam­be e non si è fatto cacciare, dopo aver ottenuto la nomi­na a presidente della Came­ra. Sarebbe grottesco che ora finisse come vice di Casi­ni, a fianco di Rutelli. Fini si è giocato il suo ruolo di ere­de del Pdl e non ha la statura e la capacità per poterlo ri­fondare su nuovi valori e nuove sensibilità. Non si è mai fatto sentire per quindi­ci anni, quando in molti av­vertivamo il bisogno di una correzione di rotta, o anche solo di rappresentare nel Po­lo una diversa sensibilità po­­litica, civile e culturale. Non lo abbiamo mai visto impe­gnarsi a combattere dentro e fuori il centrodestra per se­lezionare una migliore clas­se dirigente, per filtrare mi­nistri e capataz, valorizzan­do i più capaci. Semmai ha solo posto veti per ragioni di scuderia o perché vendicati­vo ( famigerato quello su Tre­monti ma ce ne sono tanti al­tri). La pattuglia che ha piaz­zato nei posti di comando e al governo è tra le più sca­denti che ci siano in giro. No­nostante lo critichi da diver­si anni, non sono affatto con­tento oggi di descrivere la sua vacuità politica e di nota­re l’assenza di un disegno politico e culturale oltre il presente. Il vuoto che ci cir­conda è impressionante, in­torno a Berlusconi e dopo di lui c’è il nulla, e si vorrebbe che qualcosa si intravedes­se all’orizzonte. Ma non è Fi­ni la speranza di un diverso avvenire. Non so se hanno fatto bene a metterlo fuori dal partito, ogni fallimento di un accordo politico è una sconfitta per tutti, seppure in diversa misura e grado di responsabilità. Certo, Fini e i finiani erano ormai fuori e remavano contro il governo e il loro stesso bacino eletto­rale di utenza, contro la loro storia prima che contro i lo­ro alleati; non erano più lea­li non solo al leader ma an­che all’opinione pubblica dei suoi elettori. A giudicare dall’assenza di prospettive, Fini sembra giunto al capoli­nea. Ma il pericolo oggi è pro­prio quello: la disperazione del kamikaze, che ha solo un potere in negativo. Nell’oriz­zonte ubriaco del nostro tempo, fra nugoli di propa­gandisti del nulla che ci cir­condano, tra forze politiche che collassano, non si può escludere che Fini possa tro­vare anche un suo spazio. Ma se ciò avverrà, vorrà dire che il contenitore vuoto e tra­sparente avrà trovato qual­cuno pronto a riempirlo. Ma di leader così, metà kamika­ze e metà pilotati, franca­mente non sappiamo che farcene.