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 2010  agosto 02 Lunedì calendario

ALTAFINI

José 2007 - Piracicaba (Brasile) 24 luglio 1938. Ex calciatore. Con la Nazionale verdeoro vinse i Mondiali del 58. Nessun vivente ha segnato più gol in serie A di lui (216). Cominciò col Milan nel 58, nel 65 passò al Napoli, nel 72 alla Juventus. Ha vinto quattro scudetti, due con i rossoneri (59, 62) due con i bianconeri (73, 75), e una coppa dei Campioni (63, col Milan, fu capocannoniere del torneo e segnò una doppietta pure in finale, 2-1 a Wembley contro il Benfica). Ha giocato 6 partite con la Nazionale italiana, segnando 5 gol. È arrivato 11 nella classifica del Pallone d’Oro del 63, 16° nel 64, 15° nel 74. Crebbe in una famiglia povera, chiuse con la scuola dopo la quarta elementare, a nove anni cominciò a lavorare, si iscrisse a una scuola professionale, diventò meccanico. La sua passione però era il calcio: nel 54 il padre rifiutò il trasferimento al Bangù, ma quando a chiamare, nel 55, fu il Palmeiras, la squadra degli italiani di San Paolo, il rifiuto fu impossibile. Aveva classe, forza fisica, colpo di testa e un senso del gol spaventoso • Dice che la partita più bella della sua carriera fu «un Palmeiras-Santos del 57. Io nel Palmeiras, Pelè nel Santos. Cito a memoria: 5-1 per loro, rimontissima, 6-5 per noi a dieci minuti dal termine. Risultato finale: 7-6 per il Santos. La gente impazzì, letteralmente. Pelè segnò tre gol, il sottoscritto pure. O forse due: boh...» • Gol più importante, il secondo di Wembley, finale Benfica-Milan: «Il paradosso è che fu uno dei più banali: in contropiede, su respinta di Costa Pereira. Ero solo e avevo pure sbagliato mira...» • Quando deve ricordare, mette davanti a tutto due cose. Primo, le botte: «La partita più sofferta? La finale di coppa dei Campioni a Wembley, dalle botte la notte successiva non riuscii a dormire»; secondo, i sacrifici: «Niente salumi, pochissimo alcol, niente fumo, quante privazioni!» • Da anni fa il commentatore in tv (adesso su Sky): «Ormai il calcio è atletica spinta agli eccessi, senza poesia. Per questo, quando trovo uno che sa recitare o azzecca una rima, mi lascio andare. I calciatori moderni sono macchine».