Marisa Fumagalli, Corriere della Sera 31/7/2010, 31 luglio 2010
PRATO, LEGNO, ARGILLA. VIVO IN UN MASO ZEN
La montagna di Michil è roccia dolomitica, il verde dei larici e dei prati, il cielo. Il silenzio, soprattutto. E la casa - un maso nel minuscolo abitato di Seres (18 abitanti) - è dentro la linea del suo orizzonte. «Me ne sono innamorato subito, appena l’ho vista — spiega —. Ma Joe, la mia compagna, prima di acquistarla voleva saperne di più. Sui colori del paesaggio, allo spuntare del sole. Così, ripetutamente, sono venuto qui, alle 5 di mattina, a contemplare l’alba. Infine, le ho detto: va bene, è per te».
A Seres, nella valle di Longiarù, laterale della Val Badia, arriviamo di pomeriggio, scortati dal padrone di casa: Michil Costa, 49 anni, personaggio noto da queste parti e non solo. È proprietario dell’hotel «La Perla» (di nome e di fatto) di Corvara, consigliere dell’Unione Ladina, organizzatore della Maratona ciclistica delle Dolomiti. Un passato punk, ambientalista convinto, seguace della filosofia zen, Michil sostiene la causa dei tibetani, attraverso la Costa Family Foundation, nata nel 2007. Joe, dolcissima giovane donna, divide con lui la vita e le passioni. Ed eccola, sulla soglia del maso, in costume tirolese, ad attenderci con un mazzolino di rose selvatiche. La struttura antica dell’edificio verticale (muratura nella parte inferiore, legno in quella superiore) è intatta. Si affaccia su una piazzetta erbosa, dove il forno a legna («ogni famiglia deve donare al parroco 12 pagnotte l’anno») e l’abbeveratoio costituiscono le parti comuni del minuscolo abitato. Gli interventi per rendere funzionale il nido di Michil e Joe sono stati più che rispettosi. «Non si tagliano le travi, non si bucano i muri maestri», sottolinea lei. E lui esemplifica: «Per non rompere la parete abbiamo rinunciato a una presa di corrente esterna. Inoltre, abbiamo riciclato tutto, nessun vecchio chiodo è stato buttato». Sintetizza: «Noi ci siamo adattati alla casa e non viceversa». Anche questo è un concetto zen.
Entriamo. Michil accarezza la statua dell’ingresso. (Ne vedremo altre, qua e là: opere-scultura di due importanti artisti della val Gardena, Josef Kostner e Aron Demetz).Quindi, toglie le scarpe, indossa, e ci chiede di indossare, le pianelle di feltro. Passi leggeri sul pavimento naturale. In legno, o in argilla come il rivestimento del vestibolo e dei bagni. Sono due, più una minuscola toilette in soffitta, dove è stata ricavata la camera da letto. Il legno scuro contrasta efficacemente con il bianco-ghiaccio dell’alcova, in un contesto di semplicità. (Le cabine armadio di lei, come quella di lui al piano di sotto, non hanno ante ma tende di tela grezza). Nella parete di legno esterna, notiamo una finestrella quadrata. Non più di 30 cm per 30. Michil dimostra come da quella feritoia si possa godere una vista magnifica. Il panorama cambia, a seconda dell’angolo di visuale. E qui cita Confucio: «Che importa se la casa è piccola? È importante che da quella piccola casa vi sia una finestra dalla quale si vede la vastità del mondo». Al piano di mezzo, il living. Alle pareti, ecco la raccolta di 33 giri (Michil è cultore del rock anni ’70), di cd e la libreria. Come piani d’appoggio sono state utilizzate vecchie assi e la «rastrelliera» porta-pane. Per coprire il termosifone, i resti dello steccato in legno di una terrazzetta. I mobili: lo scrittoio, un secretaire tirolese dell’800, il divano e la chaise-longue in loden grigio. Infine, l’armadio di pino cirmolo dove è rinchiusa l’apparecchiatura tecnologica, dalla tv allo stereo. È anche il punto da cui si diramano, nelle varie stanze della casa, diversi generi di musica.
Scendiamo, infine, nella stube, attigua all’ingresso. La tipica stufa a legna domina la sala da pranzo. Essenziale: il tavolo d’angolo, la piattaia e un minuscolo armadietto appeso. (Le credenze sono nell’ampia cucina, comunicante). L’antico soffitto in legno scolpito dà tono al decoro di tutto l’insieme. Un caffè, graziosamente servito da Joe in tazzine di fine porcellana, c’introduce, prima del congedo, al segreto della «Seresina», il nome della casa. «Qui — spiega Michil — ancora si aggira lo spirito di Serbis, un uomo che, circa settant’anni or sono, abitò questo maso. Altri inquilini, prima del nostro arrivo, hanno avvertito i segni della sua presenza, a volte dispettosa. Joe ed io, quando entriamo in casa, lo salutiamo. Serbis ricambia lasciandoci in pace».