Fabrizio d’Esposito, Il Riformista 22/7/2010, 22 luglio 2010
IL GRANDE BLUFF DELLE QUOTE LATTE
Dentro la Lega, raccontano dalla sede nazionale di via Bellerio a Milano, l’allarme è scattato da giorni. Finora a vuoto, però. Questione: l’emendamento sulle quote latte voluto da Bossi. Ecco cosa si sono detti due leghisti autorevoli in un colloquio riservato. Chiede il primo: «Ma l’avete capito che questo emendamento non salva neanche cento allevatori su più di 1.500?».
Risponde il secondo: «Io sì, ma non c’è nulla da fare. E mi sono stufato di prendere ordini da un ragazzo di vent’anni che non capisce nulla». Il «ragazzo» altri non è che il figlio del Capo: Renzo Bossi inteso come Trota e neoconsigliere regionale della Lombardia. Il papà Umberto ha intestato a lui la guida della crociata pro-allevatori e questo sta causando mal di pancia a ripetizione nel partito. Insomma, la battaglia del latte si complica, come dimostra anche il voto di ieri in commissione Agricoltura, dove la maggioranza è andata sotto sul parere alla manovra e la Lega non ha partecipato al voto.
Ma il motivo per cui l’emendamento approvato dal Senato è destinato ad avere conseguenze devastanti è un altro ed è al centro del colloquio riportato tra i due leghisti. Questa la storia. Il provvedimento proroga dal 30 giugno al 31 dicembre 2010 la rata semestrale della multa che gli allevatori “splafonatori” devono pagare all’Agea (Agenzia per le erogazioni in Agricoltura, retta da pochi mesi da un altro leghista, Dario Fruscio, ex cda Eni ed ex senatore) in base alla legge 33 del 2009 voluta dall’allora ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, oggi governatore del Veneto. La norma non tocca il grosso dei produttori splafonatori che si sono messi in regola grazie alla decisione della Commissione europea numero 530 del 2003, che ha consentito loro di rateizzare in 14 anni senza interessi le multe maturate per eccesso di produzione di latte. Questi, infatti, pagano una rata annuale in scadenza a fine dicembre e quindi non ricevono effetti dall’emendamento contestato.
Fuori da quella regolarizzazione europea erano rimasti 1.504 produttori “splafonatori” che devono allo Stato 470 milioni di euro di multe, soldi già anticipati dal governo all’Unione europea: per sistemare queste posizioni lo scorso anno, in accordo con Bruxelles, era stata varata la legge 33, che prevedeva di spalmare le multe in 30 anni con rate semestrali, la prima delle quali avrebbe dovuto essere versata ad Agea (ente deputato al recupero delle somme) entro il 30 giugno scorso. Ma per poter godere di questa rateizzazione gli allevatori in questione dovevano sottoscrivere un contratto con Agea, sempre entro il 30 giugno scorso, in cui si impegnavano appunto a pagare in 30 anni e a rinunciare al contenzioso. Quanti hanno aderito a questa opportunità legislativa? Solamente in 96 e sono coloro che godranno degli effetti dell’emendamento con spostamento della rata semestrale a fine dicembre 2010. Gli altri 1.408 restano fuorilegge e dopo la pausa estiva dovranno necessariamente essere raggiunti dai decreti esecutivi di Equitalia, cui Agea e il commissario straordinario per le quote latte, Paolo Gulinelli, sono per legge tenuti a fornire l’elenco. Su di loro il decreto leghista rientrato in manovra economica non ha alcun effetto e la loro posizione potrebbe essere regolarizzata solo con un nuovo decreto o un ddl che riapra i termini di adesione alla legge 33 fino alla fine dell’anno.
Senza contare che dentro il gruppo dei 1.408 ci sono moltissimi allevatori che in buona fede si sarebbero fatti strumentalizzare da chi propugnava la linea dura di non pagare. In particolare sono 558 gli allevatori che vengono identificati come gli “irriducibili” (le aziende di produzione di latte in Italia sono circa 40 mila), coloro cioè che non hanno mai preso in considerazione l’idea di pagare le multe e che spesso hanno venduto le quote che possedevano, continuando a produrre in eccesso. Questi devono allo Stato 93 milioni di euro e fra di loro vi sono tutti i primi dieci “splafonatori”, in termini di quantità, del nostro paese. Circa 400 sono concentrati in Veneto, mentre gli altri stanno a cavallo fra Lombardia ed Emilia.
Va segnalato un dettaglio curioso: l’adesione degli “splafonatori” a quanto previsto dalla legge 33 (rateazione trentennale della multa in cambio di rinuncia al contenzioso) è crollata fino sostanzialmente a fermarsi da quando è stato reso pubblico il documento intitolato «Relazione di approfondimento sui dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare» redatto nell’aprile scorso dai carabinieri del ministero delle Politiche agricole, nel quale si segnala che i dati della produzione di latte in Italia non tornano, che la quota di produzione assegnata al nostro paese dalla Ue potrebbe non essere stata superata e che di conseguenza le multe potrebbero non essere dovute.
Da lì s’è scatenato il putiferio che dentro la Lega fa circolare alcune domande sull’ex ministro Zaia: perché da un lato, con il beneplacito Ue, ha varato la legge 33/2009 e poi dall’altro, commissionando un’indagine ai carabinieri interni al Mipaaf, ha rimesso in discussione l’intera materia? Queste mosse su due fronti opposti c’entrano qualcosa col fatto che circa 400 degli splafonatori duri e puri sono veneti? Perché, dunque, la Lega Nord si fa paladina di un emendamento-boomerang che interessa 96 produttori, facendo credere che si estende a tutti i «poveri allevatori in difficoltà per la crisi economica»?