MATTEO MINEO*, La Stampa 30/7/2010, pagina 11, 30 luglio 2010
Noi italiani stiamo portando la libertà - Bala Murghab era solo uno dei villaggi lungo il confine occidentale afghano
Noi italiani stiamo portando la libertà - Bala Murghab era solo uno dei villaggi lungo il confine occidentale afghano. Oggi è tornato agli onori della cronaca. Le forze afghane e quelle Isaf, infatti, hanno deciso di riprenderne il controllo per permettere l’asfaltatura dei 60 chilometri della «ring road» - l’anello stradale che unisce Kabul a Kandahar, passando per Mazar-i-Sharif e Herat - che all’altezza di Bala Murghab è una pista intransitabile per lunghi periodi dell’anno. L’intreccio di stradine polverose rotte dalle alluvioni, impraticabili a mezzi che non siano fuoristrada e circondate da basse abitazioni in paglia e fango è diventato per i soldati del kandak (battaglione) afghano 1-1-206 un punto nodale per estendere il controllo a tutto il tratto di strada che corre da Qala e Nau a Ghormach. Un’impresa non facile, visto che il terreno riguadagnato con il sostegno degli alpini della Task Force «North» e degli americani della «Fury» deve essere difeso e re-insediato dalla popolazione locale che aveva lasciato le proprie case per abitare nelle lande deserte attorno alla valle del fiume Murghab. Ogni afghano qui ha una storia da raccontare. Sadiqa, 8 anni, è una bambina pashtun che solo alcune settimane fa è tornata nel suo villaggio, Joy I Koja, 5 km a Sud di Bala Murghab. La casa era stata fortificata dai taleban, le poche cose portate via. Aveva comunque ripreso a far pascolare le capre insieme al fratellino più grande e già questo era un ritorno alla normalità. Almeno fino al giorno in cui non sono stati investiti dall’esplosione di una vecchia granata sovietica. I militari afghani li hanno portati alla base avanzata italo-americana dove i medici li hanno salvati. Da quel giorno le forze della coalizione hanno una nuova mascotte, «Ardita», una capretta nera. Ma non sono sempre storie a lieto fine. Alì Ahmad Amini ha perso l’uso delle gambe per l’esplosione di un Ied mentre tagliava il grano. Adesso lavora come custode della clinica di Bala Murghab e contiene dignitosamente la sua disperazione sulla sua sedia a rotelle: «Spero che la guerra finisca. Le forze internazionali hanno riportato la speranza». Il dottor Gul, direttore della clinica, aggiunge: «La popolazione è finalmente al primo posto». E’ vero. Da circa 2 mesi, da quando cioè la bolla di sicurezza intorno a Bala Murghab si è allargata e i villaggi si sono nuovamente riempiti, sono iniziati numerosi progetti di assistenza. Distribuzione di alimenti, attività mediche a domicilio. Gli alpini insieme agli americani del Civil Affairs stanno riuscendo non solo nel tentativo di rendere sicuri i villaggi liberati ma anche di garantire agli abitanti una vita normale. Abduhl Shokor, capo del distretto, è convinto che si sia presa la strada giusta: «In Afghanistan di solito conta solo chi sta al governo, i signori della guerra, i “signori del papavero”, la gente invece viene dimenticata. Qui a Bala finalmente vedo che la popolazione è compresa in una strategia, e rispetto a prima si vedono dei miglioramenti». *Capitano 2° Reggimento Alpini Dal blog della Taurinense