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 2010  luglio 28 Mercoledì calendario

LA CINA TOGLIE LA GOGNA PER LADRI E PROSTITUTE CINA

Nella sua ansia di accomodarsi nel “salotto buono” del mondo, la Cina ha fatto un altro piccolo passo per rifarsi il look, simulando un avvicinamento alla mentalità occidentale. Ieri le autorità di Pechino hanno condannato ufficialmente la pubblica gogna per i sospetti criminali, una tradizione secolare radicata nel Paese fin dalle più antiche dinastie imperiali, ma ormai ritenuta sconveniente. Soprattutto dopo che nelle scorse settimane avevano fatto il giro del mondo su internet le foto di un gruppo di prostitute arrestate dopo una retata della polizia nella città di Dongguan, nella provincia meridionale del Guangdong.
Seminude, ammanettate e anche legate l’una all’altra con una corda, le poverette sono state pubblicamente umiliate per le strade, costrette a camminare a piedi nudi. Roba da lager, anzi da laogai, visto che siamo in Cina. Oltre che una cattiva pubblicità proprio nei giorni dell’Expo mondiale di Pechino. Perdipiù ci hanno marciato i dissidenti cinesi via web, i “netizens”, che hanno colto una nuova occasione per accusare il regime comunista di umiliare inutilmente le persone.
Ecco perché ieri il Ministero della Pubblica Sicurezza ha diramato un vero e proprio bando per far cessare in ogni angolo del gigantesco Paese queste “parate della vergogna”. Secondo il governo, i poliziotti devono «migliorare il proprio approccio alla legge e adottare i metodi corretti per la gestione del crimine». «Ciò significa prosegue il dispaccio comportarsi in maniera ragionevole e civilizzata, avere pieno rispetto dei diritti umani anche dei criminali e gestire le cose in modo da non infangare la legge».
E pensare che alla gogna, pur retaggio di un’antichità che Mao voleva (in teoria) cancellare, era stato proprio l’avvento del comunismo a ridare nuova vita, portando in
piazza incatenati e bastonati milioni di rivali e dissidenti. Al tempo stesso, spettacolo e monito per la popolazione. Dopo la Rivoluzione Culturale del 1966, il fenomeno s’è amplificato non solo per i condannati a morte, ma anche per gli arrestati in attesa di giudizio, soprattutto prostitute, dato il carattere “vergognoso” dell’accusa. Poco tempo fa, a Wuhan la polizia ha affisso manifesti coi nomi delle sospette e perfino coi nomi dei loro clienti. Nel 2004, addirittura, nella grande metropoli di Shenzhen, città moderna di 9 milioni di abitanti, ben 100 “escort” erano state fatte sfilare legate davanti a una folla minacciosa che le insultava. Certo che l’apparente “ammorbidimento” non sembra isolato, dato che in agosto il Parlamento cinese dovrebbe discutere una proposta per diminuire il numero di reati puniti con la morte, oggi 68 di cui 44 non legati alla violenza sulle persone. Una strana ventata di libertà che ha riguardato anche i siti pornografici su internet, da ieri non più vietati ai cinesi. «Sono una valvola di sfogo, dicono le autorità».
Tutto sta a vedere quanto di sincero c’è in questi “ripensamenti” e quanto invece di calcolo politico per edulcorare l’immagine della dittatura del Partito unico. Mistero, come misteriosa è da millenni la Cina.