varie, 28 luglio 2010
SCHEDONE FIAT PER STYLE
Oggi, all’incontro convocato dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi a Torino con governo e sindacati, Sergio Marchionne dovrebbe comunicare l’intenzione della Fiat di uscire da Federmeccanica, quindi da Confindustria, per dare vita a un contratto autonomo del settore auto. Il fatto sarebbe una rivoluzione per le relazioni industriali e per i contratti nazionali in Italia.
Intanto la notizia certa è che Fiat ha già creato una newco, Fabbrica Italia Pomigliano, per rilanciare lo stabilimento campano ed evitare che i ricorsi della Fiom contro l’accordo raggiunto tra l’azienda e i sindacati (tute blu della Cgil escluse) su Pomigliano il 15 giugno scorso vadano a buon fine e annullino l’intesa. C’è il rischio infatti che questa venga dichiarata incompatibile con il contratto nazionale dei metalmeccanici, da qui la necessità per Fiat di abbandonare il contratto nazionale che regola i rapporti con i dipendenti.
La nuova società di Pomigliano è stata iscritta al Registro delle Imprese della Camera di Commercio di Torino il 19 luglio, è controllata al 100% da Fiat Partecipazioni, ha un capitale di 50mila euro e il presidente è Sergio Marchionne. Fabbrica Italia Pomigliano è un passo preliminare per la costituzione di una nuova società, una new company in cui riassumere, con un nuovo contratto, i 5.200 lavoratori attuali della fabbrica campana.
Il contratto nazionale dei metalmeccanici è firmato dai sindacati di categoria e Federmeccanica, l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del settore. L’ultimo contratto dei metalmeccanici, sottoscritto anche dal Lingotto, è valido fino al 31 dicembre 2011. Rinunciare a quel contratto comporta un’uscita dall’associazione.
Poiché Pomigliano fa parte di Fiat Group Automobiles, la disdetta dovrà partire da quest’ultima e potrebbe riguardare a quel punto anche gli stabilimenti di Mirafiori, Cassino e Termini Imerese. Una volta che Fiat si sarà sganciata dal contratto dei metalmeccanici, potrebbe fare da apripista per le altre aziende del settore, in particolare per quelle dell’indotto. Gli effetti pratici non si vedrebbero fino alla scadenza del contratto, cioè il 2012, ma l’idea spaventa lo stesso Confindustria, che teme di uscirne svuotata e indebolita.
Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, ha avanzato una proposta meno radicale a Marchionne: per la newco di Pomigliano basterebbe ricorrere alle deroghe previste dalla riforma del contratto già firmata da Cisl, Uil e Cgil (senza Cgil) un anno fa, senza la necessità di disdettare il contratto nazionale dei metelmeccanici.
Marchionne avrebbe invece presentato alla Emma Marcegaglia, una soluzione alternativa: creare l’associazione di un comparto a parte - cioè il comparto auto - separato dal resto dell’industria meccanica, e con un contratto tutto suo. Una specie di FederAuto, in cui Fiat sarebbe praticamente da sola al comando, seguita dalle imprese dell’indotto. Questa FederAuto aderirebbe a Confindustria.
Succedesse, Federmeccanica verrebbe quasi svuotata. Oggi l’associazione di settore ha 12mila aziende iscritte, con 900mila addetti totali (sulle 60mila imprese del settore, che hanno 1.600mila dipendenti). Di questi circa 100mila sono tute blu Fiat. Tutto il settore auto, in Italia, ha 175mila addetti.
Con 900mila addetti Federmeccanica è anche una delle maggiori associazioni di settore aderenti a Confindustria: ha in pratica un quinto dei lavoratori di tutta l’associazione. Confindustria ha 142mila iscritti che danno lavoro a 4,9 milioni di persone.
Fiat, che ha in Italia 85mila dipendenti in tutto, rappresenta tra il 2 e il 4% degli introiti di Confindustria e il 15% di Federmeccanica, pagando quote annuali comprese tra i 10 e i 20 milioni di euro.
L’addio alla sola Federmeccanica vale 25mila lavoratori Fiat: circa 3 milioni di euro.
L’ipotesi che Fiat abbandoni il contratto nazionale ha ricompattato il fronte dei sindacati. La Fiom di Maurizio Landini ha parlato del «più grave attacco ai diritti dei lavoratori dal 1945 a oggi»; Raffaele Bonanni della Cisl ha avvertito: «Se si dovesse cambiare il contratto o addirittura disdettarlo saremmo costretti a mostrare tutto il nostro dissenso»; per Luigi Angeletti della Uil «è un argomento che non può essere affrontato prima della scadenza del contratto nel 2012. È inutile parlarne ora».
Intanto domani la Fiat incontrerà all’Unione Industriale di Torino i sindacati metalmeccanici. In teoria si dovrebbe discutere di Pomigliano con i rappresentatnti che hanno firmato l’intesa del 15 giugno, in pratica si parlerà della disdetta del contratto nazionale del lavoro.
Oggi al tavolo del Governo l’altro tema da affrontare è il destino dello stabilimento di Mirafiori. La settimana scorsa il Lingotto ha annunciato che verrà prodotta in Serbia la nuova monovolume, indicata come L0, che dalla fine del prossimo anno sostituirà la Lancia Musa, la Fiat Idea e Multipla. Lo spostamento della produzione in realtà era noto da tempo e non sembra più in discussione, nonostante le dichiarazioni di Sacconi («La partita è ancora aperta»). Si tratta ora di garantire allo stabilimento adeguati volumi produttivi, attarverso altri modelli. Dalla seconda metà del 2011 usciranno da Pomigliano le nuove Panda: a remige ne verranno realizzate 270.00 all’anno.
La decisione di realizzare nella fabbrica serba di Zastava la nuova monovolume si spiega facilmente: un operaio di Mirafiori o di Pomigliano d’Arco prende uno stipendio lordo mensile di 1.750 euro, mentre il costo per l’azienda è di 3.400 euro. In Polonia lo stesso operaio prende in busta paga 800 euro al mese lorde. Mentre gli oneri non superano il 60% e il costo aziendale raggiunge i 1.280 euro. Molto meno in Serbia dove un operaio assunto alla ex fabbrica della Zastava, ora di proprietà del Lingotto, prende 500 euro lordi e il suo mese di lavoro costa alla Fiat 750 euro.
Cioè produrre all’estero alla Fiat conviene e la Fiat ha fatto sapere agli analisti che oggi sarebbe in grado di realizzare oltreconfine l’intera produzione italiana. Una forzatura forse, ma il segno che la Fiat sta diventando sempre più multinazionale, proporzionalmente più delle case tedesche e francesi.
D’altra parte secondo i calcoli della banca inglese Barclays, nel 2010 i quattro maggiori stabilimenti italiani della Fiat (Mirafiori, Pomigliano, Cassino, Melfi) produrranno 475mila vettura a fronte di una capacità potenziale di 700mila. Il piano industriale presentato lo scorso aprile da Marchionne indica un target di 1,4 milioni di vetture prodotte in Italia nel 2014. È questo il Progetto Italia che prevede anche un investimento di 20 miliardi di euro nei prossimi cinque anni da parte del Lingotto nel nostro paese. Lo spostamento di produzione da Mirafiori a Zastava della piattaforma L0 allontana ancora di più l’obiettivo indicato.
«Ma è mai possibile che da quando sono alla Fiat nessuno dei miei colleghi di tutto il mondo mi abbia chiesto informazioni per venire a produrre in Italia?» domandava giorni fa Marchionne, sottintendendo che nel nostro Paese investire non conviene.