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 2010  luglio 27 Martedì calendario

INTERVISTA A FATMA RUFFINI

Deve avere un segreto, Fatma Ruffini, potente signora dell’intrattenimento Mediaset, in azienda dal 1981, cioè dalla fondazione di Canale 5. Unisce in sé le cariche di direttore format, programmi e sit-com della Rti; ora è alle prese con nuove fiction e con la preparazione di Scherzi a parte: «Si lavora, si lavora, si lavora, questo è il mio segreto».
Ma cosa dicono di lei?
«Che ho un brutto carattere. Lo dicono tutti e alla fine ci credo anch’io. Sono Cancro ascendente Leone. Non me ne intendo, ma chi se ne intende sostiene che ho la corazza del Cancro e gli artigli del Leone».
Qualcosa di simile, se è sopravvissuta così a lungo, e con tale successo, dirigente donna in un ambiente di maschi: è stata dura?
«Sì, ma non perché sono una donna. Il mio lavoro mi piace, mi appassiona, mi dà dipendenza. In vacanza dopo un po’ mi annoio. I primi anni sono stati esaltanti. Andavamo avanti a lavorare fin nel cuore della notte. Lì ti deve sostenere pure la salute».
Ci racconta di Berlusconi?
«Padre o figlio?»
Padre, per cominciare.
«Dall’81 al ’93 si dedicava in modo assoluto alle televisioni. Erano gli esordi della tivù commerciale, bisognava inventare tutto, il linguaggio, il mercato, gli artisti e anche gli spettatori. È stata una gran bella esperienza».
E Pier Silvio?
«Posto che mi dicono che io ho la “B" stampata in fronte, dichiaro e non per piaggeria: si lavora bene con lui. È persona aperta, pronta a rendere l’azienda ancora più solida e internazionale».
Chi la collaborato con Rai e con Mediaset sostiene che a Mediaset c’è maggior libertà di pensiero: è così?
«Io non lo so in termini relativi, perché alla Rai non ho mai lavorato. Però, sì, siamo liberi».
Molti raccomandati?
«La tivù commerciale deve fare ascolto, perché vive di pubblicità. Non possiamo permetterci passi falsi. Se arriva un raccomandato, lasciamo che dimostri quel che sa fare. Però poi scegliamo in base alle capacità. Non ci sono consentiti conduttori sbagliati, comici sbagliati. Se sbagliamo, è perché sbagliamo e può capitare, non perché abbiamo messo un raccomandato».
Condizionamenti politici?
«No, non siamo coinvolti dalla politica».
Perché in tivù non c’è mai niente di nuovo?
«Il digitale è una rivoluzione, ci aiuterà a sperimentare. Anche su Italia 1 si può fare. Su Canale 5 meno. E comunque ci sono programmi che il pubblico non vuole. Come quelli senza studio. In Italia non funzionano».
Si riferisce al vecchio Survivors, gran successo all’estero, flop da noi?
«Certo. Altro non era che L’isola dei famosi senza studio. Penso anche a Ciccia bella, ragazze in sovrappeso che imparavano ad accettarsi. Niente, serve il conduttore. Qui, sì, siamo diversi. Ma altrimenti io che viaggio per il mondo e vedo tante tivù alla ricerca di format, non è che in giro si presentino tutte queste idee inedite».
Nuove sitcom?
«La seconda serie di Così fan tutte con Alessia Marcuzzi e Debora Villa, dedicata alle donne che guardano con ironia ai loro difetti. Poi c’è All Stars, otto amici ultracinquantenni, anche un po’ sovrappeso, Abatantuono, De Luigi, Storti, Hendel, Alberti, Sampaoli, Impastato, Foti, Cornacchione, più Ambra Angiolini, che sognano la loro gioventù giocando a calcio. Ma la vita li angustia anche lì. Andrà in onda a settembre, su Italia 1, otto puntate da 25 minuti, una bella sfida alla prolissità. Poi stiamo preparando una trasmissione sui matrimoni per Rete 4, e un’altra sit com con Ale & Franz. Più la nuova edizione di Scherzi a parte».
Di nuovo? Vede che la tivù è vecchia?
«Il programma va in onda dal ‘92, ma è sempre un’emozione, per me e evidentemente per gli spettatori. E sa perché? Perché è tutto vero».
Tutto vero, ma la tivù non è un gigantesco spettacolo?
«Appunto, ma ormai lo è più la cronaca che l’intrattenimento. Siamo noi i più veri».