Andrea Colombo, Libero 25/7/2010, 25 luglio 2010
LA BANALITÀ DELLA CATTURA
La notizia può apparire sorprendente e paradossale: Adolf Eichmann, uno dei principali esecutori dell’Olocausto nazista, fu incastrato dalla fidanzata ebrea del figlio. Infatti nel 1956 Klaus Eichmann, allora ventenne, s’innamorò a Buenos Aires, dove la famiglia del criminale di guerra si era rifugiata dopo la guerra, di una ragazza ebrea di 16 anni, Silvia Hermann. Il padre di lei, Lothar, era un avvocato sopravvissuto alla Shoah, che a suo volta era emigrato in Argentina per rifarsi una vita e dimenticare l’inferno vissuto nei sei mesi d’internamento nel lager di Dachau. Fu questo reduce, non il Mossad, a scoprire la vera identità di Riccardo Klement (così si faceva chiamare l’ex Ss, diventato nel frattempo impiegato della locale Mercedes Benz, munito di documenti falsi forniti dalla Croce rossa). I due destini, quello del massacratore che organizzava i treni della morte per i campi di concentramento e del perseguitato della furia nazista, s’incrociavano così, in modo casuale, in America Latina.
Una vicenda intricata
La vicenda dell’identificazione e l’arresto di Eichmann è stata ripercorsa in un documentario che va in onda questa sera sulla prima rete televisiva tedesca Ard, basato sulle ricerche della storica amburghese Bettina Stangneth. Non un vero “scoop”, come giustamente sottolinea l’agenzia Il Velino, ma comunque una storia singolare, che seppure già conosciuta dagli addetti ai lavori almeno dal 2004, merita tuttavia di essere ricordata.
In particolare, colpisce l’ingenuità da spaccone di Klaus Eichmann, che si presentò col vero cognome a Silvia, lanciandosi in affermazioni di dubbio gusto sul «mancato genocidio» e l’esaltazione dei valori del Terzo Reich. In una cena a casa Hermann, Klaus non esitò a raccontare che «mio padre è stato in guerra e abbiamo fatto numerosi trasferimenti, abitando per un certo tempo perfino a Praga. Papà diceva che eravamo lì per diffondere nel mondo i valori tedeschi». La ragazza dapprima pensò di lasciare questo strano fidanzato tedesco, che elogiava gli sterminatori del suo popolo. In seguito decise di raccontare il tutto al padre, che la convinse di rimettersi insieme a Klaus. Non per amore questa volta, ma per indagare su quella famiglia sospetta. La giovane Silvia si trasformò così in una piccola 007, chiamata a smaschera uno dei più spie-
tati criminali di guerra di tutti i tempi. Fu lei infatti, con l’aiuto del padre, a scoprire che dietro al “tirolese cattolico” Riccardo Klement si celava proprio Eichmann. Poco fiducioso nelle autorità argentine, che spesso coprivano i criminali di guerra in nome dell’anti-comunismo, Lothar Hermann scrisse a Fritz Bauer, il procuratore generale tedesco che stava dando la caccia ai nazisti superstiti. «La informo che, secondo le mie informazioni, qui a Buenos Aires vive Adolf Eichmann», aveva scritto il superstite dei campi di sterminio. Da quel momento si era messa in moto la macchina che nel maggio 1960 avrebbe permesso al Mossad, il servizio segreto israeliano, di rapire Eichmann per condurlo in Israele, dove al termine di un lungo processo venne impiccato il 31 maggio 1962.
Una vita, quella dell’ex Ss-Obersturmbannführer, all’insegna della fedeltà assoluta ai dettami del Terzo Reich, ma ricca di ombre e contraddizioni. Sembrerebbe infatti che il giovane agente di commercio, negato per gli studi, che diventerà l’organizzatore del traffico ferroviario verso i campi di concentramento, si convertì al verbo nazista negli anni Trenta leggendo “Lo stato ebraico” di Theodor Herzl, il fondatore del movimento sionista. Senza arrivare alle tesi di alcuni complottisti (come il sacerdote cattolico Luigi Cozzi) che giunsero a ipotizzare un’origine ebraica di Eichmann, di certo il suo interesse per il popolo eletto lo portò nel 1937 a compiere un viaggio segretissimo in Palestina, dove visitò diversi Kibbutz, le comuni socialiste dei primi coloni sionisti. Sembra che in questa occasione il funzionario nazista esperto di questioni razziali incontrò anche vari esponenti della destra militante ebraica. Di certo alcuni gerarchi nazisti, come Alfred Rosenberg (l’autore del classico razzista “Il mito del XX secolo”), Reinhard Heydrich (soprannominato la “bestia bionda”), Hans Frank (il governatore della Polonia durante la guerra e fra i maggiori responsabili della Shoah), forse lo stesso Adolf Hitler dovettero nascondere ai più la possibilità di avere antenati ebrei.
Dopo la missione in Palestina, Eichmann si dedicò, nel 1938, all’espulsione degli ebrei dall’Austria, appena riunificata al Reich hitleriano. Divenne così l’esperto per le Ss, le truppe d’élite del regime nazista, degli spostamenti in massa degli ebrei. In quegli anni infatti non si parlava ancora di “soluzione finale”: lo sterminio sistematico inizio solo nel periodo bellico. Eichmann si occupò quindi di predisporre l’Ufficio centrale per l’immigrazione ebraica. Divenne il braccio destro di Heydrich che, per dimostrare al mondo che aveva reciso ogni legame con le sue origini, diventerà uno dei più decisi responsabili della campagna di sterminio inaugurata con l’invasione delle steppe dell’Est russe.
Oscuro burocrate
A Praga, appena conquistata dalle truppe tedesche, Eichmann pensò di ammassare gli ebrei nei ghetti, visto che nessun Paese europeo era disposto ad accoglierli. Era l’anticamera del concentramento nei lager. In seguito fu proprio lui, questo oscuro, meticoloso burocrate che non riuscì mai ad arrivare ai vertici del Terzo Reich, a gestire i treni della morte per Auschwitz. E pensare che la moglie, Vera Liebl, aveva con tutta probabilità delle origini azkenazite, quindi ebraiche. E quindi i suoi figli, fa cui Klaus, sarebbero stati di sangue misto. Che sia stato quindi il “richiamo di sangue” ad attirare il figlio Kalus nella trappola escogitata dalla figlia di Hermann? Di certo si può dire che la cattura del più noto criminale nazista di tutti i tempi si deve a una storia d’amore. Finita male ovviamente: per fuggire ai tanti ex nazisti e simpatizzanti che vivevano in Argentina e la minacciavano, l’eroina della nostra avventura, Silvia, fu costretta a scappare negli Stati Uniti, dove vive tuttora.