Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 22/7/2010;, 22 luglio 2010
IL FATTO DI IERI - 22 LUGLIO 1954
Scriveva Truffaut, a proposito di ”Touchez pas au grisbi”, uno dei più tesi e crepuscolari noir francesi anni ”50 ”...Grisbi non parla di gangster… il vero soggetto è l’invecchiare, l’amicizia… è un film sulla cinquantina... alla fine anche Max – il protagonista – mette gli occhiali per leggere…”. Riferimento, of course, a Jean Gabin, cinquantenne alla ricerca di un rilancio di carriera e allo stesso Jacques Becker, il regista del ”dialogo scheletrico”, patito dell’economia dei dialoghi. Grisbi, ”quasi un film muto”, come scrissero i critici dopo l’anteprima del luglio ”54. In cui poco conta l’intreccio – l’assalto a 86 chili d’oro – , pretesto per raccontare il volto segreto e dimesso dell’uomo-gangster, la routine, il dietro le quinte del mondo della malavita. Con le donne-bambole un po’ annoiate, nello sfondo, a formare anelli di fumo, la moglie del capo a sferruzzare al top del momento-thrilling, il capo in persona – uno strepitoso Jean Gabin in pigiama – a stiracchiarsi, indolente. Un gioiello del realismo alla Becker. Disinvoltura, eleganza, gestualità contro assenza di linguaggio. ”Perché i gangster e gli dei non parlano. Muovono la testa e tutto si compie. – Parole di Barthes, sempre su Grisbi.