Giuseppe Caravita, Nòva24 22/7/2010;, 22 luglio 2010
ARS ROBOTICA
Il pennello scorre rapido sulla tela, l’immagine si forma per tratti di colore. Il ritratto è completo.E l’artista schiaccia un piccolo bottone luminoso sul manico del pennello. Il Led si spegne. La lezione è finita: «Vediamo cos’hai imparato». Il piccolo braccio meccanico emette uno squittio e impugna un pennello identico. Ripete gli stessi gesti, le identiche pennellate dell’autore, preleva gli stessi colori nelle vaschette e nell’identica misura. Alla fine l’artista è soddisfatto. Le due tele appaiono identiche. La lezione è finita. L’assistente robotico ha passato l’esame.
Copia o replica dell’originale? L’artista non saprebbe dirlo. Il gesto è suo, ma è stato catturato dai sensori incorporati nel pennello (accelerometri, giroscopi, bussole, sensori di pressione, altezza, temperatura...) e nelle vaschette dagli identificativi radio (Rfid) per tinta e da accurati sensori di peso per misurare i prelievi di ogni colore. Volta per volta, pennellata per pennel-lata, misurata microsecondo dopo microsecondo. Poi elaborata dal microprocessore del pennello in coordinate matematiche di alto livello. E infine inviata via radio (e protocollo Zigbee locale ad alta affidabilità) al computer-controllo del robot, fino al completamento automatico del file, chiamato "ritratto". L’artista non sa nulla di Mems (micro-sensori su chip di silicio) né di processori incorporati, né di quaternioni (la più efficiente notazione matematica delle coordinate tridimensionali) né di programmazione. Sa però che questo strano nuovo sistema robotico italiano, poco più di un pennello, una vaschetta, un pc e un braccio meccanico, è in grado di fare qualcosa che solo pochi anni fa era ritenuto impossibile: catturare, in fluidità, il suo tratto originale.
Può apparire un esempio di fantasia, strampalato o futuribile, ma è quanto comincia a succedere in un’austera fabbrica piemontese. A Grugliasco, nella sede di Comau, il braccio di automazione del gruppo Fiat, dove si progettano complesse linee robotizzate per l’industria automobilistica e non solo. Qui, nel
sancta sanctorum del reparto di ricerca, già oggi si può comandare un robot – un mostro rosso-Ferrari capace di sollevare centinaia di chili – con un piccolo joy-stick. Accelerometri e giroscopi, a ogni debole tocco, trasformano il gigante meccanico in un docile cagnolino. Segue ogni comando con le sue miti vibrazioni, motori elettrici multipli, obbedienti, che descrivono ogni traiettoria. «La robotica altamente sensorializzata inizia a essere una realtà, non solo di ricerca ma anche industriale – spiega Enrico Mauletti, direttore della progettazione robotica in Comau ”: è un passo avanti come non se ne vedevano da anni. Prelude a robot e sistemi meccatronici di produzione, più semplici, performanti, capaci persino in futuro di convivere con l’uomo e di diffondersi nelle piccole e medie imprese, su applicazioni fino ad ora impensabili».
Piccole scatolette zeppe di Mems, capaci di percepire ogni movimento tridimensionale, di controllare temperature e ritmo di funzionamento dei motori, di "sentire" presenze umane nelle vicinanze. E di elaborare il tutto localmente. Si chiamano i-Nemo,e li produce l’StMicroelectronics. I primi successi su vasta scala questi Mems li hanno raccolti sul fronte dei videogiochi, con la Wii di Nintendo e poi con gli iPhone e gli altri telefonini di punta: «Ma ora è il momento di realizzare, oltre ai veri e propri sistemi multisensoriali i-Nemo, sistemi di controllo delocalizzato per i processi di produzione – spiega Nunzio Abbate, responsabile del laboratorio di meccatronica della St a Catania – precisi e distribuibili su ogni componente dei robot e delle macchine. E noi, insieme a Comau e ad altri partner, stiamo esplorando questa frontiera». Un gioco a guadagno condiviso non solo per St ma per l’intera meccanica italiana, da sempre pilastro economico del Paese.
Le opportunità? «Al di là del futuribile, già molte a breve termine – osserva Fulvio Rusinà, direttore dell’Advanced Engineering in Comau – la sensorializzazione consente di sapere dov’è la punta di un robot in ciascun momento. Prima dovevamo andare per stime complesse derivando a ritroso ogni movimento. Questo significa sistemi più semplici e accurati già a breve. E che consumano meno materiali, elettronica di controllo, e energia. Una produzione più sostenibile».
Per Comau, che i suoi robot Smart li architetta dentro complesse linee di assemblaggio automobilistiche, la sensorialità distribuita è già un bel guadagno. «Ogni robot segnala esattamente dov’è, e sarà molto più facile gestirli senza che si scontrino tra di loro, specie se cominceranno a sviluppare strategie di movimento autonome».
Infatti. «Oggi l’automazione complessa costa perché deve fornire, ai robot o ai centri di lavorazione, ambienti quasi totalmente strutturati. Il pezzo da lavorare deve essere esattamente lì, l’operazione è quella, i vincoli sono rigidi, l’infrastruttura definita al millimetro. Domani, con la sensorialità distribuita, potremo permetterci gradi di flessibilità in più. Produttività identica, ma sistemi meno costosi e più versatili». Capaci anche di aiutare il produttore su piccola scala,l’artigiano, forse persino l’artista.