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 2010  luglio 20 Martedì calendario

GIOIELLI, CASE E FALSI INCIDENTI MANUALE CONTRO LE TRUFFE ROM Si sente solo un colpo secco sulla carrozzeria, uno non fa manco in tempo a preoccuparsi che un’auto da dietro comincia a sfanalare

GIOIELLI, CASE E FALSI INCIDENTI MANUALE CONTRO LE TRUFFE ROM Si sente solo un colpo secco sulla carrozzeria, uno non fa manco in tempo a preoccuparsi che un’auto da dietro comincia a sfanalare. Dentro, due o tre tizi fanno segno ”ma sei matto?” e invitano ad accostare. Ci cascano quasi tutti. Una delle ultime truffe messe a punto dai rom fa leva sul mix effetto sorpresa-senso di colpa. Il botto sulla fiancata (provocato da loro con bastoni o sassi durante un sorpasso) coglie alla sprovvista il malcapitato; il concitato invito a fermarsi suggerisce al ”pollo” di essere dalla parte del torto. Una volta fermi, nel migliore dei casi gli zingari mostrano uno specchietto rotto e chiedono d’esser risarciti subito e in contanti, fanno anche i gentili: «Così non ci rompiamo le scatole con le assicurazioni». A volte non si accontentano: appena si apre la portiera il malcapitato viene assalito, malmenato e rapinato direttamente dell’automobile. Segnalazioni del genere si susseguono su tutta la rete autostradale italiana, in particolare nelle zone di Roma e Milano. L’ANELLO D’ORO Tra mascherate degne d’un film di Totò e raid di rara violenza, la gamma dei trucchetti zingareschi è molto ampia e copre tutti i settori ”raggirabili”, dalle risorse personali alle attività commerciali, fino al mercato immobiliare. Il trucco dell’anello d’oro è così obsoleto che quasi commuove, tuttavia qualcuno ancora ci casca specie tra gli stranieri, meno preparati di noi contro certe furbate. Un rom avvicina il classico tipo dall’aria non troppo sveglia e interpreta la parte col trasporto dell’attore consumato: dice di non aver soldi con sé e supplica per un aiuto. Ha il bancomat smagnetizzato, il portafogli a casa, il cellulare scarico e la mamma tanto malata fuori città: l’unica via di salvezza siete voi altri. Gli serve poco. Trenta, quaranta, massimo cinquanta euro per affrontare il viaggio. Sa come ricompensarvi, perché è un uomo di mondo e conosce il valore della generosità. Tira fuori dalle tasche un anello dorato (sottolineiamo ”dorato”) d’una certa dimensione, magari intarsiato con disegni artigianali. oro zecchino, assicura, «vendilo e recupererai molto più di quanto mi hai prestato adesso». C’è ancora gente che abbocca, e si ritrova con il commesso del banco dei pegni che gli ride in faccia quando appoggia sul bancone un pezzo di ferro dipinto. IL FALSO TESSERINO Truffa spregevole perché sovente nel mirino finiscono gli anziani. Lo zingaro si procura una simil-divisa e tarocca un tesserino delle forze dell’ordine, generalmente i vigili. Bussa alle case dei nonnetti, mostra il tarocco per vincerne la diffidenza e si fa aprire. Una volta dentro, con le scuse più disparate (che vanno dal «controllo banconote false» al «c’è in giro un ladro, verifichiamo che non vi abbiano rubato le catenine d’oro») fa piazza pulita di risparmi e gioielli. Questo giochetto riesce più facilmente ai nomadi sinti, etnia dai tratti somatici più simili a quelli degli italiani e dunque credibile nella parte del ghisa -di quanto non siano i rom. Come faceva Alessandro Vailatti, 33 anni, sinti torinese che imperversava in città turlupinando ultrasettantenni: quando la polizia l’ha beccato, aveva inanellato colpi per oltre duecentomila euro e gli inquirenti avevano ragioni valide per ritenere che in totale il bottino delle sue malefatte potesse sfiorare il milione. IMMOBILIARISTI ROM Questa s’è già vista nel film ”Mi fido di te” con Ale e Franz, commedia spumeggiante di cui forse la scena della truffa è l’apice comico. Solo che è capitata anche nella realtà (Verona e Brescia) e chi l’ha subito ha riso molto, ma molto meno. Un capofamiglia rom si presenta, vestito in modo impeccabile e corredato di macchinone, dall’impresa edile che ha appena tirato su un bel centro residenziale e s’appresta a vendere gli appartamenti. Ne visiona uno, magari il più grande, pone mille domande interessate e alla fine si convince: «Lo compro». Si presenta alla stipula del contratto, lo legge, firma e paga la caparra. Verosimilmente, qualche decina di migliaia di euro. Convoca poi un secondo appuntamento, direttamente a casa, ma stavolta si presenta in roulotte con famiglia di zingari al seguito: nonni, zii, marmocchi e cani in abbondanza. Con ”inqulini” del genere, vendere tutti gli altri appartamenti ”in zona esclusiva e riservata” come recita l’annuncio, diventa pressoché impossibile. Gli zingari, che son gente di cuore, vengono incontro all’azienda: «Se non vi andiamo bene, stracciate il contratto». Detto, fatto. Ai sensi dell’articolo 1385 del Codice Civile, ai nomadi spetta il rimborso del doppio della caparra. «PASSA MIO MARITO» Immaginate una bella boutique piuttosto che una profumeria. Entra una sciura tutta elegante e fa shopping per cento, duecento euro. Arrivata alla cassa, guardacaso, la carta di credito si rivela essere smagnetizzata. No problem: la tizia chiama il marito al cellulare, premurandosi di sottolineare che questi è un avvocato di grido o un grosso imprenditore. «Passa lui fra un po’ a pagare» comunica alle commesse «con una banconota da 500, se non è un problema». La merce resta in negozio, ovviamente, ma la donna chiede d’avere lei il resto anziché il coniuge. Se le commesse abboccano, è fatta. CARICO E SCARICO Un grossista di elettrodomestici riceve un ordine a dir poco massiccio: televisori ultrapiatti, pc, hi-fi e via dicendo. L’indirizzo fornito è quello di una società, scelta a caso tra quelle non troppo lontane dai campi rom. Il camion arriva e ad accoglierlo, anziché l’incaricato per saldare la fattura, trova una torba di rom che lo minacciano, talvolta anche con armi, di abbandonare il carico. Lo facevano quelli del campo di via Chiesa Rossa a Milano. Nelle villette abusive avevano una tv al plasma per ogni stanza e le forze dell’ordine, dopo un blitz con trecento agenti, hanno sequestrato beni per un milione e mezzo di euro.