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 2010  giugno 29 Martedì calendario

Il cacciatore di aeroplani Colton Harris-Moore era un adolescente problematico. Viveva di furti e crimini vari

Il cacciatore di aeroplani Colton Harris-Moore era un adolescente problematico. Viveva di furti e crimini vari. ma aveva un sogno: provare a pilotare un jet. Così un giorno ne ha ciulato uno e ha spiccato il volo. Lo stanno ancora cercando. Ne aveva parlato tantissimo, l’aveva sognato e, nei giorni interminabili che aveva passato nelle case di villeggiatura che derubava, aveva imparato tutto il possibile su come far volare un aeroplano. Aveva studiato i manuali, compilato test online sulle procedure di volo sotto falso nome e trascorso ore sui simulatori che trovava su Internet. Aveva anche creato una pagina su MySpace, dove si spacciava per pilota, una bugia piatta e insoddisfacente, promemoria per un atto incompiuto. La realtà della sua vita era molto più misera. Era cresciuto senza un padre. Sua madre beveva troppo. A 17 anni era già un evaso: da mesi era in fuga dalla prigione minorile in cui era finito per oltre 100 furti con scasso e crimini vari. Ora era tempo di una rivincita. Avrebbe mostrato chi era veramente, a tutti i compagni di classe e ai poliziotti che l’avevano trattato come una merda, dicendogli che non valeva niente. Ruberò un aeroplano, aveva deciso. Sapeva già dove: l’aeroporto di Orcas Island, una solitaria striscia d’atterraggio a circa 130 chilometri da Seattle, circondata dagli enormi boschi del Nordest del Pacifico, senza sorveglianza, deserta come un cimitero di notte. Gli aerei – quasi tutti monomotore, usati per spostarsi da un’isola all’altra – allineati sulla pista come giocattoli costosi e scintillanti. lì che la polizia sospetta che Colton Harris-Moore si sia accampato la notte dell’11 novembre 2008, nascosto tra gli alberi, aspettando l’aereo giusto. Verso la fine del pomeriggio un Cessna 182 era arrivato ronzando da sud. Nella sua stanza Colton aveva un poster della plancia di un piccolo aeroplano e aveva passato ore a fissare la costellazione di strumenti e interruttori, meravigliandosi dei loro intrichi e delle possibilità quasi illimitate di uso e di controllo. E adesso, mentre osservava l’aereo atterrare e dirigersi verso l’hangar sulla parte est dell’aeroporto, già si immaginava dentro la cabina, a condurlo lungo la pista per poi lanciarsi fuori da una vita che era stata claustrofobica e piena solo di delusione, povertà e incertezze. Non aveva mai messo piede su un aereo prima di allora. Nè intendeva essere un eroe popolare, un fuorilegge alato con migliaia di fan che esultano a ogni sua mossa. Ma stava per diventare il ladro d’aerei più leggendario di tutta la storia dell’aviazione. La punta sud di Camano Island ospita i resort più ambiti del Nordest del Pacifico. Per la Seattle bene è quello che gli Hamptons sono per i newyorkesi e Cape Cod per i bostoniani. Un posto che abbonda di ville miliardarie fronte mare, dove d’estate i 18mila abitanti aumentano della metà – quando dottori e manager del web arrivano da Seattle per sedersi nelle verande delle loro casette al tramonto e guardare le aquile volteggiare e scendere in picchiata sulle acque di Tulalip Bay e Possession Sound. Colton Harris-Moore – o Colt, come lo chiamavano tutti – era cresciuto giusto 10 chilometri a nord dalla punta sud dell’isola, in una roulotte fatiscente nelle foreste di Camano Island. Suo padre, Gordon "Gordy" Moore, faceva il muratore a giornata; sua madre, Pam, era una ragazza divorziata di Lynnwood, sobborgo di Seattle. Aveva comprato il terreno con i soldi guadagnati lavorando come contabile al National Park Service. Sognavano di costruirci una casa, ma Gordy era sempre nei guai con la legge: l’avevano colto in flagrante più di una ventina di volte sbronzo alla guida e a commettere altri reati. Se n’era andato quando Colton aveva 2 anni, lasciandolo con una madre 40enne, spesso disoccupata, che beveva troppo già da sola. A dispetto della situazione, il piccolo Colt era un bambino felice. Aveva messo su così tanti chili che Pam l’aveva soprannominato Tubby (tozzo, ndr), come se il suo corpo avesse saputo che un giorno sarebbe esploso in un ragazzone di 2 metri per 90 chili. Quando Colt aveva 4 anni, Pam si era sposata con Bill Kohler, un uomo gentile e robusto, che era stato nell’esercito e aveva lavorato come mungitore in un caseificio della zona. Colt lo adorava, ma Bill si dimostrò inaffidabile tanto quanto il compagno precedente – un drogato occasionale che Pam finì per buttare fuori di casa. Erano quasi sempre solo Colt e sua madre. Lui collezionava film di James Bond e li guardava in continuazione. Amava gli animali, si prendeva cura di un’anatra cieca che girava lì in giardino, giocava con il suo cane Cody, un pastore dei Pirenei. Ma buona parte del suo tempo lo dedicava a un’ossessione che aveva da sempre: gli aeroplani. Era estasiato dalla complessità dell’aviazione, e riempiva le pagine dei suoi quaderni con aerei meticolosamente disegnati. Ai margini annotava con perizia specifiche tecniche che avrebbero sorpreso un ingegnere di volo. Quando gli passava un aereo sulla testa, lui era in grado, con una sola occhiata, di dirti tutto: costruttore, tipo di motore, capienza esatta… Prima del folle crimine che l’ha reso una leggenda, Colt non era mai salito su un aereo. Ma vicino a casa, giusto sull’altra sponda c’era Whidbey Island, sede di una base aerea della Marina, e gli A-6E Intruder e gli EA-6B Prowlers sfrecciavano regolarmente nel cielo sopra di lui. I Blue Angels erano l’attrazione principale allo show annuale della base, mentre a 20 chilometri a est, a Everett, c’era lo stabilimento principale della Boeing, la più grande fabbrica aeronautica al mondo. "Aveva questo libro con tutti gli aerei costruiti dalla Boeing, e mi diceva sempre che voleva diventare un pilota", ricorda Jessica Wesson, un’amica d’infanzia di Colton. "Mi aveva detto persino che suo padre era un pilota. Ma sono abbastanza sicura che stesse mentendo". Colt era determinato a spiccare il volo, ma la gravità della vita sembrava avere altri piani per lui. Per il suo ottavo compleanno la madre gli aveva regalato una bicicletta da 300 dollari. Un agente, non riuscendo a credere che un bambino povero che viveva in una roulotte potesse avere un giocattolo così costoso, lo accusò di averla rubata e lo costrinse a salire sulla volante, mettendolo in imbarazzo di fronte a Pam. Il colpo peggiore arrivò l’anno dopo, quando il suo patrigno Bill venne trovato morto nella stanza di un motel in Oklahoma, per quella che sembrò essere un’overdose. Per la rabbia Pam aveva infranto ogni singolo pezzo di vetro della casa. "Ero impazzita", ricorda. Da allora ha iniziato a bere pesantemente, e a volte affogava in sbronze di due settimane durante le quali si dimenticava persino di comprare il cibo. Comprensibilmente depresso, Colt non riusciva ad addormentarsi fino alle tre del mattino, e l’indomani si svegliava stordito e irritabile. "Non sono felice", aveva confidato a un’assistente sociale. "Vorrei stare tutto il giorno a letto. Credo di avere bisogno d’aiuto". Si sentiva intrappolato in casa propria, alla mercè della dipendenza di sua madre. Voleva che lei smettesse di bere e tornasse a lavorare, per dargli quello che tutti gli altri ragazzini avevano: cellulare, belle scarpe, stabilità. Lottava per comunicare una parvenza di normalità tenendo i capelli corti e i vestiti puliti, ma aveva problemi con gli altri compagni di scuola. Mangiava da solo e parlava di rado, e quando lo faceva si metteva immediatamente nei guai: al sesto anno aveva attaccato briga e le aveva prese, un’altra volta si era rivolto a un compagno con così tanta aggressività che quello aveva cercato di strozzarlo. "Più crescevamo, più Colton entrava e usciva dai casini", racconta Jessica. "Ricordo che quando si metteva nei guai aveva questo sorrisetto compiaciuto sul volto che diceva: "Voi non sapete con chi avete a che fare"". Un giorno, a 12 anni, Colt aveva visto un cellulare incustodito sul camion di un corriere espresso, nella vicina città di Stanwood. Aveva sempre desiderato un telefonino, e se lo prese. Giusto il tempo di farci un paio di chiamate e i poliziotti l’avevano già scovato. Seguirono altri furti, roba da ragazzini, ma tanto era bastato per attirare l’attenzione delle autorità, che lo schedarono. Uno psichiatra, a cui la madre si era rivolta, gli somministrò lo Strattera, uno psicofarmaco per bambini con carenze di concentrazione. Aveva iniziato a dormire meglio, ma Pam – sostenendo che il farmaco lo rendeva depresso e lunatico – non aveva mai più rinnovato la ricetta. Litigavano costantemente. "Era come un Diavolo della Tasmania", dice Pam. Gli assistenti sociali che passavano a visitarli scrivevano che Colt era vittima di "esaurimenti costanti quasi tutti i giorni". Una volta sua madre l’aveva addirittura denunciato per aggressione. Sebbene Pam neghi di aver avuto mai problemi con l’alcol, il rapporto di un esperto del tribunale addossava chiaramente a lei tutta la colpa: "Questo conflitto sembra causato in buona parte dai problemi della madre con l’alcol". I servizi sociali avevano consigliato Pam di mettere Colt in analisi e di cercare di curare il suo alcolismo, ma lei si era opposta su tutta la linea. Un caso senza soluzione, che un assistente sociale avrebbe così riassunto: "Il genitore dichiara che bere lo aiuta a rapportarsi a Colton, e a opporgli resistenza". Colton cercava di incoraggiarla. Le aveva procurato un libro degli Alcolisti Anonimi, ma lei l’aveva bruciato. Infuriato per la distruzione che droghe e alcol avevano portato nella sua famiglia, decise che non ne avrebbe mai fatto uso. Sarebbe diventato il suo unico grande motivo d’orgoglio, un modo per essere diverso dagli adulti che aveva visto fallire. Rubare era un altro discorso. Scivolò nella routine del ladruncolo: la cassetta dei soldi dalla biblioteca locale, soda dalla sala professori, perfino due piccole barche… Tutto ciò di cui aveva bisogno per passare di livello nella scala criminale era un mentore. Che arrivò abbastanza presto. A 14 anni Colt fece amicizia con un ragazzo il cui nome sembrava uscito dagli annali del vecchio West: Harley Davidson Ironwing. Come Colt, Harley era orfano di padre, un ex biker incallito, che una leucemia aveva stroncato quando lui aveva 4 anni. Anziché rimanere con una madre, che lui considerava una drogata, era stato affidato dallo Stato a una famiglia di indiani e nell’adozione lui aveva preso il loro cognome. Quando incontrò Colt aveva 16 anni e già riusciva a mantenersi rubando nelle case di Stanwood e dintorni. Harley sembrava un hobbit con i riccioli biondi, ed era almeno una trentina di centimetri più basso di Colton, ma lui lo seguiva comunque. "Colt voleva essere come me, avere una reputazione per cui nessuno avrebbe voluto avere casini con lui", racconta Ironwing, che ha appena finito di scontare due mesi per furto nel riformatorio di Airway Heights, vicino a Spokane. "L’avevano maltrattato, e io non amo i bulli. L’ho preso sotto la mia ala". Per Colt, Harley stava vivendo la sua vita in pieno, senza genitori tra i piedi, prendendo quello di cui aveva bisogno senza fare male a nessuno. Colt aveva capito che la chiave per ottenere la fiducia dell’amico – e tutti gli extra che voleva – si trovava nel giardino dietro casa sua: le villette di villeggiatura sulla punta sud di Camano Island. E così si nascose nei boschi, sorvegliando una casa vuota, e chiese aiuto a Harley. "Dammi 300 dollari in anticipo e prendo tutto ciò che trovo", gli disse Harley. Era iniziata la più lunga serie di furti che la storia dell’isola ricordi. Ironwing gli insegnò come fare a nascondersi tra gli alberi ai confini delle case, scassinare le serrature e mantenersi invisibile ai vicini. Presto i due amici iniziarono a fare lavoretti a distanza di poche settimane, rubando gioielli, cellulari, iPod, carte di credito, computer, un telescopio, tv e cibo. Spesso rubavano un’auto per metterci tutto, ma dopo averla "presa in prestito" le facevano il pieno, la riportavano dove l’avevano prelevata e cancellavano le loro impronte. Intanto Colton aveva iniziato a utilizzare i computer che rubava per imparare nuovi trucchi da criminale navigando in Internet, scoprendo come leggere il PIN delle carte di credito con un lettore fatto in casa per poi prelevarne i soldi al Bancomat. Pian piano iniziò a usarle per comprare online dei lettori di carte di credito e delle chiavi speciali per aprire le serrature più comuni. Internet gli permetteva anche di esplorare la sua più profonda ossessione. "Diceva sempre di voler rubare un aereo", ricorda Ironwing. Raramente i due lasciavano in disordine le case che derubavano, e Colton addirittura non vendeva buona parte delle cose che portava via, ma le ammucchiava in una tenda nel terreno di sua madre. Questo si rivelò un errore. Un giorno, nel settembre 2006, la polizia arrivò con un mandato d’arresto per Colton, che non si era presentato a un’udienza per l’accusa di aver comprato 3700 dollari di materiale informatico con una carta di credito rubata, e scoprì la refurtiva. Colton decise di darsela a gambe. Era l’inizio della sua vita da fuggitivo: a parte una parentesi in un carcere minorile, avrebbe speso i restanti quattro anni in fuga. La polizia sospetta che in quel periodo abbia rubato un corrispettivo di 1,5 milioni di dollari. Mark Brown, lo sceriffo di Country Island, aveva stampato i cartelli "Wanted" per Colton e Harley, giurando ai giornalisti, sempre più pressanti, che li avrebbe presi – una promessa di cui oggi dice di essersi pentito. "Sì, l’ho catturato", dice Brown, "ma la cosa che mi dà fastidio è che l’ho portato per la prima volta all’attenzione dei media". La caccia era aperta. Per Colton era ormai una sfida personale, nient’altro che la continuazione del conflitto iniziato col malinteso sulla sua bicicletta. "I poliziotti vogliono giocare, eh!?", aveva scritto in un biglietto a sua madre. "Beh, questo non è un giochetto. Questa è una guerra!". Nel febbraio 2007, la campagna dello sceriffo Brown diede i suoi frutti, quando alcuni vicini notarono una luce accesa in una casa di villeggiatura e chiamarono la polizia. La casa venne circondata e gli agenti iniziarono a gridare il nome di Colton. Terrorizzato, chiamò sua madre. Al suo arrivo, parlarono per quasi un’ora al cellulare, finché lei non lo convinse ad arrendersi. Aveva 16 anni, e venne giudicato colpevole per tre reati. Finì alla Griffin Home, un riformatorio di minima sicurezza a Renton, sobborgo di Seattle. Con solo 30 detenuti, era un posto tranquillo che sembrava più una casa-vacanza che una prigione. Ci sarebbe dovuto rimanere per tre o quattro anni, in base alla condotta. L’unica materia che gli piaceva, alla Griffin, era arte. Fece un collage, sul tema "cosa vuoi dalla vita", che illustra il piglio ordinato e deciso di chi sa esattamente cosa vuole e dove vuole arrivare. Sono 106 immagini, in buona parte scritte, disposte con precisione. La parola "soldi" appare quattro volte, insieme a "salute", "dollari" e a un dozzina di loghi fashion, da DKNY a Hugo Boss. E poi gadget costosi (Rolex, cellulari, palmari), una torta di fragole, un simbolo turistico del Messico e dell’Argentina. In cima al collage, proprio in mezzo, c’è un jet, con le scritte profetiche "Posso averne un altro?" e "Professione: pilota". Alla Griffin Home non c’era alcuna barriera e la strada per Camano Island era a soli 300 metri di distanza. Alle 20 e 40 del 29 aprile 2008, Colton aspettò che l’ultimo controllo serale venisse effettuato, poi sgattaiolò fuori dalla sua cuccetta. Era un punto di non ritorno. Se volevano prenderlo, aveva deciso, dovevano farlo mentre cercava di raggiungere il suo sogno. Quello che Colt fece dopo la fuga dalla Griffin non è certo, ma la polizia sospetta un suo ritorno alle antiche abitudini. Due settimane dopo essere scappato, dicono, Colton era a Camano Island e rubava alla grande dentro le case di villeggiatura. Aveva richiesto varie carte di credito con i dati trovati nelle case e una l’aveva fatta mandare alla casella postale di sua madre. Un agente l’aveva anche visto guidare una Mercedes rubata. Il tempo di dare l’allarme e Colton era già saltato giù dall’auto, scappando nella foresta. Se la stava spassando: in uno zaino trovato nella Mercedes c’era una macchina fotografica digitale con diversi autoscatti. In uno era steso tra gli alberi e sorrideva mentre ascoltava musica da uno degli iPod che aveva rubato. Questa foto sarebbe diventata la sua icona, un’immagine emblematica della sua personale mistica del fuorilegge: un ladro presuntuoso, pieno di risorse, a suo agio nel suo status di fuggitivo, che si faceva gli affari suoi. Per trovarlo, la polizia aveva mandato persino squadre cinofile ed elicotteri con radar a infrarossi, ma invano. A Colton piaceva stare nelle case vuote oppure con gli amici: voleva volare, e aveva bisogno di Internet per prepararsi. Scaricava programmi come Microsoft Flight Simulator o X-Plane su portatili rubati e ci giocava per ore. Dall’inizio di novembre, sette mesi dopo esser scappato dalla Griffin Home, era arrivato al livello giusto. Doveva volare, e l’unico modo per farlo era rubare un aeroplano. Il furto di aerei è un crimine raro. Nel 2009, solo sette aerei sono stati rubati negli Stati Uniti e i sospetti cadono praticamente sempre sui cartelli della droga, che li usano per trasportare le loro merci. Una volta raggiunto l’hangar dell’Orcas Island Ariport, la notte dell’11 novembre, l’esperienza nei furti tornò utile a Colt. La porta era chiusa, ma lui riuscì ad aprirla senza problemi. Si trovò davanti il Cessna 182, che la polizia pensa abbia rubato il giorno seguente. Si mise a rovistare in giro per l’hangar finché non ebbe trovato le chiavi, così da poter studiare il manuale, che per legge deve stare nell’abitacolo. Poi, alle prime luci dell’alba, mise gli interruttori dei serbatoi in posizione "on", schiacciò il controllo della miscela su "full-in" e accese la pompa della benzina per preparare l’aereo. Pochi istanti dopo, si lanciava a 130 km all’ora lungo la pista, al cui termine lo attendevano le acque fredde e inospitali del Puget Sound. Riuscì a decollare: dopo 18 anni di sogni, stava volando. Solo Colton sa se avesse una destinazione in mente, ma le opzioni erano limitate. Se non voleva attirare l’attenzione sconfinando nello spazio aereo canadese, la cosa migliore era mantenersi a est. Così virò verso le Cascade Mountains. Forti piogge si stavano abbattendo sulle montagne, ma bastava salire sopra i 3000 metri per evitarle. Lì avrebbe potuto volare tra il cielo azzurro e un tappeto bianco come il cotone, con Mount Rainier che sbucava tra le nubi proprio come un castello di zucchero. Fatta eccezione per le scie delle linee aeree, era un mondo completamente incontaminato, che apparteneva solo a lui. "In solitaria è molto più facile iniziare una cosa, piuttosto che finirla", diceva Amelia Earhart, leggenda femminile nella storia dell’aviazione. Si riferiva all’arte di portare a terra un aeroplano, un compito che Colton dovette affrontare tre ore e mezzo dopo il decollo. Non poteva atterrare in un piccolo aeroporto senza attirare attenzione, perciò l’unica chance che aveva era un campo aperto. Ne trovò uno vicino alle Cascades, negli altipiani della riserva degli indiani Yakama. Dopo diverse virate, si mise in linea e iniziò a frenare, in una discesa controllata le cui fasi andavano scandite con precisione. Stava atterrando su un prato a più di 130 km all’ora, una manovra che aveva ucciso piloti molto più esperti. La polizia tribale della riserva trovò il Cessna il giorno dopo. L’elica era sfasciata, il carrello era distrutto. Di Colton nessuna traccia. L’unica, che aveva lasciato dietro di sé, era del vomito seccato nell’abitacolo. Che sia stata colpa del mal d’aria o della paura, era stato un piccolo prezzo da pagare. Volare si era rivelato come se l’era sempre immaginato, anzi anche meglio. Adesso ne voleva di più. C’è voluto un annetto prima che le autorità accusassero Colton del furto del Cessna. Allora era già noto come il "ladro scalzo" – un nomignolo affibiatogli per un fermo immagine di una telecamera di sicurezza di un negozio che aveva derubato. Era accusato di una serie frenetica di furti, che ora includevano anche una barca, una banca, cinque negozi, un fucile da un’auto della polizia e un altro aereo. Secondo la polizia del posto, Colton ha rubato il suo secondo aereo, un Cirrus SR22, dall’aeroporto di una città chiamata Friday Harbor, l’11 settembre dell’anno scorso. Ci ha volato giusto una quindicina di chilometri, fino all’aeroporto di Orcas Island, teatro del suo primo furto – ma ciò che impressiona è che l’ha fatto di notte. Il volo notturno richiede molta più concentrazione e, se non c’è una buona luna, i riferimenti si limitano quasi esclusivamente a puntini luminosi. Colton ce l’ha quasi fatta al primo tentativo. "Mi ha rotto una luce da 300 dollari – dice ridendo la responsabile del piccolo aeroporto, Beatrice von Tobel – ma l’aereo è ancora abbastanza a posto". Il giorno dopo, un agente ha individuato Colton nella città di Eastsound, ma lui ha sorriso ed è scappato nei boschi. Il poliziotto dice che Colton "è evaporato". Subito dopo era arrivato a un porticciolo lì vicino dove aveva rubato una piccola barca, per spingersi venti chilometri a nord, a Point Roberts, sul confine canadese. Non trovando un aereo adatto, sembra che sia tornato negli Stati Uniti a piedi, abbia rubato un’auto e abbia guidato fino al piccolo aeroporto di Bonners Ferry, in Idaho. Lì, il 29 settembre scorso, pare abbia rubato l’aereo che l’ha reso famoso. Questa volta era un Cessna 182 di un allevatore della zona, che lo usava per volare alle aste. "Deve aver passato tutta la notte a leggere i manuali – dice Pat Gardiner, il proprietario – perché dicono che ci sia entrato la sera prima e abbia portato l’aereo fuori all’alba". Colton non trovava le chiavi, ma tanti aerei monomotore sono facili da accendere: pare che abbia infilato il cacciavite nel buco delle chiavi e abbia girato. L’aereo di Gardiner aveva un’elica a passo variabile, una sorta di cambio, e Colton era decollato con una marcia troppo bassa, riuscendo a stento a non finire tra gli alberi. Dopo il decollo aveva virato a sud est, seguendo la Kootenai Valley fino a Spokane, poi su fino a Walla Walla, dove aveva girato a nordovest. Era diretto a casa – ma dopo aver passato le Cascades le sue riserve di carburante iniziarono a scarseggiare. Scese da una spessa coltre di nubi appena fuori Granite Falls, in cerca di un posto dove atterrare. Fu lì che capi di essere in condizioni atmosferiche pessime – e in guai seri. Gardiner non riusciva a credere la ricostruzione di quei minuti, in cui le raffiche di vento scuotevano il piccolo aeroplano come fosse un giocattolo. Colton stava per perdere il controllo, ma poi trovò una zona deforestata e si preparò per un atterraggio suicida a 200 chilometri orari, quasi 70 in più della velocità a cui è raccomandabile atterrare. Al contatto col terreno, l’aereo inizio a sbattere contro i ceppi di legno, che strapparono via le ruote e piegarono il carrello, facendo fermare Colton in meno di tre secondi, un colpo da quasi 7 G. Gli airbag probabilmente gli avevano salvato la vita, e lui temeva così tanto un’esplosione che era corso fuori con le cuffie ancora nelle orecchie. Non vedendo nessuna fiamma, era tornato all’aereo e aveva versato diligentemente della benzina dentro l’abitacolo, eliminando le sue impronte. Sono stati quest’ultimo furto e uno scrittore di Seattle, Zack Sestak, a rendere Colton una leggenda. Sestak ha aperto una fan-page su Facebook, che ha guadagnato più di mille iscritti in meno di un giorno dopo un articolo dell’Associated Press. Le ragazze lo volevano, tanti gli offrivano rifugio dalla polizia, un imprenditore di Seattle aveva stampato magliette con la sua faccia. Il bambino di cui non fregava niente a nessuno ora aveva amici dappertutto. Colt era sconcertato. Chiamò sua madre e si mise a leggerle i messaggi di Facebook. Si fecero delle risate quando uscirono articoli che lo ritraevano come fuorilegge che vive nei boschi. "Non ha mai vissuto nella foresta – dice Pam – ora sta in una casa con una cuoca e un paio di ragazzi". Dice di non sapere il nome della donna e che Colton si sta mantenendo "lavorando con i computer". Colton guida una macchina nuova e gira anche in pubblico. Forse ha anche una ragazza. "Io la vedo così: sta vivendo la vita a modo suo, al diavolo tutto il resto – dice Pam – io ne sono fiera". Colton ora la chiama di rado. In questi giorni i poliziotti la visitano spesso. Una volta, dopo che il cane di Colton, Melanie, aveva stanato un agente vicino a casa, un’intera squadra SWAT è sbucata dalla foresta in cerca di Colton. Pam dorme con una pistola e ha messo un cartello all’entrata: se entri ti sparo. Hollowood continua a chiamare per i diritti, ma Colton ha detto a sua madre che non è interessato. Pare che abbia un piano a lungo termine: "Vuole fare la sua linea aerea privata", dice Pam. Potrebbe sembrare una follia, ma i trafficanti di droga lo fanno praticamente dall’invenzione del volo. L’ultima volta che l’ha chiamata gli ha detto che stava imparando lo spagnolo su internet. Pam si rifiuta di pensare che sia per passare il confine a sud. L’ultima volta che l’ha visto è stato due anni fa, nel mezzo della notte. Era rientrato a casa in cerca di qualcosa, per poi andarsene nella pioggia. La sera del 10 febbraio, un Cirrus SR22 è decollato dall’aeroporto di Anacortes. Il piccolo aereo è stato intercettato dalla stazione navale di Whidbey Island, allertata per le olimpiadi invernali di Vancouver. Il pilota è tornato all’aeroporto di Orcas Island, dove Colton aveva fatto il suo primo volo.  stato il suo miglior atterraggio finora. La responsabile dell’aeroporto, Beatrice von Tobel, ha visto l’aereo il giorno seguente. Era solo un po’ sporco di fango. "Se l’avesse parcheggiato pulito non me ne sarei nemmeno accorta", dice lei. La città di Eastsound non è stata così fortunata. Sceso dall’aereo, Colton ha rapinato l’Homegrown Market & Deli. Ha preso 1.200 dollari in contanti, una torta – come quella del collage – e un pezzo di gesso. L’ha usato per scrivere un messaggio. Dopotutto, ora ha 20 mila fan su Facebook da mantenere. Ha disegnato un’orma di dodici metri sul cemento, davanti all’entrata del negozio. E poi ha scritto un messaggio: C-YA!