Fabio Monti, Corriere della Sera 17/07/2010, 17 luglio 2010
LA CRISI DEL SISTEMA CANCELLA DAL CAMPO CHI HA FATTO LA STORIA - L’
insostenibile pesantezza del sistema calcio è certificata (anche) dal numero di società che non sono riuscite ad iscriversi al campionato per problemi economici. Che si sarebbe arrivati al collasso, lo si era intuito già nell’ inverno 2003, quando Giancarlo Abete, allora vice-presidente della Figc guidata da Franco Carraro, aveva messo a punto una bozza di riforma dei campionati, su indicazione del consiglio, per una ristrutturazione dell’ area pro. Il progetto era innovativo, ma semplice: serie A a 18 squadre; serie B divisa in due gironi (36 club); serie C con tre gironi da 18 squadre. In tutto: 108 club. Molte componenti, all’ interno e all’ esterno del Consiglio federale, si erano opposte con fermezza; il caso-Catania e le fidejussioni false dell’ estate 2003 avevano provocato l’ aumento del numero delle società da 128 a 132. Un organico sovrabbondante, pletorico, inadeguato ai tempi e alle risorse a disposizione. Negli ultimi sette anni, sono stati tanti i club importanti che non sono riusciti ad iscriversi al campionato. In sintesi. Luglio 2004: Ancona e Napoli restano fuori dal campionato di B. Luglio 2005: il Torino non viene ammesso alla serie A dopo la promozione sul campo (l’ arrivo di Cairo consente di ripartire dalla B), mentre in B falliscono Perugia e Salernitana e il Venezia appena scivolato in C1 (era stato in A nel 2001-2002) conoscerà due fallimenti, l’ ultimo un anno fa, che porta il club a giocare in serie D. Luglio 2007: il Messina viene escluso dalla B. Un anno fa, Pisa, Avellino e Treviso, retrocesse dalla B alla Lega Pro, non ce la fanno ad iscriversi. Pisa e Avellino ripartono dalla serie D; il Treviso dall’ Eccellenza. Quest’ anno la situazione è ulteriormente peggiorata, al punto che 21 società non sono riuscite ad iscriversi, nonostante una storia importante alle spalle. In B, è clamorosa l’ uscita di scena dell’ Ancona, che per metà campionato era stata in corsa addirittura per disputare i playoff. Il club, espressione di una città di 102.521 abitanti, ha vissuto la sua stagione migliore a metà degli anni Novanta; nel ’ 92, aveva raggiunto la promozione in serie A (con immediato ritorno in B) e nel ’ 94, aveva giocato la finale di Coppa Italia (contro la Sampdoria). Nove anni dopo, l’ Ancona era tornata in A, ma era stata un’ esperienza destabilizzante: ultimo posto (13 punti in 24 partite), nonostante l’ ingaggio di Pandev, Dino Baggio, Ganz, Hubner, Rapaic e Jardel e deficit non colmabile, che aveva portato la società alla non iscrizione al campionato di B, con ripartenza dalla C2. Il ritorno in B avviene nell’ estate 2008 e un anno fa la salvezza arriva al playout, con il Rimini che retrocede in Lega Pro e che quest’ anno conosce un destino identico a quello dell’ Ancona, con la mancata iscrizione alla Prima divisione, che esclude una città di 141.5050 abitanti, proprio nell’ estate in cui il Cesena ritrova la serie A, dopo 19 anni. C’ è un’ altra esclusione storica, ed è rappresentata dal Perugia (città di 166.667 abitanti), il club che ha conosciuto una straordinaria stagione in serie A (promozione nel ’ 75), con il presidente Franco D’ Attoma e Ilario Castagner in panchina, culminata nel secondo posto del ’ 79 (30 giornate senza sconfitte) alle spalle del Milan e con il successivo acquisto di Paolo Rossi. Perugia, riemerso da un tormentato periodo, in bilico fra C1 e C2, con l’ acquisto della società da parte di Luciano Gaucci nel novembre ’ 91 e il ritorno in A nel ’ 96 e più stabilmente nel ’ 98, dopo lo spareggio con il Torino (e Castagner in panchina). Nell’ agosto 2002 vince l’ Intertoto e gioca tre turni in Coppa Uefa, ma scivola in B nell’ estate 2004, dopo aver perso la sfida con la Fiorentina. Prova a risalire nel 2005, ma perde ai playoff e conosce il primo fallimento. Il secondo arriva dopo l’ ultimo campionato in Prima Divisione: lunedì scorso è nata l’ A.S.D. Perugia Calcio, che parteciperà al campionato di serie D. Il 1° luglio è fallito anche il Mantova (retrocesso dalla B in Prima Divisione), a causa dei problemi economici del suo presidente, Fabrizio Lori. Il club, fondato nel 1906, aveva conosciuto un momento eccezionale con Italo Allodi come general manager e Edmondo Fabbri in panchina: tre promozioni in quattro anni dalla serie D alla serie A per quello che era stato soprannominato il «piccolo Brasile» fra il ’ 57 e il ’ 61. In bilico fra serie A (con Zoff in porta dal ’ 63 al ’ 67) e B, era scivolato in C nel ’ 72 e aveva provato a riproporsi nel grande calcio soltanto nel giugno ’ 94 ma, perso il playoff con il Como, per tornare in B, era fallito ed era ripartito dall’ Eccellenza. Tornato in B nel 2005, aveva sfiorato la serie A nel 2006, ma aveva perso un playoff velenosissimo con il Torino ed era iniziata una fase di crisi, culminata con la drammatica caduta di quest’ anno. Non è riuscito a iscriversi alla Seconda Divisione il Legnano, la squadra dove Gigi Riva aveva iniziato la sua straordinaria carriera (’ 62-’ 63), prima di passare al Cagliari, ma la sparizione storicamente più dolorosa di questa estate resta quella della Pro Vercelli, che non è riuscita a iscriversi alla Prima Divisione. Scompare la squadra che, nata nel 1903, era stata di Virginio Rosetta e di Silvio Piola, che aveva vinto sette scudetti (il primo nel 1908, l’ ultimo nel 1922) e che aveva salutato la serie A nel ’ 35. davvero un altro calcio e chissà se è un calcio migliore.
Fabio Monti