Andrea Maria Candidi, Il Sole-24 Ore 19/7/2010;, 19 luglio 2010
DETENUTI VERSO QUOTA 70MILA
Istituti penitenziari colmi all’inverosimile. E mentre i detenuti hanno ormai superato la quota delle 68mila unità e si accingono presto a doppiare la boa delle 70mila, il parlamento è impegnato con un provvedimento che dovrebbe tamponare l’emergenza. All’esame della Camera, infatti, c’è il disegno di legge (atto C 3291-bis) presentato dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che consente di espiare a casa le pene fino a un anno di reclusione, anche se parte residua di un periodo di detenzione più lungo. Obiettivo principale è alleggerire gli istituti penitenziari dal carico di detenuti con pene lievi e dunque presumibilmente meno pericolosi: grosso modo un terzo del totale dei presenti, secondo le stime del Dap, dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Ulteriore conseguenza dell’eventuale miglioramento delle condizioni di vivibilità è la riduzione del rischio di esposizione dell’Italia alle condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo per il trattamento degradante dei detenuti.
A scattare la fotografia dell’emergenza è stato il Dap con il consueto rapporto mensile (aggiornato al 30 giugno): 68.258 detenuti presenti, 600 in più del mese precedente, 5mila in più rispetto a un anno fa. Per comprendere l’esatta portata questi numeri, che dicono già abbastanza, bisogna leggerli dietro la lente della capacità degli istituti di penitenziari di assorbire un tale carico di esseri umani. Al 30 giugno tale capacità, cioè la capienza regolamentare delle carceri italiane, è stimata, dalla stessa amministrazione penitenziaria, in 44.568 unità. A conti fatti, in media, 153 persone devono dividersi il posto previsto («regolamentare ») per 100. Ciò equivale ad affermare che tre carcerati dormono in due letti. Oppure, se preferiamo, che il personale dell’amministrazione, in particolare i secondini, ha a che fare con un fenomeno pari a una voltae mezzo quello per cui è chiamato a prestare la propria opera. Con tutto quello che ne consegue in termini di sicurezza o comunque di efficienza del sistema per i detenuti e per gli addetti ai lavori. Non a caso aumentano le aggressioni e i suicidi all’interno delle carceri. L’ultima denuncia sulle pessime condizioni degli istituti di pena italiani, anche se in questo caso si tratta di una struttura sanitaria, è arrivata da Ignazio Marino, senatore del Pd e presidente della commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Ssn, che la settimana scorsa, dopo la visita all’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, ha parlato di «scene ottocentesche ». La delegazione parlamentare ha addirittura trovato un detenuto legato al letto.
Naturalmente ci sono isole meno infelici di altre, ad esempio la Sardegna che vanta il rapporto presenze/capacità più basso della penisola (118). Mentre all’estremo opposto figura l’Emilia Romagna con un quoziente pari a 190. In pratica i posti a disposizione sono la metà di quelli necessari.
Il rapporto del Dap offre l’occasione per leggere anche altri fenomeni che caratterizzano l’universo penitenziario nostrano. Ad esempio, la composizione della popolazione carceraria in base alla posizione giuridica. Rispetto a un anno fa, è sensibilmente diminuita la percentuale delle presenze non a titolo definitivo, in sostanza di detenuti in attesa dell’ultimo grado di giudizio: quasi in parità a giugno 2009 (49,2%) con i condannati in via definitiva, a giugno 2010 il rapporto è sceso al 43,5 per cento.
Altro dato è la presenza di stranieri: contrariamente a quanto la cronaca lascia immaginare, la percentuale è scesa, seppure lievemente, dal 37,1 al 36,6%, sebbene in termini assoluti il numero complessivo di stranieri sia passato da 23.609 a 24.966.
Quanto al Ddl, introduce, di fatto, una ulteriore possibilità di accedere all’esecuzione della pena detentiva presso l’abitazione del condannato o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza. L’ordinamento penitenziario già oggi prevede questa possibilità (per pene anche superiori), ma tendenzialmente su richiesta del detenuto. La nuova formula riguarda invece pene anche più lievi,ma con un’applicazione sostanzialmente d’ufficio. Non resta che sperare che il ddl sia in grado di rimediare al problema del sovraffollamento. Ma la sensazione è che le misure possano solo tamponare la falla.