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 2010  luglio 18 Domenica calendario

QUANTO BELLO GIOCAR DI CONTO

Sei un matematico?. «Sì». «Oh, io no. Non ho mai capito niente di matematica! Ma c’è ancora qualcosa da scoprire in quel campo?».
Questo è un esempio del dialogo che ogni matematico affronta, svariate volte nella sua vita, con le persone più diverse, dopo la scoperta che, per l’appunto, lui è un professionista dei numeri e gli altri no. Superato il misto di piacere narcisista e fastidio che un dialogo del genere comporta, riemerge sempre lo stesso interrogativo: perché così tante persone non e amano e non capiscono la matematica?
Viene spesso in mente il paragone con la musica. La musicalità - il cosiddetto «orecchio» - è una dote che abbiamo quasi tutti, chi più chi meno. E’ molto raro, infatti, che una persona sia completamente stonata, almeno se ci si riferisce all’orecchio assoluto, cioè la capacità di accoppiare i suoni alle note della scala senza un tono di riferimento.
Allo stesso modo, come rivelano i più recenti studi di psicologia cognitiva che sfruttano la risonanza magnetica funzionale, la totale incapacità ad effettuare operazioni aritmetiche è una caratteristica molto rara, nota tra gli specialisti come «discalculia». L’individuo «medio» differisce dal calcolatore prodigio o dallo studioso educato per anni alla matematica soltanto per l’uso che fa delle stesse aree del cervello: la differenza è che nelle persone più dotate o più allenate si evidenzia un uso più intenso e «strutturato» delle aree preposte ai calcoli.
Come il suono precede la nota, così il pensiero simbolico precede il linguaggio matematico nella formazione dell’individuo. Possiamo insegnare ai bambini a suonare un brano musicale senza che conoscano il «sol» o la «semicroma». Si può allora pensare che, prima di introdurre i bambini ai misteri dei numeri e della geometria, sia possibile formarli con tamburi, flauti e trombette matematici. Possiamo sperare così di formare le connessioni profonde del cervello, le radici del pensiero e del pensare matematico. Pochi diverranno «musicisti matematici», ma molti potranno comprendere, meglio di quanto non facciano oggi tanti coetanei, il linguaggio con cui l’uomo sta rivoluzionando il mondo.
Politecnico di Torino
Imparare i numeri da piccoli, giocando a rubabandiera. Che la matematica sia la bestia nera di molti studenti è tanto vero da rasentare il luogo comune, e quelli che la capiscono al volo sembrano baciati da un dono divino. A tutti gli altri spesso non resta che sgobbare duro con risultati spesso mediocri, oppure arrendersi alle insufficienze e ai debiti formativi. In una scuola materna di Cesenatico invece hanno scoperto che se si insegnano i rudimenti di aritmetica e geometria nel modo giusto, cioè giocando, i bambini imparano, eccome se imparano. E magari quando saranno più grandi la matematica non sembrerà più quella materia oscura comprensibile solo a gruppi ristretti di iniziati.
L’esperienza, compiuta negli ultimi due anni scolastici con cento bimbi di 5 anni nella scuola dell’infanzia Villamarina, ha visto all’opera maestre ed esperti dell’Unità operativa di Neuropsichiatria infantile dell’Asl di Cesena: l’obiettivo era valutare gli indicatori precoci dei disturbi dell’apprendimento – esiste anche una patologia specifica, la «discalculia», che arriva a colpire l’1-2% della popolazione -, ma anche potenziare le capacità numeriche e geometriche dei bambini. Ecco perché, rispetto ai programmi tradizionali, le maestre hanno dedicato dalle sei alle sette ore alla settimana a giochi finalizzati a capire i misteri dei numeri. Alla fine dell’anno i risultati sono stati sorprendenti: «Riguardo all’aritmetica, i bambini che hanno sviluppato completamente le abilità di calcolo individuate dagli operatori sono passati dal 15% nel novembre del 2009 al 50% nel maggio scorso – spiega Luigi Gualtieri, direttore della Neuropsichiatria infantile dell’Asl cesenate ”. Per la geometria, i bambini in possesso delle abilità di riconoscimento e denominazione delle quattro figure selezionate sono passati dal 57% all’84%».
Il prossimo anno scolastico, che segnerà il loro debutto alle elementari, gli stessi alunni continueranno a essere seguiti in modo da verificare se i progressi riscontrati grazie ai nuovi metodi possano avere effetti anche sulle future performance. Se così dovesse essere, i nuovi metodi di insegnamento sperimentati con successo alle materne di Cesenatico potrebbero rivelarsi una piccola rivoluzione destinata a rendere più facile per tutti l’apprendimento della materia. In attesa di capirlo, vediamo come sono andate le cose alla scuola Villamarina negli ultimi due anni: in due sezioni di bambini di cinque anni le insegnanti, debitamente formate e assistite da una logopedista, hanno applicato ai giochi i criteri per la comprensione degli elementi base dell’aritmetica e della geometria.
Manuela Geminiani, la maestra che ha coordinato la sperimentazione, racconta: «I bimbi si sono divertiti tantissimo, per loro era diventato un gioco. Per insegnare loro a contare, ad esempio, seguivamo la scansione dei giorni della settimana sul calendario, sia in avanti che all’indietro. Oppure facevamo il gioco del pesce in padella, con le sagome di pesciolini su cui i bambini dovevano soffiare per vedere quanti riuscivano a farne entrare nella padella. Il concetto di zero lo abbiamo spiegato con le caramelle che diminuivano man mano fino ad esaurirsi, e così via». Un’ora al giorno partendo dalle cose più semplici, come il far prendere confidenza ai piccoli col movimento del polso necessario a scrivere materialmente i numeri, perché non è affatto scontato che a cinque anni di età si riesca a disegnare la figura dell’otto: «Allora facevamo dei giochi coi nastri della ginnastica artistica, spingendo i bambini a fare delle spirali nell’aria per far vedere come si muove la mano».
Per memorizzare i numeri poi il vecchio «rubabandiera» è stato uno strumento utilissimo: i bambini in questo caso vengono divisi in due squadre piazzate l’una davanti all’altra e disposti per coppie di avversari identificate ognuna da un numero determinato. L’arbitro che regge la bandiera chiama un numero, e il primo della coppia che riesce a strapparla segna un punto per la propria squadra. Il più classico dei giochi da strada, o da spiaggia se preferite, declinato all’apprendimento dell’aritmetica in piena era digitale. All’inizio e alla fine dell’esperienza le capacità di apprendimento sono state valutate con dei test. Il finale però non cambia: giocando si impara, persino la matematica.