Paolo Viana, Avvenire 18/7/2010, 18 luglio 2010
SETTIMANALI DIOCESIANI, LA SCURE DELLE TARIFFE
La stretta postale sta soffocando la piccola editoria. I settimanali diocesani sono costretti a tagliare dove possono. Qualcuno vede profilarsi all’orizzonte lo spettro della chiusura. «L’impressione di tutti noi – commenta amaro Andrea Fagioli, direttore del settimanale Toscana
Oggi, che copre l’intera regione – è che tutto ciò che fa cultura non goda di particolare attenzione da parte del governo: dalla scuola alla stampa è tutto un taglio e il rischio di un ridimensionamento dell’editoria cattolica in questo Paese è ormai una realtà». L’arcipelago Fisc rilancia dunque l’allarme lanciato dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio, che nel corso di un convegno sul Monte Baldo, in provincia di Verona, subito dopo l’inasprimento delle tariffe aveva denunciato la ’solitudine’ di Avvenire nel panorama dei quotidiani nazionali. L’appello è stato subito raccolto dai settimanali cattolici, a partire da quelli del Triveneto che hanno criticato duramente il blocco delle agevolazioni, «giunto con le campagna di abbonamento chiuse, senza la possibilità per le aziende di attivare strategie alternative». Una situazione che finirà per scaricarsi sulle tasche degli abbonati: «Bisogna fare attenzione che il risparmio postale ottenuto dal governo – hanno scritto i direttori dei settimanali cattolici – non si traduca in un costo sociale ed economico ben maggiore», sia in termini di posti di lavoro che di impoverimento dell’offerta editoriale sui territori. Lo ribadisce oggi don Alberto Margoni che dirige Verona Fedele : «Speriamo in una riapertura del tavolo aperto in parallelo alla trattativa tra le Poste e la Fieg. La situazione sta diventando insostenibile e sul piano politico è un attentato bello e buono al pluralismo informativo. Noi cerchiamo di mantenere alta la qualità del nostro giornale, ma da aprile abbiamo dovuto contabilizzare maggiori costi per 60.000 euro». Il 90% della tiratura di questo settimanale è diffusa a mezzo posta. «I nostri abbonati rappresentano il 75% delle vendite – spiega invece Andrea Fagioli – ma le copie che vengono vendute dalle parrocchie giungono anch’esse a destinazione grazie a Poste italiane, quindi il problema è più ampio».
C’è chi ha dovuto addirittura azzerare progetti elaborati per anni, come Il Ponte di Rimini: «A gennaio eravamo diventati bisettimanali. Siamo tornati all’edizione settimanale - spiega don Giovanni Tonelli -, insomma abbiamo fatto marcia indietro, spiegando le nostre ragioni ai lettori». Stessa sorte toccata ad altri settimanali diocesani. Il Corriere Cesenate ha ridotto numeri e foliazione. Fidenza sta valutando di far passare da settimanale a quindicinale. Il settimanale di Taranto sta valutando un ridimensionamento. Preoccupazioni anche alla Valsusa. Inquietudini e tagli (allo studio o già effettivi) anche a Belluno. Il Piccolo di Faenza ha ridotto la foliazione di 4-8 pagine e deciso due uscite in meno. Don Davide Maloberti direttore del Nuovo Giornale di Piacenza annuncia di aver già tagliato 4-8 pagine. A Ferrara hanno deciso la chiusura del settimanale
Voce per i mesi di luglio e agosto.
Ridimensionamento anche per la Vita del popolo di Treviso. «Avevamo fatto il salto al bisettimanale: ci è toccato pagare doppia tariffa postale e non abbiamo neanche incassato i contributi all’editoria che avevamo previsto, perché sono stati congelati», commenta il direttore don Lucio Bonomo. Che la situazione si modifichi, aggiunge, ci sono ’poche speranze’. Anche Sergio Nuvoli, direttore de Il Portico di Cagliari è pessimista: «l’inasprimento tariffario è una pessima sorpresa; taglia le gambe a opere che si reggono quasi esclusivamente sul volontariato e che proprio per questo sono riuscite, finora, ad essere strumenti di giudizio veramente indipendenti, anche dai condizionamenti economici». Lo stesso clima si respira nella diocesi di Alghero-Bosa: secondo don Antonello Mura che dirige Il Dialogo «i tagli influenzano notevolmente la programmazione del nostro lavoro. Le nuove tariffe ci costringono a rivedere progetti in corso o a non farne proprio. I costi sono già lievitati del 120% e non abbiamo altra soluzione che farcene carico».