MARIA PIA FUSCO, la Repubblica 18/7/2010, 18 luglio 2010
MISTER TITANUS L´ULTIMO FILM
Goffredo Lombardo avrebbe voluto fare il medico, ma mantenne la promessa fatta al padre Gustavo di occuparsi dell´impresa di famiglia. E per fortuna, perché l´impresa era la Titanus, senza la quale la storia del cinema italiano sarebbe stata meno gloriosa. Il cinema fu passione per Gustavo Lombardo fin dagli albori, dal 1904, quando fondò la casa di produzione Film Italiana, diventata nel ´17 Lombardo Film e dieci anni dopo Titanus con il celebre marchio dello scudo con cui cominciò la distribuzione. Con tanto padre e la madre, Leda Gys, star del muto - il nome lo aveva inventato Trilussa - Goffredo Lombardo non poteva sfuggire al destino e alla morte del padre nel 1951 gli successe alla guida della Titanus. A novant´anni dalla nascita (a Napoli il 15 maggio 1920) e a cinque dalla morte (Roma, 2 febbraio 2005), il figlio Guido ha deciso di evocarne il ricordo con un documentario e ha scelto il titolo L´ultimo Gattopardo, perché «mio padre aveva la stessa eleganza nei modi del principe, lo stesso rispetto degli altri, dal macchinista al presidente della Repubblica. Io cerco di continuare il suo lavoro, di fare come lui, ma sento ancora la sua mancanza, è difficile andare avanti da solo».
Il documentario, che sarà presentato a Venezia il 7 settembre, è di Giuseppe Tornatore. «Quando Guido me lo ha chiesto non ho esitato, Goffredo è stato molto importante, devo a lui il mio primo film», dice il regista, il quale ha raccolto quarantotto testimonianze di persone che con Lombardo hanno lavorato, compresa la mitica segretaria Cesarina, e le ha ambientate in una sala davanti a uno schermo sul quale scorrono le immagini di film Titanus. «Ci sono tutti i generi, dai mélo come Tormento e Catene alle commedie, la serie Pane amore, Poveri ma belli, fino ai grandi autori, Fellini, Rosi, Monicelli, Risi, De Sica, Scola, Visconti, Loy. Non mi viene in mente nessuno che non abbia lavorato con lui perché, accanto al cinema cosiddetto commerciale, Lombardo ha fatto esordire molti registi, da Petri a Giannetti, e ha aiutato autori come Olmi, Squitieri, Argento».
Tra gli attori intervistati, Sophia Loren - da Pane amore e… a La ciociara - ricorda che «fu Lombardo a cambiarmi il nome da Sofia Lazzaro a Sophia Loren, ispirato a Marta Toren, un´attrice svedese allora di successo». Mentre Virna Lisi, protagonista delle produzioni tv Titanus, dice che «se Goffredo non era contento dei materiali non diceva nulla, se era contento trovavi i fiori a casa». Se Dario Argento ricorda commosso «il coraggio con cui produsse un film non facile come L´uccello dalle piume di cristallo», Tornatore è rimasto colpito da Gianni Morandi. «Sperava di diventare un attore, invece capì che Goffredo fece il cinema dei "musicarelli" usandolo come cantante. Non erano importanti i personaggi o la storia, aveva intuito che il film avrebbe funzionato solo se riproponeva le stesse emozioni di una canzone di successo. E aveva ragione».
A parte la divertita osservazione che «il cinema mantiene giovani, l´età media degli intervistati è di settant´anni e sono tutti energici e in forma», da L´ultimo Gattopardo Tornatore ha riportato l´impressione «del ritratto di un uomo che amava il cinema, ma che era disposto a sacrificare tutto per valori come la dignità e l´onestà». Il segno è nella gestione della crisi vissuta negli anni Sessanta, dopo Il Gattopardo e i problemi successivi. Uno dei principi di Lombardo, dice Tornatore, «al contrario di altri produttori, era quello di portare gli americani in Italia. Per Il Gattopardo fu lui a volere Burt Lancaster, malgrado la diffidenza di Visconti». Alain Delon racconta che Lombardo andò da Lancaster e gli disse che Visconti avrebbe fatto il film solo con lui. «In Italia disse a Visconti che Burt conosceva tutti i suoi film e organizzò l´incontro, lasciandoli soli. Non si sa come andò, ma il film si è fatto. Sul set all´inizio Visconti trattava Burt piuttosto male, poi lo ha adorato», dice Delon e ricorda anche che anni dopo «mi diede la sceneggiatura de La prima notte di quiete di Zurlini. La lessi e dissi "lo faccio". "Guarda nel cortile", disse lui. "Non c´è niente, solo una Ferrari". " tua". Questo era Lombardo. Sono sincero, a lui e a Visconti devo tutto».
Dopo il ´62, con i costi de Il Gattopardo - tra i quarantacinque e i cinquanta milioni di euro di oggi - e l´uscita contemporanea di film come Il disordine e Le quattro giornate di Napoli e il disastro di Sodoma e Gomorra di Robert Aldrich, «comincia la crisi. Lombardo è in difficoltà con le banche, è nella condizione di fallire. Ma conosce un esperto di finanza, analizzano la situazione per un giorno intero fino alla conclusione: "Non falliamo ma vendiamo tutto". E Lombardo vende il patrimonio personale, le case, le cose preziose, la macchina, tutto meno i gioielli della madre. A lungo girerà con una 500 verde. Un italiano che vende tutto! E che non cerca appoggi dai politici, né dalla Dc né dal Psi, di cui sembra fosse simpatizzante», ricorda Tornatore.
Secondo Ermanno Olmi, Lombardo «è stato quello che si dice un fesso. Ma oggi avremmo tanto bisogno di quel tipo di fessi! Pagò tutti, anche le iene che si scatenarono usando la truffa: doveva uscire pulito». Olmi, che allora lavorava alla Edison, lo aiutò a trovare la partecipazione alla società al settanta per cento. «Gli restava il trenta per cento e il marchio Titanus, una scatola vuota», dice Tornatore. «Ma non si arrese, e pur continuando a produrre film d´esordio, intuì il filone dei musicarelli, interpretati da cantanti famosi, così come poco dopo intuì l´importanza di produrre serie tv, e fece La Romana, Edera, La cittadella, Orgoglio. In qualche modo era impiegato di se stesso e cercò di riprendersi il cinque per cento ogni anno».
Leggendario è il rapporto con gli autori. Con Visconti per esempio, che in sala di montaggio non voleva nessuno. Lombardo approfittò di due giorni di assenza di Visconti per vedere di nascosto Il Gattopardo. Che alla fine durava tre ore e un quarto. «So che lei ha sofferto per questo film, lo taglierò», propose Visconti. «Lei non tocca un fotogramma del "mio" film!», rispose Lombardo. E rara è l´amicizia tra produttori, come quella che lo legò a Cristaldi. Ricorda Tornatore: «Cristaldi avrebbe dovuto fare Rocco e i suoi fratelli ma accettò che Visconti lo portasse a Lombardo. Anni dopo un regista portò a Lombardo una sceneggiatura. La lesse e disse "mi piace, ma non lo faccio". Il regista ero io, il film era Nuovo cinema Paradiso, lo fece Cristaldi».
Il rapporto di Tornatore con Lombardo viene da lontano. «Ci siamo conosciuti nei primi anni Ottanta, Giuseppe Ferrara girava Cento giorni a Palermo e io ero il presidente di una cooperativa di giovani che collaborava alle riprese. Procuravo gli incontri con le vedove della mafia, firmavo le cambiali. Finché Lombardo si rese conto che il film sforava di una settimana e bloccò i pagamenti. Recuperammo inventando una seconda unità, e affrettando le riprese. Lombardo rimase colpito e riprese a pagare. Quando decisi di fare il film Il camorrista dal libro di Giuseppe Marrazzo, mi piaceva perché parlava della camorra dall´interno, Lombardo all´inizio rifiutò, diceva che il filone era esaurito. Ma il mio principio è "tutte le volte che dicono no, fai come se fosse sì". Abitavo a Roma, una stanza al Quarticciolo, portavo la barba per sembrare più grande. Conoscevo l´agente di Ben Gazzara, gli parlai del film. Io avevo fatto il documentario Diario di Guttuso, Gazzara ammirava Guttuso, lo chiamò per informarsi su di me. "Peppuccio? Ma sì, il figlio del compagno Tornatore!", rispose Guttuso. Era fatta. Feci la conferenza stampa con Gazzara e annunciai che il film lo avrebbe prodotto la Titanus di Lombardo. Mi chiamò: "Sei un gran figlio di mignotta, e ne ho conosciuti tanti. Mi hai sistemato". E produsse il film».