Stefano Salis, Il Sole-24 Ore 18/7/2010;, 18 luglio 2010
E NERUDA DIVENT TIPOGRAFO
No. Non arrivò in treno, come non poteva ma asseriva di avere fatto, Pablo Neruda, quel caldo pomeriggio del 1962, ad Alpignano, appena fuori Torino, per andare – finalmente! – a trovare e conoscere di persona Alberto Tallone e sua moglie Bianca. I ricordi tradiscono, si sa, ma gli scritti e le testimonianze di chi c’era servono a ristabilire la verità, anche in piccoli dettagli biografici. Neruda e Matilde Urrutia arrivarono accompagnati in macchina dall’ispanista Giuseppe Bellini: ma il treno, o meglio la locomotiva, ovviamente, c’entra lo stesso. Perché era un’altra delle passioni che, si seppe così immediatamente, accomunava Tallone e il grande poeta cileno.
E infatti, aspettando Neruda, ricorda Bellini, «per ricevere tanto illustre ospite, il padrone di casa aveva acceso del fuoco nella locomotiva che fronteggiava la sua dimora e fumo denso si levava in cielo. Neruda non stava più in sé dall’entusiasmo e subito lui e Tallone si strinsero in un abbraccio fraterno, cui corrispose quello di Matilde con Bianca». Qualche giorno dopo quel festoso, magico, incontro del 7 giugno, in cui il poeta vide l’officina tipografica,compulsò i venerati caratteri talloniani, provò l’ebbrezza di stampare una pagina nutrendo di pastoso inchiostro la macchina tipografica o esibendosi su un tirabozze, e che fu suggellato da vino bianco e pranzetto sobrio, i Neruda scrivevano una cartolina (ecco la fonte scritta) da Arezzo ai Tallone. Oltreché per ringraziarli («la vostra casa, la vostra tipografia leggendaria, il vino, la vecchia casa col salone rossoaranciogranata, il magnifico bistrot e la locomotiva la cui fumata è ancora nei nostri cuori») anche per gettare le basi per qualche futura collaborazione. «Ho inviato per voi il Sumario (si riferisce al Sumario. Libro donde nace la lluvia, ndr) a Bellini. totalmente inedito, perfino in spagnolo. Ho anche scritto a Bellini dei progetti su un Bestiario eun
Herbario e i miei 20 Poemi d’amore. Di tutto ciò scegliete quello che vi piacerà e il resto gettatelo nella locomotiva, perché questa fumata renderà giustizia ». A parte la licenza poetica del finto understatement, i progetti con Tallone andarono, eccome, a buon fine. Il Sumario uscì nel 1963 (nelle due versioni, italiana e spagnola), poi seguì una lunga fedeltà, un sodalizio stretto tra Neruda e l’editore,che si concretizzò in una serie di opere pubblicate nelle elegantissime, artigianali, ricercatissime edizioni talloniane, la maggior parte delle quali Alberto ”morto ad Alpignano il 24 marzo 1968 – non fece in tempo a vedere. Né La Copa de Sangre (1969), né il discorso del cileno a Stoccolma: un Nobel (arrivato nel 1971) che dunque non poté essere festeggiato dai due amici, né, ovviamente, le opere più recenti, nelle quali è la mano sicura e meticolosa di Enrico, figlio di Alberto, a continuare la eccellente tradizione tipografica dei Tallone.
Un testo di centrale importanza nella collaborazione tra il poeta e l’editore piemontese non poteva essere questa Ode alla tipografia ,
ora ristampata in tiratura limitata di 220 copie e in fine carta di Sicilia (prenotatela!), dopo una prima edizione talloniana del 1983,«stampata – spiega Maurizio Nocera,in un saggio che correda la presente ristampa – da Aldo ed Enrico Tallone, amorevolmente guidati da Bianca». Ovviamente per il testo: un’ode di struggente bellezza (e verità) sull’estetica della pagina stampata, scritta da un poeta che alla sensibilità lirica univa una non comune consapevolezza manuale dell’oggetto libro. Immortalata da quella dichiarazione d’amore da brividi per le lettere – lo vedete nel brano che riportiamo – che solo chi davvero ama i bei libri e la scrittura può condividere e nella quale può immedesimarsi.
Ma anche per una piccola coincidenza; non sappiamo se verificata o no. Certo l’ipotesi è parecchio suggestiva. Neruda scrive questa
Ode alla tipografia nel 1955 a Isla Negra. L’incontro con Tallone, come abbiamo visto, è del 1962. Eppure nel testo, proprio nella parte finale, il poeta sceglie di celebrare tre sole lettere dell’alfabeto (altre ne ha descritte prima): la A («di gloriosa avena»), la T «(di trigo e torre») e la M («come il tuo nome / di mela»). Se è facile pensare, per la M, all’iniziale di Matilde Urrutia, la sua amatissima sposa, Maurizio Nocera suggerisce che la A e la T fossero state scelte proprio in onore di Alberto Tallone. Lo stesso Neruda, del resto, autorizza l’ipotesi e ci dice, in un discorso inedito pubblicato in questa edizione, che «di Tallone ho ammirato fin da prima di conoscerlo i suoi bei libri, la sua immaco-lata tipografia creata da lui stesso, come Gutenberg pure creò i propri caratteri». Sarebbe la conferma di un destino tra due amanti del libro e della tipografia – insieme di tecnologie, di precisione,di dedizione ”che,comunque,si erano già incrociati sotto altri auspici.
Lo fa notare lo stesso Enrico Tallone, raccontando in un altro saggio del libro, il particolare "incontro" a distanza che avvenne nel 1938. Durante la guerra civile spagnola fu stampato nel monastero di Montserrat un libro di poemi nerudiani, impresso su carta prodotta con mezzi di fortuna. Il frontespizio fu stampato con i nitidi tipi classici Ancien Romain, incisi dalla fonderia Deberny e scelti da Neruda in persona. Ebbene, con gli stessi caratteri di Deberny et Peignot, Tallone, nello stesso momento, era ai suoi esordi parigini di stampatore, con un’edizione delle poesie di Foscolo. «Era scritto nelle nere stelle dell’inchiostro – chiosa Enrico Tallone – come in quelle dorate della poesia che l’incontro del forgiatore di parole con il regista dei libri, rabdomanticamente uniti dalle scelte estetiche, dovesse un giorno avverarsi».
Quando Tallone morì, fu Bianca a scrivere a Neruda la notizia. Il poeta ricordò l’editore da par suo, in un discorso che tenne agli amici e che, scritto, vibra di una commozione speciale. «Addio, Alberto Tallone, grande stampatore, buon amico: prima portavi una luce brillante nei tuoi occhi, ora in loro viaggia la notte. Ma nei tuoi libri,piccolicastelli dell’uomo,andarono a convivere la bellezza e la chiarezza: e da quelle finestre non entrerà la notte». I libri di Tallone ci accompagnano ancora ed è bello sapere che questa storia sia accaduta e sia tutta vera. Non poteva essere altrimenti: del resto, ogni libro prodotto ad Alpignano è un’ode
alla tipografia. E perciò è bene che risuoni a lungo, come il fischio di una piccola locomotiva che non si vuole e non si deve fermare.