Leopoldo Benacchio, Il Sole-24 Ore 18/7/2010;, 18 luglio 2010
TUTTA ITALIANA LA TRIVELLA DI MARTE
Sarà al 99% italiano il sofisticato trapano che nel 2018 effettuerà per la prima volta un carotaggio del suolo di Marte. Verrà montato nella costosa, ma irrinunciabile, sonda Exomars di Esa, l’Agenzia spaziale europea. infatti tricolore la migliore tecnologia in questo campo: sa andare fino alla profondità di 200 centimetri mentre quelle concorrenti non superano i 60. Non c’è storia: capire se c’è acqua sotto la crosta di Marte sarà affare nostro. In particolare, della Galileo Avionica di Milano, che ha già attrezzato egregiamente la sonda europea acchiappa-comete Rosetta.
Nei prossimi 10 anni, le tecnologie italiane consolideranno anche il vantaggio acquisito nell’osservazione della Terra con la tecnologia radar, grazie alla costellazione di satelliti duale, civile e mi-litare, CosmoSkyMed. Qui i primi attori sono Thales Alenia Space (67% Thales e 33% Finmeccanica) e Telespazio (67% Finmeccanica e 33% Thales). I satelliti sono tre, diventeranno quattro a ottobre, e grazie al radar "vedono" il suolo anche attraverso le nuvo-le, a differenza di quelli che usano la luce visibile per osservare la Terra. Grazie a Cosmo, ad esempio, abbiamo saputo in tempo reale quanto grave fosse il terremoto che ha colpito l’Aquila il 6 aprile 2009: la città in pochi attimi era "scesa" di 28 cm. Un know-how invidiabile, che sarà potenziato nei prossimi anni anche grazie a vari accordi previsti con paesi come Argentina, Brasile o Kenya.
Con Israele pensiamo invece di sviluppare il campo degli strumenti capaci di osservare la Terra simultaneamente in molte altre lunghezze, come il prototipo Prisma, che andrà in orbita nel 2011. Strumenti capaci di riconoscere nel contempo sia le forme degli oggetti sulla superficie terrestre, sia la loro composizione chimico-fisica. Tutto questo produrrà una valanga di dati con caratteristiche anche molto diverse delle stesse zone della Terra: ecco allora la necessità di sviluppare ancora di più le capacità e i Centri per il "data fusion", la correlazione di dati che fornisce nuove informazioni sullo stato della superficie terrestre, dal monitor delle frane all’abusivismo edilizio al controllo delle rotte delle navi. Informazioni sempre più richieste da istituzioni pubbliche, ma anche industria e privati. Un business in sicura crescita, come insegnano i recenti accordi fra Google e l’italiana e-Geos. Da ultimo un ritorno importante nel campo delle telecomunicazioni dallo spazio, dove siamo stati ben presenti dal 1977 al 2002, ma da cui siamo ora totalmente assenti. Questi i punti salienti del piano strategico 2010-2020 dell’Asi, l’Agenzia spaziale italiana, che – ci ha anticipato il suo presidente, Enrico Saggese – dev’essere scritto e spedito per l’approvazione al ministro dell’Istruzione,Università e Ricerca Maria Stella Gelmini entro l’estate, come previsto da una legge specifica anche per gli altri Enti di ricerca. Ma per Asi questo sembra essere tutto meno che un adempimento burocratico. In molti punti troviamo la prosecuzione di quanto fatto finora, come nel campo dell’esplorazione dell’Universo, ma per altri si propone un mutamento radicale, come nelle telecomunicazioni o nel campo dei piccoli satelliti. Qui Asi pensa sia meglio non svilupparli più, ma vuole invece piazzare i propri strumenti in satelliti comuni con altri partner, con un notevole beneficio per la nostra industria nazionale più qualificata in questo campo.
«Portare uno strumento italiano in orbita può costare anche 300 milioni – dice Saggese – perché sono costretto a farci attorno anche un satellite e lanciarlo. Con gli stessi soldi e con i partner adatti, riesco a far fare alla nostra industria dieci strumenti da lanciare insieme ad altri».
E il problema dei fondi non è banale in un momento di crisi come questo: il bilancio di Asi, per i prossimi 11 anni, è di 7,2 miliardi di euro e comprende i fondi attesi dalla Ricerca (600 milioni l’anno), oltre a quelli dalla Difesa per la costellazione CosmoSkyMed e il satellite Athena Fidus. Tolto il 53% destinato al contributo che l’Italia deve alla Agenzia spaziale europea e detratte altre spese di mantenimento, per i programmi spaziali nazionali resta il 33 per cento.
Ecco quindi la necessità di recuperare risorse formando altre società miste sulla scia di e-Geos, la società che ha come soci Asi e Telespazio e commercializza i dati civili di CosmoSkyMed producendo già utili.
Per finanziare il rientro nelle telecomunicazioni, supportato anche dal nostro governo, si spingerà ancora più in là questo modello di finanziamento Ppp, Public Private Partnership.
«Le telecomunicazioni dallo spazio sono un campo in cui la profittabilità è altissima e l’Italia, in quanto Stato sovrano, ha diritto a posizioni orbitali favorevolissime e bande di frequenze che rischia di perdere se non verranno utilizzate», conclude Saggese. Non sarà facile, visto che le frequenze "italiane" sono in gran parte occupate dai grandi consorzi privati internazionali e che anche altri stati, come la Germania, stanno pensando di aumentare la presenza nelle Tlc da satellite.