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 2010  luglio 18 Domenica calendario

SENZA FUTURO LA MET DEGLI AEROPORTI

Altolà alla polverizzazione aeroportuale e alle guerre di campanile: sono 24 (la metà di quelli oggi in funzione) gli scali che dovranno essere chiusi o drasticamente ridimensionati perché hanno un bacino di traffico insufficiente o vincoli infrastrutturali insuperabili. A questi scali lo Stato non dovrà più fornire nessun aiuto o sostegno finanziario, promuovendo lo spostamento del traffico verso scali più efficienti. Ci sono vittime illustri come Brescia Montichiari, Cuneo, Foggia, Roma Ciampino. Altri dieci scali conquistano la serie B e diventano recuperabili in quanto primarie «riserve di capacità del sistema »: tra questi il nuovo aeroporto di Viterbo su cui, per altro, le perplessità non vengono meno. Solo 14 sono gli scali davvero strategici che guadagnano un posto nella serie A: in testa ci sono i tre gate intercontinentali Fiumicino, Malpensa e Venezia, intorno ai quali bisogna costruire la strategia di sviluppo del paese.
 pronto il Rapporto sulle strategie di programmazione per il sistema aeroportuale italiano che l’Enac, l’ente nazionale dell’aviazione civile, ha trasmesso nei giorni scorsi al ministero delle Infrastrutture. Il documento, messo a punto da One Works, Kpmg e Nomisma, è il nocciolo del futuro piano nazionale degli aeroporti, come ha detto Matteoli. L’orizzonte temporale è lo sviluppo nei prossimi venti anni. L’idea-chiave è che occorre fare scelte razionali in linea con i principali paesi europei: favorire la massima concentrazione sui tre sistemi aeroportuali maggiori, adeguando le loro infrastrutture e raccordando altri scali dell’area.
Fiumicino che oggi fa 39 milioni di passeggeri con Ciampino può arrivare nel 2030 a 80 milioni con un mini- Ciampino e il nuovo scalo di Viterbo. Malpensa oggi fa 19 milioni di passeggeri, può arrivare a 46 con Linate specializzato come city airport (da 9 a 11 milioni). Il sistema Venezia-Treviso può passare da 8,5 milioni di passeggeri annui a 20. Per fare tutto questo occorrono investimenti, adeguati e in fretta.
Viterbo è il caso più spinoso di programmazione aeroportuale.
La politica nazionale e locale lo vuole, i tecnici non lesinano perplessità. Il compromesso alla fine è questo: si sviluppi pure il nuovo scalo se non si vuole puntare sull’espansione di Fiumicino anche al traffico low cost (la soluzione considerata più razionale ed europea), ma a condizione che questo non comporti un’eccessiva dispersione di risorse per le nuove costosissime infrastrutture ferroviarie e stradali di collegamento. Liberamente tradotto: se proprio la politica deve fare Viterbo per ragione di consenso, lo si metta in programma, ma si valutino bene i costi infrastrutturali perché le probabilità che risultino una follia sono elevate.
Il rapporto coordinato da Giulio De Carli (One Works) è il primo a dire chiaramente le cose fondamentali da fare per il nostro sistema aeroportuale. Anche Ercole Incalza, primo collaboratore di Matteoli e coordinatore della commissione ministeriale messa in piedi sulla pianificazione aeroportuale, la vede in questo modo.
La prima conclusione di policy del piano è che l’era della proliferazione spontanea degli scali è finita, ora è il momento di fare sistema a livello nazionale e a livello di macro-aree. « anche l’ora di dire agli enti locali che bisogna fare scelte impopolari e non sono più sopportabili gli sprechi per scali che sono mal collocati, mal collegati e sottocapitalizzati», dice il presidente di Enac, Vito Riggio. Lo studio costituisce la base per queste scelte.
Anche a livello di area e di singolo scalo si comincia a comprendere ora quanto sia utile la «nuova programmazione», capace di far incontrare le previsioni a breve del mercato del trasporto aereo e quelle di lungo periodo di sviluppo del territorio. Addio alle vecchie modalità di pianificazione dirigiste che risalgono agli anni ’60: da anni è nata negli Usa e in Europa una nuova generazione di piani aeroportuali il cui obiettivo è esclusivamente catturare il mercato per portarlo su un territorio, vincendo la competizione con altri territori. De Carli oggi non vuole commentare lo studio (è ancora tenuto alla riservatezza) ma in passato ha rilevato che i progressi di Malpensa nell’ultimo anno, quando l’obiettivo era uscire dalla crisi Alitalia, sono il miglior riconoscimento di questa nuova pianificazione in Italia.
La seconda conclusione del rapporto è che il forte aumento del traffico previsto al 2030 (si dovrebbe passare dagli attuali 130 milioni di passeggeri a un traffico compreso fra 243 e 295 milioni con incrementi compre-si tra l’ 87 e il 127%) è un potenziale straordinario che metterebbe l’Italia in linea con i più importanti paesi europei, ma rischia di essere perso se non si adeguerà rapidamente la capacità dei nostri scali aeroportuali più importanti. Senza investimenti urgenti Fiumicino raggiungerà la saturazione già nel 2017.
Il terzo aspetto riguarda la rete ferroviaria e stradale di accessibilità agli scali. Qui il principio della concentrazione dovrebbe guidare ogni scelta politica razionale: non solo occorre razionalizzare i piani Anas e Fs, che ormai stentano sempre più a trovare risorse pubbliche, ma concentrare il traffico aereo su un numero di scali limitati vuol dire anche evitare investimenti infrastrutturali di collegamento costosi e poco utili. Concentrare è la parola chiave del rapporto. Se poi le infrastrutture davvero fondamentali del paese – l’alta velocità ferroviaria e gli aeroporti intercontinentali – fossero davvero messe in rete e raccordate tra loro, allora l’Italia farebbe quel salto di qualità che al momento sembra ancora molto lontano.