Mario Platero, Il Sole-24 Ore 16/7/2010;, 16 luglio 2010
A WALL STREET SCATTA L’ORA DELLE REGOLE
La riforma del sistema finanziario americano è legge. Il Senato ha superato ieri, attorno alle 14.40 ora di Washington la soglia dei 51 voti necessari per approvare in fase di riconciliazione il pacchetto già passato dalla Camera, che cambierà il volto del mondo bancario e finanziario americano. Pochi minuti dopo, in un pomeriggio di caldo torrido a Washington con il termometro che ha sfiorato i 38 gradi, il voto finale: 60 voti favorevoli, 39 voti contrari. Per la prima volta, un voto con parvenza bipartisan: il passaggio al Senato è stato possibile grazie all’adesione di tre senatori repubblicani: Scott Brown, Olympia Snow e Susan Collins che hanno ottenuto concessioni importanti per i loro stati, come l’eliminazione di una tassa di 19 miliardi di dollari sulle banche o esenzioni da certe regole per certi fondi pensione.
Le nuove norme metteranno fine «agli affari loschi» che hanno danneggiato il sistema finanziario americano, «tuteleranno i consumatori » e «metteranno fine al tempo dei salvataggi pubblici: ai contribuenti non sarà più chiesto di scendere in campo per riparare gli errori di Wall Street» ha commentato il presidente Barack Obama. Anche per il presidente della Fed, Ben Bernanke «La riforma approvata rappresenta un importante passo in avanti per prevenire il ripetersi di una crisi».
La solenne firma di Obama verrà apposta la prossima settimana.
Anche sel’atto a questo punto sarà formale, si tratterà comunque di una firma storica ed esorcizzante. Era dal Glass Steagall Act del 1933, che separò drasticamente le attività di banca commerciale da quelle di banca d’affari dopo la crisi del 1929, che non si aveva una riforma finanziaria di questa portata in America. Oggi le imposizioni saranno meno dure e incisive di allora. Non vi saranno ad esempio «spezzatini» di banche «troppo grandi per poter fallire» o troppo esposte al rischio.
Alcuni, e fra questi l’economista Paul Krugman, ma anche uno degli ispiratori della riforma, Paul Volcker, dicono che non si è fatto abbastanza. Resta il fatto che dopo la liberalizzazione del settore per rispondere, si diceva, alle sfide della globalizzazione, nel 2010 si fa marcia indietro. Le banche commerciali non potranno investire per conto del proprio portafoglio in operazioni di trading o speculative, in operazioni hedge o di private equity ad esempio, per una percentuale superiore al 3% del proprio capitale. Le banche che vorranno fare di più dovranno lasciare il settore commerciale (che consente di raccogliere depositi dai clienti) e concentrarsi su quello di trading. Oppure dovranno creare delle controllate separate. Vi saranno anche limiti e meccanismi di controllo del rischio e nuovi poteri di supervisione da parte della Federal Reserve. Sarà istituita una nuova agenzia per la protezione dei consumatori, per difendere gli ingenui da prestiti facili, attraenti sulla carta, ma molto onerosi in termini pratici, come abbiamo visto nel caso dei prestiti subprime. Vi saranno nuove misure di trasparenza, attraverso clearing houses e veri e propri mercati ad hoc, per i fondi hedge e per prodotti derivati. E mille altre regole minori - e ancora per molti versi sconosciute - contenute nelle 2300 pagine del testo di legge.
Sul piano simbolico, si chiude uno dei periodi più gravi della storia finanziaria americana. Un periodo caratterizzato da due anni di crisi senza precedenti, dalla fine di istituzioni finanziarie secolari e in apparenza solide, come Lehman Brothers, Merrill Lynch, Bear Stearns. Da una crisi immobiliare senza precedenti negli ultimi 70 anni. Tutto, dicono gli economi-sti, gli esperti e gli stessi banchieri durante drammatiche audizioni in Parlamento, per una oggettiva mancanza di limiti ai rischi che potevano essere sottoscritti dalle istituzioni finanziarie americane. Il nuovo progetto dovrebbe portare maggiore razionalità. Ma i critici dicono che porterà anche più regole, rigidità e una maggiore difficoltà per l’accesso al credito. Comunque sia per Obama si tratta di un’altra vittoria politica. L’ennesima con un risvolto amaro: non si è ancora tradotta in consensi presso l’opinione pubblica.