ALESSANDRO PENATI, la Repubblica 17/7/2010, 17 luglio 2010
I GIOCHETTI DI BORSA E IL FORMALISMO CONSOB
Siamo la sesta economia mondiale, ma abbiamo una Borsa da paese in via di sviluppo. Poche società quotate; prevalentemente banche, assicurazioni, società a controllo pubblico, o frutto di privatizzazioni, e un risicato manipolo di grandi aziende private (le stesse da 20 anni). Assenti, le tante imprese medie che formano l´ossatura del nostro sistema produttivo. La quotazione facilita acquisizioni e fusioni, perché i titoli quotati sono lo strumento più comunemente utilizzato per crescere; impone la trasparenza necessaria per il rating e l´accesso al mercato dei corporate bond; e riduce il costo del credito bancario, perché la liquidità dei titoli quotati è una delle migliori garanzie per il creditore. Questa Borsa stentata rappresenta quindi un costo per il Paese: non serve alla crescita dimensionale delle nostre aziende, che rimangono sotto dimensionate rispetto a un mercato e una concorrenza sempre più grande e globale; e che dipendono così dall´autofinanziamento e dai prestiti di un sistema bancario bolso.
Ma la responsabilità principale di questa situazione è degli imprenditori nostrani che hanno quasi sempre sfruttato opportunisticamente la Borsa, grazie anche alla connivenza di un gruppetto di banche (e relativo codazzo di consulenti), pronte ad avallare qualsiasi operazione o valutazione, a prescindere dagli interessi di migliaia di investitori, fedeli all´imperativo di chi paga le loro laute commissioni.
In Borsa si entra nei momenti di euforia, per rifilare a caro prezzo una quota minoritaria del capitale: toglietemi tutto ma non il controllo. Dopo di che, la Borsa non serve più, se non per chiedere aiuto se c´è una crisi da eccesso di indebitamento (Camfin, Seat, Pirelli Re, Tiscali, Stefanel). Il gioco funziona anche in senso inverso. Quando i prezzi sono molto bassi, si offre un contentino ai piccoli investitori, e si ritira la società dal mercato, per essere liberi di farla crescere, ristrutturarla, venderla, fonderla, senza che si debbano spartire gli eventuali benefici. Negli ultimi anni, ci sono state circa 30 Opa per ritirare società. Ultima, Gewiss: sana e ben gestita, ma piccola rispetto alla concorrenza internazionale. La tipica impresa media italiana, governance inclusa: un misero 25% di flottante, col proprietario che è anche presidente, amministratore delegato e direttore generale. Adesso si è stufato dei soci di minoranza e si vuole ricomprare le quote, col credito fornitogli da Centrobanca, a un prezzo che, per Banca Leonardo, è quello giusto. Per farne che? «Per perseguire la valorizzazione attraverso l´espansione dell´attuale attività e il perseguimento di una strategia di sviluppo...», dice il Prospetto: come se lo sviluppo interessasse solo all´azionista di controllo; il quale, dovendo «prendere decisioni operative il cui effetto è difficilmente valutabile a priori...», vuole evitare questi rischi alle minoranze. Tradotto: vuole avere le mani libere per fare quello che vuole, e accaparrarsi eventuali benefici.
Ma il gioco preferito rimane l´operazione con parte correlata. Actelios è una società quotata della famiglia Falck, dal flottante ridotto (32%), sbarcata in Borsa nel 2003 per avvantaggiarsi dei facili entusiasmi per le energie rinnovabili (e i generosi sussidi pubblici). Azienda liquida, redditizia, con 95 milioni di fatturato, a cui viene fatta però comperare un´altra società (sempre dei Falck) non quotata, con fatturato analogo, ma con ben 615 milioni di indebitamento. Oltre a ritrovarsi con un´azienda piena di debiti, gli investitori in Actelios devono anche finanziare l´acquisizione. Ma il prezzo è giusto: parola di Mediobanca e Unicredit.
E come dimenticare la Renzo Landi, controllata dalla Girefin di Stefano Landi e Giovannina Domenichini (presidente e presidente onorario della Landi). Quotata appena tre anni fa, oggi acquista una società non quotata (Aeb), suo maggior cliente, di cui la stessa Girefin è azionista di riferimento. Ma, naturalmente, al giusto prezzo: parola di Mediobanca.
In tutto questo la Consob, complice il nostro ordinamento e tradizione giuridica, si limita a un controllo prevalentemente di legittimità formale; sarebbe ora che osasse entrare anche nel merito delle operazioni. Ma per questa Borsa Cenerentola, perfino la Fata Madrina potrebbe fare poco.