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 2010  luglio 17 Sabato calendario

ESSELUNGA-COOP, LA DISFIDA DI MODENA


Peppone litiga ancora con don Camillo. Solo che il primo è il boss della Coop rossa, il secondo il miliardario della grande distribuzione e l’oggetto del contendere non è la politica, ma un supermercato. la disfida del carrello della spesa. La combattono Mario Zucchelli, presidente di Coop Estense, un tipo tosto al cui confronto Stalin è Sbirulino, e Bernardo Caprotti, padre-padrone dell’Esselunga. Per Caprotti, la grande distribuzione è Dio e lui è il suo profeta. Tanto che per diffondere il Verbo può pure permettersi di comprare due pagine di pubblicità su tutti i quotidiani italiani, compreso, domani, quello che state tenendo in mano.
Naturalmente, di tutta la vicenda nulla si capisce, se non la si colloca dove si svolge: a Modena. In una città, cioè, dove dal ”45 un partito solo è al comando, sempre lo stesso, tanto che non c’è bisogno nemmeno di specificare che partito sia. Basta dire «il partito». Anzi, per i vecchietti che chiacchierano in piazza, frastornati dal suo continuo cambiar nome, è ancora «il Piccì». I suoi funzionari passano con la massima tranquillità dal sacro dell’amministrazione pubblica al profano degli affari privati, in un cursus honorum al ragù dove si alternano le cariche nel partito, quelle negli enti locali e quelle nelle coop, che saranno pure «rosse» ma non sono mai in rosso (l’Emilia è stata l’unica parte del mondo dove il comunismo non solo funzionava, ma incassava pure).
Dunque, non c’è da stupirsi se, a Modena, supermercato e Coop siano praticamente sinonimi. Ma a Caprotti, un duro che ha licenziato perfino suo figlio, tollera il rosso solo se è quello del mitico pomodoro Esselunga e ha scritto il bestseller «Falce e carrello» per accusare le cooperative di ogni nefandezza dalla Rivoluzione d’Ottobre in giù, non sembrava vero di aprire un’Esselunga proprio lì (oddio, una ce n’è, ma non tanto in centro e non tanto grande). L’occasione arrivò nel 2000, quando venne messa in vendita una vasta area nella trafficata via Canaletto, vicino alla ferrovia (Modena è come Torino: c’è tutto un pezzo di centro accanto ai binari da rimettere a posto. Anche lì si spera di farlo entro un paio di generazioni). Così l’Esselunga comprò 44 mila e rotti metri quadrati già con tutti i permessi per farci il centro commerciale. Prezzo: 24 miliardi di lire. Ma aveva fatto i conti senza la Coop Estense che, un anno dopo, si aggiudicò un’area adiacente, molto più piccola (8 mila metri) e pagata, in proporzione, molto di più: 23 miliardi. Unico scopo: dare noia all’Esselunga.
C’è riuscita perfettamente: perché così la quota di proprietà dell’Esselunga, il 72%, è rimasta inferiore al 75 necessario per farsi il proprio supermercato in splendido isolamento. Il Comune dice di aver cercato di mettere d’accordo i litiganti. L’Esselunga dice invece che il Comune, a forza di pressioni e di minacce, ha cercato di farle vendere la sua parte alla Coop. Finché, il 6 luglio, l’assessore all’Urbanistica, Daniele Sitta, ovviamente un ex dirigente delle cooperative, ha stabilito che, visto che «la soluzione condivisa» non si trovava, l’area sarebbe stata trasformata da commerciale a residenziale. E addio al bancone del pesce.
Apriti cielo. Caprotti, che a 85 anni ha ancora voglia di combattere e la fantasia per farlo con armi non convenzionali, ha deciso di comprare due pagine su tutti i quotidiani italiani, compresi quelli locali e la Gazzetta dello sport per denunciare lo scandalo e invocare «concorrenza e libertà». Zucchelli minaccia querele mentre il sindaco di Modena, Giorgio Pighi (indovinate di che partito? Pd, dite? Bravi) l’ha già annunciata. I carrelli, stavolta, saranno pieni solo di carte bollate.