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 2010  luglio 10 Sabato calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 24 - CAMILLO VA PER BOSCHI


Perché sappiamo tutti che, invece, Cavour era molto ricco?
Non nel 1836. E neanche nel 1837. Ma nel 1837, una mattina di aprile, trovarono Clermont-Tonnerre stecchito in letto e questo ebbe qualche conseguenza per le finanze del conte.
Eredità?
No. Il duca di Clermont-Tonnerre, un pari di Francia di meravigliosa leggerezza, un uomo che non capiva come si potesse essere infelici, un Paperino che componeva giochi di parole su qualunque cosa, che litigava a più non posso con i vicini e che per terrore dei repubblicani s’era tenuto il più possibile lontano da Parigi. Quindi una vita spesa tra la villa del Bocage a Ginevra e palazzo Cavour a Torino.
 quello che aveva sposato zia Vittoria, la sorella della madre di Cavour, vero?
Sì. E zia Vittoria, dopo la brutta esperienza del primo matrimonio, aveva trovato in lui l’anima perfettamente gemella. Zia Vittoria, alta mora fascinosa al tempo di Napoleone, sorda svagata stabaccante adesso, in abiti degli anni Venti e con i cagnolini che le correvano per il letto, serate con tizi in polpe e codino, cori dei tempi di Luigi XVI… Alla morte del marito, restò chiusa in camera per sette giorni, con Camillo e Michele che la imploravano da dietro la porta. All’ottavo giorno li fece entrare e, continuando a singhiozzare, disse che c’era da pagare prima di giugno una rata da seimila franchi a La Tourette di Parigi. Stupore del conte e del marchese, anche per il nome di La Tourette, notoriamente il più furbo di tutta Parigi, mentre lei, tra grida e singhiozzi sempre più violenti, rivelava che il duca pochi mesi prima aveva concluso l’affare del secolo comprando per 300 mila franchi terre adiacenti alle sue proprietà nel Delfinato.
Se era l’affare del secolo, perché disperarsi?
Cavour e Michele ebbero il permesso di esaminare le carte. Risultò che la zia era quasi rovinata per via dell’intreccio di pegni da cui erano coperti non solo gli ultimi acquisti, ma l’intera proprietà del duca, il cui valore di due milioni era a quel punto puramente teorico. Il duca, tanto simpatico quanto incosciente, aveva vissuto alla grande facendosi prestare fiumi di soldi e lasciando che gli ipotecassero quel che volevano. Vittoria, idem. Michele, pensando alla cognata, dava in escandescenze, «e si permette, capisci?, di chiamare il tappezziere e spendere 300 franchi per riparare il paravento, compra la carta e la paga 50 franchi…», che era la ragione per cui il primo marito, il compianto barone La Turbie, l’aveva regolarmente gonfiata di botte. Ma che gli vuoi dire a zia Vittoria? Una volta aveva dato ordine che la conducessero a far spese in portantina, una Cleopatra d’Egitto in giro per Torino…
Quindi?
Quindi decisero che del disastro si sarebbe occupato Camillo. Erano quasi tutti boschi. Sei macchie nel Delfinato, presso Roybon, dipartimento dell’Isère. Più di 1.500 ettari di foreste nei comuni di Jussey, Gruey e Hautmongey, in Franca Contea. Clermont-Tonnerre, questo pallone gonfiato, aveva anche fatto causa a tutti i vicini, i quali l’avevano a loro volta chiamato in tribunale, questioni di confini, di acque e di altri accidenti da condominio. Il compito di Cavour era, quindi, di fare intanto un giro per le proprietà, e poi di vendere o affittare, transare i contenziosi, convincere i creditori ad aspettare o persuaderli a una qualche ristrutturazione del debito, recuperare i crediti, eccetera eccetera. Il bello dell’incarico era però che prevedeva parecchi passaggi a Parigi. I proprietari e soprattutto gli studi legali da contattare stavano lì.
Ci si poteva far carico di tutto questo continuando ad amministrare Leri?
Ma certo. Una volta, nel ’43, Cavour stette via un anno intero! C’era Michele, c’erano i fattori. Il padre gli disse: «Vuoi mettere l’esperienza che una cosa come questa ti farà fare?». E in effetti. Partì ai primi di luglio, stette fuori due mesi e mezzo, a settembre rientrò a Torino, a dicembre si rimise in viaggio. Erano giri lunghi, con sveglie alle quattro del mattino, attese infinite di coincidenze, soste in osterie di campagna. Il conte affrontava gli strapazzi alla sua maniera: sedile di mezzo, romanzi per ammazzare il tempo e interrogatorio dei compagni di viaggio. Che diciamo sulle ultime elezioni? Quanto prendono quest’anno i falciatori? Per convincere un albergatore di Saluzzo a rifornirsi di vino a Grinzane gli pagò da mangiare e da bere lungo tutto il tragitto.
E i creditori?
A Roybon e Vauvillers lo assaltò una folla di procuratori, avvocati, amministratori, gente che aveva carte da mostrare e di cui Clermont-Tonnerre in vita non s’era dato la minima cura. Camillo contrapponeva alle carte di quelli le carte sue, poi ci si vedeva dai notai, c’erano giochi al rialzo o al ribasso, infine non si concludeva nulla, Cavour prendeva i creditori sotto braccio, ammansiva, spiegava. E non pagava. Quelli se ne andavano contenti. Sì, aveva avuto ragione il marchese: una grande esperienza.