GIAMPAOLO VISETTI, la Repubblica 16/7/2010, 16 luglio 2010
CINA COSI LA TECNOLOGIA STA UCCIDENDO GLI IDEOGRAMMI - I
cinesi stanno dimenticando come si scrivono i caratteri del mandarino. L´87% della popolazione, secondo una ricerca, incontra ormai seri problemi a ricordare la forma degli ideogrammi. A spingere milioni di persone verso l´analfabetismo di ritorno sono i nuovi mezzi di comunicazione.
Computer, telefoni cellulari, smart-phone e apparecchi elettronici, che normalmente utilizzano i caratteri romani e suggeriscono termini in inglese, generano in Asia una nuova generazione di malati di «disgrafia». Per la prima volta in Cina la gente è in grado di parlare la propria lingua, ma non di disegnare i tratti che compongono le sue parole. Il problema si sta diffondendo ad un ritmo così veloce che i linguisti, per definirlo, hanno coniato il termine «tibiwangzi».
Significa «prendere la penna, dimenticare il carattere» e definisce un fenomeno senza precedenti. Viene sintetizzato con la parola «neo-aglottismo» e raggruppa le masse di individui che, in forma minore anche in Giappone e in Corea, sono in grado di scrivere una lingua che non conoscono, ma non la propria.
A minacciare il più antico sistema di scrittura rimasto intatto, i cui primi pittogrammi sono stati rinvenuti su gusci di tartaruga di oltre tremila anni fa, è il declino inesorabile della calligrafia manuale. Il ministero dell´istruzione cinese ha scoperto che il 72% degli studenti, abilissimi navigatori su Internet, lamenta un preoccupante calo di abilità nella scrittura. Milioni di ragazzi non superano i test di ammissione all´università perché non ricordano come si tracciano gli ideogrammi. Il 90% dei funzionari pubblici e dei manager privati, secondo un sondaggio del Quotidiano del Popolo, ammette di ricorrere alla penna solo per fare la propria firma. La dirompente incapacità di scrivere della popolazione sta allarmando il governo. Le autorità hanno lanciato corsi gratuiti di scrittura, a cui hanno già aderito 32 milioni di persone. Concorsi pubblici di bella grafia mettono in palio viaggi all´estero. La televisione di Stato trasmette lezioni di scrittura in diretta, con docenti che disegnano le parole più richieste dal pubblico.
Gli studenti che scrivono in cinese a mano ottengono punteggi maggiori e la precedenza nei collegi. Nella cultura cinese la scrittura non serve solo a comunicare. Il mandarino è una forma d´arte, un esercizio spirituale che si ritiene connesso con la longevità, la concentrazione e l´abilità nelle arti marziali. Gli ideogrammi non rappresentano lettere, ma concetti, e fondono l´estetica della pittura con la grazia della musica. L´allarme di Pechino sull´estinzione della grafia cinese non è, per una volta, una forma di nostalgia nazionalista usata per consolidare la continuità del potere. Il governo teme che i cinesi «dimentichino le forme che esprimono l´anima del Paese e la cultura di ognuno», fino a «smarrire il profilo della propria storica identità».
L´impatto delle nuove tecnologie sulla calligrafia si sta in realtà subendo in tutto il mondo. La cosiddetta «esternalizzazione del cervello», che delega ai computer le funzioni-base fino ad oggi affidate alla memoria, sta producendo difficoltà di scrittura manuale anche in Occidente. In Cina raggiunge però il livello di una vera e propria crisi culturale perché dimenticare gli ideogrammi equivale a smarrire la piena possibilità di pensare.
Già nel 1950 Mao Zedong, preso atto della diffusione della macchina da scrivere, aveva intuito il problema. Il partito comunista ha continuato a semplificare numero e caratteri del mandarino, fino a renderlo traducibile elettronicamente nell´alfabeto latino. L´infanzia dei cinesi resta però segnata dall´apprendimento della lingua. Tra i cinque e in quindici anni i bambini trascorrono almeno cinque ore al giorno per memorizzare un minimo di tremila segni, indispensabili per comporre le parole più usate. L´eleganza della scrittura, spesso praticata con il pennello, continua a testimoniare la profondità culturale di una persona. Secondo uno studio dell´Accademia delle scienze la spallata più violenta contro il cinese, più che dalla Rete, è stata inferta dal boom di cellulari ed sms. Frasi e termini vengono abbreviati, nascono parole nuove che fondono quelle antiche, e ciò è più semplice ricorrendo alle lettere del carattere romanico. Pechino ad esempio è ormai troncato in «bei», inesprimibile con un pittogramma. Tecnologia e industria sembrano incapaci di rallentare l´addio ad una calligrafia che richiede un esercizio quotidiano e milioni di cinesi confessano l´imbarazzo di non riuscire più a scrivere nemmeno il proprio indirizzo di casa.
Nei parchi delle città e nelle strade dei villaggi torna così di moda l´abitudine antica di dipingere parole per terra, inzuppando pennelli nell´acqua. Un tempo lo si faceva per il gusto della bellezza, o per l´emozione poetica di vedere una parola evaporare in pochi istanti. Oggi si rivela un servizio necessario. I pensionati, per qualche yuan, scrivono all´istante i termini che la gente scopre di aver smarrito sulla via dell´ufficio, o mentre va a fare la spesa. Su asfalto e pietre della Cina malata di «disgrafia» capita di leggere shampoo, o banca, o addirittura zaijian, arrivederci.