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 2010  luglio 16 Venerdì calendario

IL MISTERO DELLO SCIENZIATO E DEI SUOI SEGRETI DA CINQUE MILIONI DI DOLLARI

Strana storia quella di Shahram Amiri, il ricercatore nucleare iraniano scomparso nel nulla lo scorso anno du­rante un pellegrinaggio alla Mecca. Adesso che è tornato a Teheran, grida al rapimento da parte della Cia, ma per me­si ha vissuto da disertore negli Stati Uniti. Non solo: gli ameri­cani hanno fatto sapere al Washington Post di averlo pa­gato 5 milioni di dollari per le sue informazioni.
L’enigmatico Amiri si è pre­s­entato martedì all’ambascia­ta pachistana di Washington, che cura pure gli interessi ira­niani. E ieri il ricercatore di 32 anni è atterrato a Teheran ac­colto dai parenti e dalle autori­tà. Davanti alle telecamere ha raccontato di essere stato ra­pito, torturato e interrogato dalla Cia in collaborazione con gli israeliani.
«Mi avrebbero dato 50 mi­lioni di dollari e una nuova vi­ta in un paese europeo con la mia famiglia se avessi deciso di non tornare in Iran», ha af­fermato Amiri. Bastava che ri­velasse qualcosa sul program­ma nucleare iraniano.
Ad attenderlo all’aeroporto il figlio di 7 anni e la moglie. Il sospetto è che il regime abbia fatto leva sulla famiglia per far­lo tornare imbastendo la sto­ria del sequestro.
Tutto ha avuto inizio nel maggio dello scorso anno in Arabia Saudita durante un pellegrinaggio alla Mecca. Il ricercatore giura di essere sta­to caricato «su un furgone, do­ve mi hanno fatto un’iniezio­ne. Mi sono risvegliato su un aereo militare diretto negli Stati Uniti».
Invece l’intelligence ameri­cana sostiene che Amiri ab­bia disertato spontaneamen­te. Negli Stati Uniti è stato sot­toposto a una specie di pro­gramma di protezione per i te­stimoni gestito dai servizi se­greti.
In cambio delle informa­zioni, il disertore ottiene una casa, una nuova identità, sol­di. Ad Amiri hanno dato 5 mi­lioni di dollari, ma il denaro è vincolato a investimenti bloc­cati se il disertore cambia idea. «Tutto ciò che ha avuto non è più alla sua portata, gra­zie alle sanzioni finanziarie contro l’Iran», ha rivelato una fonte della Cia al Washington
Post .
Amiri lavorava presso l’uni­versità industriale di Malek e Ashtar legata ai Guardiani del­la rivoluzione iraniana, che fa parte della complessa rete del programma nucleare.Secon­do l’opp­osizione iraniana il ri­cercatore poteva fornire infor­mazioni su altri esperti, come il suo supervisore Parviz Kata­ni e l­o scienziato nucleare nu­mero uno, Mohsen Fakhriza­deh. Pochi mesi dopo la spari­zio­ne di Amiri gli ayatollah so­no stati costretti ad ammette­re l’esistenza del secondo sito segreto di arricchimento del­l’uranio nei pressi di Qom.
Oggi il ricercatore sostiene di non sapere nulla del pro­gramma nucleare e di essere sempre stato sotto stretta sor­veglianza negli Usa. In realtà ha vissuto tranquillamente a Tucson per diversi mesi. Poi lo avrebbero trasferito in Vir­ginia. Qualcosa, però, deve es­sere andato storto. A comin­ciare dal fatto che la sua fami­glia è rimasta a Teheran sotto il controllo dell’intelligence iraniana. In aprile Amiri ha re­gistrato un video in cui rac­conta, per la prima volta, la storia del rapimento. La «con­fessione » è finita su You tube, ma poche ore dopo appare un nuovo video con il ricerca­­tore, che fa marcia indietro so­stenendo di vivere libero ed in salute negli Stati Uniti.
Martedì il colpo di scena: il supposto disertore si rifugia nell’ambasciata pachistana a Washington. Il segretario di stato Hillary Clinton sostiene che l’iraniano si trovava negli Stati Uniti «di sua volontà». Ora, la stampa iraniana lo sta trasformando in un eroe, ma forse è solo la copertura per un tradimento finito male.