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 2010  luglio 16 Venerdì calendario

MEGLIO IL SALOTTO DEL SOLITO PALAZZO

i tappeti. Nel salotto si coalizzano le antipatie ma si stemperano gli odi, si tra­mutano le ostilità in pette­golezzi, si esprimono giudi­zi sommari a ragione mai ve­duta; si recensiscono opere e biografie senza conoscer­le, basta un solo indizio, una battuta, un calzino, una cattiva compagnia. I giudizi ingrossano lungo la conversazione, uno dice mezza cosa, e tutti ci metto­no il carico, fino a che diven­ta una sentenza scolpita in marmo. Alla fine, nei salot­ti, non trionfano i potenti ma le signore, a volte i came­rieri. La guerra fredda e le alleanze riguardano piutto­sto le consorti. I potenti, co­me bambinoni, palleggia­no, ma raramente tirano. Gi­gioneggiano o si eclissano, perché se parli poco mostri di contare molto e di sapere tutto. Ma alla fine un piatto di tagliolini o un buco nello stomaco per penuria di por­tate, si ricordano più del complottone salottiero. Il rango di un salotto, e il suo passaggio alla storia, alla fi­ne è deciso dal menu .
Non c’è nulla di male che i poteri forti a volte mangino insieme una sera a cena; non c’è nulla di male che si scambino una battuta sul fatto del giorno o dicano una galanteria alla moglie dell’anfitrione. Non c’è nul­la di scandaloso se a volte due potenti accennano in salotto a un tema vero, a un’ alleanza o a un’inimicizia. Democrazia parlamentare non vuol dire che la politica si debba fare sempre e solo nel grigiore delle sedi istitu­zionali, alla buvette di Mon­­tecitorio, negli ottusi stan­zoni di Palazzo Chigi; o che so, nelle aule e aulette predi­sposte, magari con resocon­to stenografico. La politica si può fare al bar, a casa, allo stadio, o a studio, come di­cono a Roma, persino in ae­reo o all’Ikea. Taluni dico­no che la politica riesca par­ticolarmente bene al cesso. Non ci scandalizza che si stabilisca un patto davanti una crostata e perfino da­vanti a un paio di trionfali tettone. Trovo insopporta­bili le ironie moralistico-ali­mentari, tipiche di una so­cietà di morti di fame e di sfigati, sulla politica attova­gliata che prende le sue de­cisioni nel magna-magna di un banchetto. Ebbè, che c’è di male? Non mangiate forse pure voi, tristi giacobi­ni dell’anoressia giustiziali­sta? Non preferite anche voi parlare e sparlare davan­ti a un bicchiere di vino e a una scollatura, anziché nel­lo squallore asettico e aste­mio di un Palazzo?
Che male c’è se si vedono a cena Casini e Berlusconi, più Draghi Geronzi e il car­dinale Bertone? La vicinan­za a tavola costituisce già re­ato e anticamera di golpe? La divisione dei poteri san­cita da Montesquieu non vuol dire mica tavoli separa­ti a ristorante... C’è chi vive all’ombra dei salotti per de­plorarli e chi sogna irruzio­ni partigiane per processa­re gli avidi potenti. E c’è chi chiede elezioni anticipate per sostituire degnamente il salotto della Angiolillo, scomparso con la sua Digni­taria e affidato ad interim al Vicario Vespa che organiz­za cene, consultazioni di go­verno e fornisce ai commen­sali pietanze, attestati e lo­culi nei suoi prossimi libri. Conosco salotti amabili e ci­vettuoli, altri noiosi e palu­dati, in alcuni si può vivere una sontuosa estraneità, perché ci sono punti di fu­ga; in altri si è costretti a star dentro il cerchio magico, il circolo vizioso della Chiac­chiera. A volte nei salotti si patisce la fame, a volte la fa­ma. C’è chi sogna di stare al centro della serata, c’è chi gioca di sponda o si offre co­me spalla, ninnolo e poggia­testa. C’è chi, più perverso, è presente ma straniero, o si sente una microspia e un voyeur ; c’è chi accetta di buon grado il ruolo di orna­mento, decorazione e fre­gio. L’importante è parteci­pare, per il piacere postu­mo di dirlo o di tacerlo. Di solito racconta il banchetto chi era marginale e un po’ abusivo; mentre tace chi era centrale e decisivo. I cor­teggiati tacciono, i cortigia­ni cicalano. In breve, due palle. stupido promuove­re crociate contro i salotti o brigare per entrarci. Più sa­no è considerarli quel che sono: serate di routine e di cortese alienazione, in cui si è persa una magnifica oc­casione per stare con la per­sona che più si ama, se stes­si.