16 luglio 2010
P3 - L’8 luglio vengono arrestati a Roma l’imprenditore Flavio Carboni, 78 anni, originario di Torralba, in provincia di Sassari, il geometra Pasquale Lombardi, ex sindaco Dc originario dell’Avellinese e membro delle commissioni tributarie, e l’imprenditore edile napoletano Arcangelo Martino
P3 - L’8 luglio vengono arrestati a Roma l’imprenditore Flavio Carboni, 78 anni, originario di Torralba, in provincia di Sassari, il geometra Pasquale Lombardi, ex sindaco Dc originario dell’Avellinese e membro delle commissioni tributarie, e l’imprenditore edile napoletano Arcangelo Martino. I tre, secondo l’ordinanza di 60 pagine firmata dal Gip del Tribunale di Roma, Giovanni De Donato, hanno dato vita ad «una associazione per delinquere diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti» caratterizzata «dalla segretezza degli scopi» e volta «a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali nonché degli apparati della pubblica amministrazione». Il reato ipotizzato dalla Procura di Roma è di associazione a delinquere semplice e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. La legge Anselmi (17 del 25 gennaio 1982) è composta di sei articoli che sciolsero d’autorità la Loggia P2 di Licio Gelli. Prevede il carcere per le associazioni «che […] occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali, ovvero rendendo sconosciuti, in tutto o in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici, anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale». Proprio il riferimento alla P2 di Gelli spinge i giornali a battezzare P3 l’associazione di Carboni. Chi è Flavio Carboni, che tutti i giornali chiamano «il faccendiere dei misteri»? Il suo successo economico inizia negli anni Settanta con una serie di società immobiliari e finanziarie. Interessi anche nel mondo dell’editoria: proprietario del 35% del pacchetto azionario della Nuova Sardegna ed editore di Tuttoquotidiano, per il fallimento del quale viene condannato in primo grado e assolto in appello per vizio di forma. Indagini evidenziano suoi stretti legami con esponenti della banda della Magliana e della mafia. Inoltre ha sulle spalle una condanna definitiva a 8 anni e 6 mesi per la vicenda del fallimento del Banco Ambrosiano, e una serie di assoluzioni: dall’accusa di concorso nell’omicidio di Roberto Calvi dopo che il pm aveva chiesto la condanna all’ergastolo; dall’accusa di essere stato il mandante del tentativo di omicidio di Roberto Rosone, vice di Calvi all’Ambrosiano, dall’accusa di falso e truffa ai danni del Banco di Napoli, dall’accusa della ricettazione della borsa di Calvi. Il suo nome è spuntato fuori anche in altre storie: durante il sequestro Moro avvicina esponenti Dc offrendosi di sollecitare l’intervento della mafia per la sua liberazione (pochi giorni dopo riferisce però che la mafia non vuole aiutare Moro perché troppo legato ai comunisti). Ha avuto inoltre legami con Licio Gelli e con l’ex gran maestro della Massoneria Armando Corona. Secondo il gip, Carboni, Lombardo e Martino hanno «sviluppato una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura e della politica da sfruttare per i fini segreti del sodalizio e ciò anche grazie alle attività di promozione di convegni e incontri di studio realizzate tramite una associazione denominata ”Centro studi giuridici per l’integrazione europea Diritti e Libertà”». L’associazione era gestita da Lombardi in qualità di segretario e da Martino quale responsabile dell’organizzazione. Una struttura, scrive il gip, «di fatto finanziata e gestita in modo occulto da Carboni». Per il magistrato i tre «approfittavano delle conoscenze per acquisire informazioni riservate e influire sull’esercizio delle funzioni pubbliche rivestite dalle personalità avvicinate dai membri dell’associazione». I tre sono finiti nel registro degli indagati della Procura di Roma insieme ad altre tre persone (Pinello Cossu, consigliere Udc della provincia di Carbonia Iglesias e nipote di Carboni; Ignazio Farris, nominato dalla Giunta Cappellacci alla direzione dell’Arpas - Agenzia Regionale Protezione Ambiente; Franco Piga, commissario dell’Autorità d’ambito, ruolo importante nella gestione delle acque). Tutti sono accusati di corruzione nell’ambito di un’inchiesta sugli appalti dell’eolico in Sardegna. Secondo gli inquirenti si sarebbe sviluppato un sistema manovrato da Carboni e mirato a ottenere appoggi politici per favorire imprenditori interessati alla realizzazione di parchi eolici in Sardegna, superando gli obblighi burocratici imposti dalla normativa. In effetti nell’agosto del 2009 la giunta Cappellacci fece cadere quasi tutti i vincoli per gli impianti eolici fissati dalla precedente giunta Soru. L’indagine, partita sulla base di un’informativa della Direzione Distrettuale Antimafia e coordinata dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dai pm Rodolfo Sabelli e Ilaria Calò, si è successivamente allargata ad altri nomi eccellenti: Denis Verdini, coordinatore del Pdl, che da Carboni avrebbe intascato una maxitangente di 800 mila euro (transitati per il Credito Cooperativo Fiorentino, la banca di Verdini) per segnalare alcuni imprenditori interessati all’eolico al governatore Ugo Cappellacci, a sua volta indagato per corruzione e abuso d’ufficio con l’accusa di aver aggirato le vie legali per nominare all’Arpas Ignazio Farris, uomo raccomandato da Carboni, come lo stesso faccendiere ha ammesso pubblicamente. Farris, a capo dell’Agenzia che effettua la Valutazione di Impatto Ambientale (Via) dei progetti di parchi eolici, avrebbe dovuto dare il via libera alle centrali di Carboni e soci. Ma non è finita qui. Dal provvedimento del Gip emerge che la superloggia guidata da Carboni aveva tentato di avvicinare giudici della Corte costituzionale allo scopo di influire sull’esito del giudizio sul Lodo Alfano, la legge che prevedeva la sospensione del processo penale per le alte cariche dello Stato. Secondo il Gip il 23 settembre 2009 ci fu una riunione nell’abitazione romana del coordinatore del Pdl, Denis Verdini, per pianificare un avvicinamento ai giudici della Consulta. All’incontro erano invitati lo stesso Carboni, il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, i magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller, oltre ad Arcangelo Martino e Raffaele Lombardi. ATTENZIONE!!! STATO MODIFICATO IL BLOCCHETTO QUI SOPRA!!! Le intercettazioni delle telefonate avvenute in questo periodo rivelano la presenza di un personaggio, chiamato ”Cesare” dagli indagati, che dev’essere costantemente informato sulle attività del gruppo. Questo ”Cesare” compare ben 23 volte nelle conversazioni. In una nota i carabinieri scrivono che «’Cesare” è pseudonimo utilizzato dai soggetti per riferirsi al presidente del Consiglio» Silvio Berlusconi. I carabinieri si riferiscono in particolare a un’intercettazione telefonica del 2 ottobre del 2009 tra Nicola Cosentino e Pasquale Lombardi a proposito del Lodo Alfano. Cosentino dice a Lombardi che «’Cesare” è rimasto contento per quello che gli stiamo facendo per il 6», che poi è il giorno dell’udienza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano. Carboni, Martino e Lombardi, per fare da intermediari con i giudici, chiedono in cambio la candidatura di Nicola Cosentino alla Regione Campania, come si deduce da una telefonata di Lombardi al sottosegretario Caliendo. Il tentativo di influire sul giudizio di costituzionalità del lodo Alfano non va però a buon fine. Il 7 ottobre 2009 la Corte boccia il provvedimento, suscitando le ire di Carboni e Martino, che accusano Lombardi del fallimento e della figuraccia fatta con i propri referenti politici. Nel giro di poche settimane salta la candidatura di Nicola Cosentino alla Regione Campania: il politico è arrestato per concorse esterno in associazione camorristica. Dapprima i tre cercano di tirarlo fuori dal carcere, spingendo per l’accoglimento del ricorso contro l’ordinanza di custodia cautelare, grazie al rapporto fra Lombardi e il presidente di Corte di Cassazione. Il ricorso viene però rigettato. A questo punto, dice il Gip, Carboni e compagnia cominciano a screditare il candidato Pdl alla regione Campania con l’intento di obbligarlo a ritirarsi dalla competizione elettorale. Preparano perciò un falso dossier in cui Caldoro è descritto come cliente abituale di trans. I tre sono anche indagati per aver fatto pressioni su componenti del Csm con lo scopo di far nominare in cariche direttive alcuni magistrati amici. E per aver fatto pressioni al fine di far riammettere alle elezioni regionale del 28 marzo la lista ”Per la Lombardia” di Roberto Formigoni. L’Associazione nazionale magistrati ha chiesto le dimissioni dei giudici coinvolti nella faccenda P3, mentre il Csm ha avviato tutte le procedure con cui trasferire, per incompatibilità ambientale, Alfonso Marra, presidente della Corte di Appello di Milano. Questi, infatti, avrebbe ottenuto l’incarico dopo le pressioni di Carboni, Lombardi e Martino sul Csm. E proprio a Marra il trio si sarebbe rivolto per far riammettere la lista Formigoni esclusa dalle elezioni regionali. Finora si sono dimessi: il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino (che però mantiene il ruolo di coordinatore del Pdl in Campania); e l’assessore all’Avvocatura della Regione Campania, Ernesto Sica, che durante la campagna elettorale aiutò Carboni, Lombardi e Martino a preparare il falso dossier su Caldoro.