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 2010  luglio 15 Giovedì calendario

«NICK U’ MERICANO», ACCUSATO DI CAMORRA MA TRADITO DAI VELENI

L’ultimo ghigno l’ha dedicato a «quegli infami...»: «Piuttosto che farmi massacrare dai finiani, la faccio finita io», ha mormorato ai fedelissimi, agli amici di sempre, a compagni di strada come Gigino «a Purpetta» Cesaro e Mario Landolfi, che ne hanno seguito l’ascesa’ dalla provincia dei «cafoni di fuori», insomma da Sant’Antimo o da Mondragone, fino ai palazzi del potere napoletano – e adesso temono forse di esserne risucchiati nella caduta, cacciati dall’eterna città dei Borboni e dei lazzari, tra pentiti che s’accavallano chiacchieroni, intercettazioni dannatissime più veloci di qualsiasi bavaglio e infine anche questo, questa maledetta strettoia che sbuca davanti alla scrivania di Berlusconi come a Canossa: «Presidente, come vuoi tu, mi dimetto».
Sfuma nel tramonto romano la giornata del sipario per Nick U’ Mericano, al secolo Nicola Cosentino il Casalese: con l’atteso addio alle deleghe da sottosegretario, davanti allo stato maggiore del Pdl e a quella Nunzia De Girolamo che presto, nonostante le sue ultime resistenze («mi dedico al partito»), potrebbe sostituirlo alla guida del Pdl campano e che tutti insistono nel definire «una persona perbene», in evidente e ingiuriosa contrapposizione con lui, l’impresentabile, l’uomo che forse ha contribuito quasi quanto «Gomorra» a ridisegnare in nero la Casal di Principe camorrista nell’immaginario collettivo.
Nick non è tipo da risata aperta, dicono i suoi detrattori, molti dei quali dell’ultim’ora. Uno che è finito nei pasticci assieme a lui, Ernesto Sica, lo «scemo della compagnia» che ha tentato di incastrare il governatore Caldoro con un dossier tarocco di storie trans, ha un sussulto d’orgoglio quando sbotta minaccioso: «Adesso scappano tutti. Ma io me li ricordo, li ricordo bene tutti, quando applaudivano Nicola». Dicono che Nicola, Nick, neanche allora sorridesse, quando tutti lo lodavano, forse presagendo i verbali dei pentiti che, Gaetano Vassallo in testa, un giorno l’avrebbero chiamato «uno di noi», come una stimmata mai sanata dai tempi di papà Mario, il vero ”Mericano, titolare del soprannome e, si mormorava, di traffici d’ogni tipo con i ragazzi d’oltreoceano. Non ha mai riso, Cosentino, ma sempre sogghignato. E lo immaginiamo sogghignare anche nelle oscene conversazioni con i «pensionati della P3» (come li chiama Berlusconi), quelle chiacchiere sul «Culattone» (Caldoro) e sui «frocetti» (sempre Caldoro e forse, chissà, l’odiato finiano Italo Bocchino) e sull’Aids che «prendi sicuro se stringi la mano al Culattone», chiacchiere che adesso gli costano la poltrona: perché nella città di Pulcinella la farsa, per quanto velenosa, è sempre più micidiale della tragedia, gli sberleffi sempre più dannosi delle lacrime, e dunque Cosentino, che s’era salvato dall’arresto e dall’accusa di stare immerso nel sangue e nei rifiuti dei Casalesi è stato impiombato da questa pochade fasulla di incontri coi femminielli di Agnano, questa montagna di rifiuti con cui volevano seppellire Caldoro. Anche per Caldoro il paradosso è evidente, poiché Berlusconi continua a lodare la «condotta leale» di Nick e Nick resta, nonostante tutto e chissà per quanto, coordinatore campano, dunque interlocutore politico del governatore della Campania, e Caldoro per quieto vivere arriva alla capriola logica di sostenere che «sarà stata tutta una trama esterna al Pdl», ma non si capisce bene di cosa potranno parlare governatore e coordinatore dopo le veline fetenti costruite sul primo e i ghigni complottardi del secondo.
Eppure è difficile negare che da domani tutto cambia. Perché delle due, l’una. Se ha ragione il pentito Vassallo, e Cosentino è davvero un camorrista, viene cancellato un progetto ambizioso delle cosche: non più quello di infiltrare la società legale ma di piazzarvi direttamente uno dei loro al vertice, uno scenario da Padrino parte seconda, insomma. Se invece i pentiti mentono tutti e tutti fanno parte di una congiura ai danni di Cosentino, e pure le intercettazioni sono tutte sballate e davvero sono frutto di un goliardico giochino tra vecchietti rimbambiti (ma Nick ha cinquant’anni, chissà che cosa aveva mai da giocare...), allora Berlusconi sta infliggendo al Pdl una ferita gravissima perché Cosentino è quello che ha strappato tre province ai bassoliniani in tempi di bassolinismo ruggente, ha riorganizzato un partito che in mano ai fratelli Martusciello era diventato una comica, e, da un punto di vista berlusconiano, andrebbe decorato, piuttosto.
Nick è sempre stato due cose, del resto, come due facce ha sempre avuto l’immagine dei Cosentino a Casale, potenti miliardari della benzina e dei petroli o temuti amici degli amici. Raccontano che quando uno dei suoi fratelli, il più piccolo, si fece vedere in giro con guaglioni di rispetto, lui gli rifilò un ceffone in pubblico. E tuttavia un altro suo fratello ha sposato la sorella dell’ergastolano Giuseppe Russo, detto «Peppe U’ Padrino», un soprannome che è una garanzia. Quando saltò fuori, lo scorso autunno, che era in arrivo per lui alla Camera una richiesta d’arresto per camorra, Nick invocò la «macelleria mediatica» e s’avventurò a rivendicare una parentela nientemeno che con don Diana, martire della lotta alla camorra. Bianco e nero, Cosentino è un paradosso fatto uomo. E, per ora, con un paradosso ha salvato lo scranno nel Pdl campano. Dopo aver spiegato a Berlusconi che se saltava lui «una settimana dopo toccava a Verdini», l’ha chiuso in un angolo con l’argomento degli argomenti: «Se mi fai fuori, il partito a Napoli se lo piglia Bocchino». E grazie allo spettro del giamburrasca finiano, Nick ha guadagnato l’ultima boccata d’ossigeno.
Goffredo Buccini