PAOLO GRISERI, la Repubblica 15/7/2010; CARLO PETRINI, la Repubblica 15/7/2010, 15 luglio 2010
SONO APPENA MILLE SU QUARANTAMILA. EPPURE TENGONO IN PUGNO IL GOVERNO. ECCO L´IDENTIKIT DELLA LOBBY DEGLI ALLEVATORI ANTI-QUOTE
dal nostro inviato. Cuneo. Al mattino presto erano saliti sulla massicciata della ferrovia per Savigliano. «Ci eravamo detti che così non si poteva andare avanti, che non avremmo potuto pagare le multe milionarie. Abbiamo bloccato il primo treno per un po´. Poi è arrivata la polizia, c´era anche il prefetto di Cuneo. Il giorno dopo sono arrivati i carabinieri in casa. cominciata allora la nostra nuova vita: mungi, protesta e paga gli avvocati». Una vita durata dieci anni, dal 1993 al 2003, per Francesco che alleva vacche a Rocca de´ Baldi, nella profonda campagna cuneese. Una vita che dura ancora oggi per un pugno di irriducibili, non più di un migliaio di produttori, ormai giunti allo scontro finale per evitare di pagare le sanzioni sull´eccessiva produzione del latte. Il mistero è tutto in queste cifre: come fa un manipolo di pasdaran a tenere in ostaggio Tremonti e tutto il governo? La stragrande maggioranza degli allevatori italiani ha fatto come Francesco: «Quando abbiamo capito che non pagare era inutile, abbiamo comperato la nostra quota», racconta mentre sistema la cuccetta di 373, una delle 65 mucche lattifere in questo inizio di luglio. Una ricerca inglese dice che, chiamandole per nome, le mucche producono 250 litri di latte in più all´anno: «Le chiamo con i numeri, non voglio produrre troppo. Non voglio tornare a splafonare».
Splafonare è un termine orribile, una pessima torsione dell´italiano. «Ma negli anni ´90 - racconta Francesco - eravamo tutti splafonatori». Tutti allevatori che mungevano molti litri più del consentito, facendosi beffe delle minacce di Bruxelles. La storia delle multe era cominciata in modo apparentemente innocuo. «Ero molto giovane - racconta - non avevo vent´anni. Un giorno il postino aveva consegnato un foglio in cui era riportata la produzione della nostra azienda nell´anno precedente e c´era la raccomandazione a non aumentarla altrimenti avremmo dovuto pagare delle multe. La lettera era rimasta in un cassetto della credenza. Nessuno di noi ci aveva fatto caso, nessuno pensava davvero che sarebbe diventata presto una bomba in casa». Tutti avevano continuato a splafonare fidando che tanto non si sarebbe pagato. Un po´ come quegli automobilisti che entrano in centro città senza sapere che una telecamera li sta filmando. Per questo a metà degli anni Novanta, una mattina all´alba, Francesco e suo fratello Luciano erano saliti sulla massicciata della ferrovia per Savigliano. «Con noi - ricorda - c´erano praticamente tutti gli allevatori della zona. All´improvviso avevamo scoperto che dovevamo pagare decine di milioni di lire di multe, non ci potevamo credere». Nei giorni duri della protesta, con i trattori degli allevatori che occupano la pista di Linate, tutto sembrava possibile. Nel Cuneese Francesco e gli altri erano inevitabilmente influenzati da personaggi che avrebbero fatto storia nella zona: Antonio Bedino, Denis Maero e il mitico Giovanni Robusti, capopopolo dei Cobas del latte poi senatore, poi europarlamentare, naturalmente della Lega. «Per anni - racconta Mino Taricco, ex assessore all´agricoltura del Piemonte - nessuno pagava perché li avevano convinti che infischiandosene avrebbero vinto». Erano anni ruggenti, chi poteva contrastare Bossi e i suoi? Il senatur aveva anche lanciato l´idea di una specie di banca padana, la Credieuronord con sede a Brescia. Nelle stalle, nei bar, si narrano ancora oggi le leggende sui soldi delle multe finiti nelle casse della banca, poi naturalmente fallita dopo un tentativo di salvataggio in extremis di Giampiero Fiorani, uno dei furbetti dell´estate 2005. Un´ispezione della Banca d´Italia aveva indicato proprio Robusti tra i principali beneficiati dell´istituto di credito. Lo straordinario potere di ricatto sul governo che ha ancora oggi lo sparuto manipolo di allevatori fuori regola c´entra qualcosa con il fallimento della banca sognata dalla Lega?
Oggi di quella storia restano solo le briciole. Molti hanno pagato a rate. «A marzo - dice Francesco - l´ultima tranche è stata di 23 mila euro. Speriamo di non averne più per molto. Nel 2003 abbiamo comperato la nostra quota che copriva quanto effettivamente mungiamo all´anno e siamo tornati in regola. Ma è stato un salasso: per 3 mila quintali abbiamo pagato 175 mila euro». L´azienda di Rocca de´ Baldi produce 5.500 quintali di latte all´anno. «I prezzi sono saliti: ci costa più o meno 25 centesimi al litro e ne incassiamo 37. Ma non è sempre così. E poi dobbiamo pagare tutti gli arretrati, le multe, le fidejussioni». Sì, perché era successo anche questo: «Quando tutti splafonavano i caseifici non si fidavano e ritiravano il latte in eccesso solo se noi produttori presentavamo una fidejussione delle banche. Così, se poi arrivava la multa al caseificio, la banca prelevava i soldi direttamente dal tuo conto corrente».
Faticosamente gli allevatori come Francesco sono scesi dalla massicciata della ferrovia e si sono messi in regola. Al ministero di Galan c´è un uomo, Paolo Gulinelli, che ha l´ingrato compito di far pagare le multe ai produttori. «In realtà - spiega - il numero di coloro che non pagano negli anni è sceso. Il 90 per cento delle multe è a carico di un migliaio di aziende su 40 mila. Certo, ci sarebbe bisogno di segnali chiari». Gulinelli non può dirlo ma il meccanismo è semplice: se il ministro di turno dà l´impressione di voler bloccare il pagamento delle multe, l´evasione aumenta. Succede con i condoni edilizi, il latte non fa eccezione. L´andazzo degli ultimi vent´anni non è incoraggiante: nel ´94 il governo italiano decise semplicemente di prelevare dalle casse dello Stato quasi due miliardi di multe (1.870 milioni) dovute dagli allevatori. Una specie di prelievo forzato ai danni di tutti i contribuenti e una beffa per gli (allora pochi) allevatori onesti. Dieci anni dopo, nel 2003, più di un miliardo di nuove multe era stato rateizzato, senza interessi, per 14 anni. Ma nonostante il trattamento di favore, hanno accettato di pagare poco più di 15 mila allevatori per un debito complessivo di 438 milioni. Più di 700 milioni di multe di quella tranche restano da riscuotere e a questi va aggiunto circa un miliardo della tranche successiva, quella per il periodo 2003-2009. In tutto restano da pagare 1.708 milioni. Che l´Europa, spiegano al ministero di Galan, ha già incassato negli anni, sotto forma di minori contributi all´agricoltura italiana. Così per il mancato pagamento delle multe del latte può accadere che i produttori di grano si vedano decurtati i contributi di Bruxelles. La differenza, in quel caso, la mette lo Stato italiano, di fatto anticipando agli allevatori il pagamento delle multe del latte. Il risultato è che se gli irriducibili della stalla non pagheranno, i contribuenti italiani sborseranno di nuovo al posto loro, sotto forma di maggiori tasse o minori servizi. Padania ladrona? «Quel che posso dire - spiega il direttore della Coldiretti piemontese, Bruno Rivarossa - è che tutte le principali associazioni degli allevatori hanno condannato da tempo gli associati che non pagano le multe. E in effetti il loro numero è molto diminuito».
Ora che sono ridotti al lumicino gli allevatori che non pagano sono più difficili da difendere. Il leghista Roberto Castelli segue la lezione degli studenti degli anni Settanta e spiega che «il problema è a monte». In realtà il problema è nella valle padana e nel Cuneese in particolare dove la propaganda dei Cobas del latte ha avuto più successo che altrove. Nel 2015, ha promesso l´Europa, le quote spariranno e con loro il gioco di ricatti incrociati di questi trent´anni. Ma un effetto quella storia lo avrà comunque lasciato. «Oggi - spiega Francesco - il 40 per cento del latte bevuto dagli italiani proviene dall´estero. Questo perché la nostra produzione è calmierata. Se invece di spendere soldi per pagare le multe avessimo avuto la possibilità di espanderci, di migliorare le stalle, di aumentare gli allevamenti, forse qui a Rocca de´ Baldi potrei dare da lavorare a due o tre persone aumentando la produzione. Invece sulla nostra azienda possiamo vivere solo io, mia moglie, i miei due figli (che sono piccoli), mio fratello e mio padre (che è anziano). Non so se tutto questo è davvero giusto».
SERVE PI LEGALIT BISOGNA RIBELLARSI A QUESTE FURBERIE - Nella nebulosa e annosa questione delle quote latte ci sono alcuni elementi molto chiari. Primo: è ormai un problema di pura legalità. Secondo: la questione riguarda soprattutto la Lega Nord che ha proposto l´emendamento, visto che i produttori debitori sono in maggioranza leghisti. Terzo: per colpa di pochi ci stiamo giocando la reputazione in un momento decisivo per le politiche agricole europee.
Legalità: già all´inizio, nel 1984, alcuni allevatori cercarono di aggirare la legge. Chiamati ad autocertificare la loro produzione per stabilire le quote, dichiararono molto meno del reale per coprire il "nero" e per non pagare più tasse. Furbi, ma non lungimiranti. Le quote da allora si sono quindi sempre rivelate sottostimate e hanno generato tutti i problemi degli ultimi 25 anni, continuando a quanto pare (da procedimenti in corso e conclusisi) a coprire un complesso sistema di evasione fiscale. NEL 2003 SIAMO RIUSCITI - proprio con Tremonti - a negoziare un accordo con la Ue, un pagamento in 14 anni senza interessi per chiudere la questione.
Oggi c´è ancora chi si ostina a non pagare e vuole che altri (i contribuenti) paghino per lui. giusto dire basta: sottoscrivo ciò che ha detto Fini («Non c´è libertà senza legalità») e sto dalla parte del ministro dell´agricoltura Galan, che su questa vicenda ha ragione.
Sulle quote latte non mi trovo molto in linea con la Lega, invece, che difende gli interessi di pochi grandi imprenditori agricoli che fanno parte dei suoi ranghi. Logico che stia dalla parte del suo elettorato, ma è meno logico che lo faccia in palese violazione delle norme europee: ci si aspetterebbe un altro tipo di etica da chi ha coniato lo slogan "Roma ladrona" e da chi ha mostrato in altre occasioni di avere a cuore i destini dei nostri agricoltori. Sono 19 i principali debitori. Tra di loro c´è chi non solo non ha mai pagato quello che doveva la sua azienda, ma ha anche venduto le sue quote, pur continuando a produrre a tonnellate.
La prossima settimana sono stato convocato a Bruxelles dalla Commissione agricoltura a condurre un workshop per orientare la futura Pac. La politica agricola comune europea sarà infatti rivoltata come un calzino nei prossimi mesi, e ci troviamo in un momento decisivo per il futuro dell´agricoltura italiana. Nel cercare di coprire pochi grandi produttori non in regola, che fanno un´agricoltura insostenibile come quella degli allevamenti intensivi, ci stiamo giocando tutta l´attendibilità in sede europea, rischiamo di farli arrabbiare davvero e non vedere accolte le nostre istanze per una politica rinnovata e moderna, rispettosa della qualità, della sostenibilità, del ruolo decisivo dei contadini nelle nostre campagne. In un momento drammatico per il settore, dove tutti sembrano produrre in perdita - non soltanto i produttori di latte - vogliamo davvero fare questa figura barbina? Passare per i soliti "furbetti italiani"?
In fatto di agricoltura potremmo davvero dettare noi l´agenda europea, siamo i secondi del continente per produzione, ospitiamo una diversità unica, figlia di tradizioni e culture difficilmente riscontrabili altrove. Tutto ciò è in pericolo per politiche dissennate, per un incaponimento a favore di un´agricoltura intensiva di modello anglosassone e Nord europeo che non dovrebbe avere nulla a che vedere con noi.
Perché in Europa vincono sempre gli interessi degli altri Paesi e delle lobbies dell´agroindustria? Continuando di questo passo, con questa reputazione, finiremo per contare come il due di picche. La nostra civiltà agricola dovrebbe essere la punta di diamante di un´Italia orgogliosa e sapiente, che fa cultura con i suoi prodotti: se cercheremo l´ennesima scappatoia dalla legalità peggioreremo un´immagine che alimenta i soliti pregiudizi contro gli italiani. A questo punto sarebbe bello se i bravi agricoltori, quelli che producono bene tra mille fatiche e apprensioni per il futuro, si ribellassero. Che facciano sfilare loro i trattori e le bestie contro questi colleghi che stanno minando da soli tutto il comparto, e facciano capire a tutti che l´agricoltura italiana è tutt´altra cosa: nobile, civile, saggia.
CARLO PETRINI, la Repubblica 15/7/2010
PAOLO GRISERI, la Repubblica 15/7/2010