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 2010  luglio 15 Giovedì calendario

L´OCCIDENTE ESCE LENTAMENTE DALLA CRISI MA I GOVERNI LITIGANO, G20 POCO CREDIBILE" - ROMA - E´

quasi un concentrato dell´economia mondiale e, per questo, ne è anche un termometro. Dentro la General Electric c´è tutta l´energia (dal nucleare alle rinnovabili), apparecchi medici, aviazione, elettronica, la finanza, anche la Nbc, una delle grandi tv americane. In Italia ha comprato, fra l´altro, la Nuovo Pignone e Interbanca. Il risultato è un impero mondiale da oltre 180 miliardi di dollari di fatturato (9 in Italia), con 300 mila addetti, sparsi in oltre 120 paesi. Jeff Immelt, 54 anni, la guida dal 2001. E´ passato attraverso la tragedia delle Due Torri, la bolla delle dot. com, fino al collasso della Lehman e alla crisi degli ultimi due anni. Oggi, è preoccupato dalle incertezze dei governi, ma è convinto che l´economia stia ripartendo.
Ge è una delle più grandi multinazionali mondiali. Su quali scenari dell´economia state impostando la vostra strategia?
«Lo scenario di base è quello che vede Europa e Stati Uniti che escono lentamente dal periodo della crisi. Lo vedo ogni giorno, vedo l´economia migliorare giorno dopo giorno, vedo, in particolare, i nostri ordini che migliorano giorno dopo giorno. Lo vedo come un processo lento, ma che è in corso. Contemporaneamente, e per ragioni assolutamente separate, Cina, India, la parte del mondo ricca in risorse naturali, l´Africa, il Medio Oriente, Brasile stanno andando decisamente bene. la Cina sta spingendo i consumi, l´India sta liberalizzando l´economia, paesi come il Brasile stanno trasformando la loro forza in termini di risorse naturali in forza industriale. Ci sono, insomma, fattori diversi a guidare l´economia globale. Certo, c´è più volatilità, ma debbo anche dire che di situazioni come quella della Grecia mi sembra che si stia facendo di più di quanto la sostanza dei fatti giustifichi».
Intende dire che sulla crisi greca bisognerebbe avere la mente più fredda?
«Sì. Ero curioso di venire in Europa. Nelle ultime tre settimane sono stato negli Usa e tutto quello che leggi lì è Pigs, Grecia, poi Spagna, contagio ecc.. In questi giorni, ho incontrato un centinaio di clienti europei. Tutti i loro affari stanno andando meglio, tutti sono concentrati sulle loro strategie, lo scenario dell´export sta migliorando, perché l´euro si indebolisce. C´è un bel po´ di ottimismo in giro, che non si riflette nella percezione della situazione».
Però, sui mercati predomina l´ansia, l´incertezza.
«Io penso che, all´origine di questa volatilità ci siano i governi. Non ci sono indicazioni chiare su cosa si vuol fare con i debiti pubblici, le regole globali cambiano di continuo, non c´è armonizzazione fra Europa e Usa. Al G20 l´Europa ha assunto una posizione, gli Stati Uniti un´altra».
Che giudizio dà sull´ultima riunione del G20?
«Grande che si incontrino e che parlino. Però, penso che nessuno prenda più troppo seriamente le loro raccomandazioni. Se loro dicono che, nel 2013, dimezzeranno i deficit pubblici, la gente si limita a scrollare le spalle e basta».
In America, comunque, una riforma della finanza si sta facendo sul serio.
«Mi pare siano stati raggiunti ragionevoli compromessi. Un impatto sul sistema finanziario ci sarà, ma un po´ di certezza è una buona cosa, visti i 18 mesi di incertezza da cui veniamo. Però, voglio dire che è impossibile per un governo o una società odiare le banche e, contemporaneamente, volere lo sviluppo. Senza credito, lo sviluppo non c´è, soprattutto per le piccole imprese. Bisogna superare questa animosità verso le banche».
E l´Italia? Anche per l´Italia, come per l´Europa, è moderatamente ottimista?
«Vengo spesso e via via che venivo, vedevo questa progressione. Ho visto il mondo degli affari in Italia via via con più fiducia in se stesso. Sono più globali, sono più in gamba».
Ge è presente in oltre 120 paesi. Ogni anno, deve decidere in quale paese investire. In una teorica graduatoria dei posti in cui investire, dove collocherebbe oggi l´Italia? Trentesimo posto? Cinquantesimo?
«Si investe sulla base dell´esperienza che hai avuto in quel paese. E la nostra esperienza in Italia non è stata buona, è eccellente. Guardi la Nuovo Pignone, a Firenze, che, oggi, è il nostro centro mondiale per tutto quello che riguarda le infrastrutture per petrolio e gas. Però, se devo guardare all´Italia e all´Europa come mercati in sviluppo, lo sviluppo non è qui. Non puoi guardare all´Europa come guardi alla Turchia, al Brasile, alla Cina. Detto questo, se penso agli investimenti, la mia percezione è: il dollaro si sta rafforzando, l´Europa sta attraversando un periodo tormentato, ci sono cose da comprare in Europa. Proprio ora. E lo faremo. Sono convinto che, in questo ciclo economico, troveremo un altro investimento, tipo Nuovo Pignone. Ma non per vendere cose solo in Italia, ma su scala globale, perché, come ho già detto, lo sviluppo non è qui».
Si aspetta che i governi europei facciano qualcosa per favorire gli investimenti?
«Vent´anni fa, c´era un incentivo a creare posti di lavoro in Europa centrale, in Polonia, in Ungheria. E noi l´abbiamo colto. C´era una politica fiscale che aiutava, c´era il sostegno dei governi per la formazione. Questa è la sfida per l´Italia e per tutta l´Europa. Essere più attraenti per nuovi investimenti, per fabbriche da creare da zero. Questo vuol dire riforme: riforme del lavoro, flessibilità, incentivi fiscali».
Lei dice che non si attende grande sviluppo in Europa, ma in un settore in cui voi siete assoluti protagonisti - l´energia - ci sono programmi importanti.
«Certo. Ma, contemporaneamente, la Cina costruirà cinque volte le centrali europee, l´America latina il doppio».
Ge è massicciamente presente nel settore delle rinnovabili (eolico, solare) come nel nucleare, dove è uno dei tre grandi nella costruzione di reattori. Se dovesse scommettere oggi sul futuro dell´energia, punterebbe sulle rinnovabili o sul nucleare?
«Bel problema. Direi che, se dovessi puntare su una sola tecnologia, per essere sicuro che Ge sia leader dell´energia nel 2030, sceglierei il nucleare. Se avessi a disposizione una sola tecnologia su cui essere leader nel 2020, punterei sulle rinnovabili».
Nel 2020? Prima del nucleare?
«E in misura significativa. Tutto il nucleare verrà realizzato molto più lentamente di quanto la gente pensi. Molto più lentamente. Invece, la tecnologia per essere leader nel 2050 è il metano».
Il gas?
«Certo. Oggi, il gas è diventato abbondante. Si scoprono nuove risorse ogni giorno, da quando si è visto che si possono sfruttare, a costi competitivi, anche le riserve di metano non convenzionale, contenute nelle argille, che, fino a ieri, sembravano irraggiungibili».
In Italia, tendiamo spesso ad opporre nucleare e rinnovabili. Gli industriali dell´energia vedono queste due fonti, invece, come complementari. Una opposizione, però, c´è. Sui soldi. Portare avanti tutt´e due costa. Il nucleare, in particolare, richiede investimenti pesanti.
«Sono assolutamente d´accordo. Per questo ho detto: nucleare al 2030. Non c´è una struttura industriale e di fornitura, oggi, nel mondo, grande abbastanza da costruire più di 5 o 6 centrali allo stesso tempo. Talvolta sento dire: 40 nuove centrali atomiche negli Usa nel prossimo decennio. Non accadrà. Tecnicamente, specificamente impossibile. E, comunque, non sta avvenendo nulla per renderlo possibile. Guardi, questo è il mio lavoro: penso che il nucleare sarà la tecnologia prevalente, nel mio arco di vita. Ma io, allora, sarò in pensione».
Voi, comunque, siete interessati a partecipare al programma nucleare italiano.
«Assolutamente. Siamo leader mondiali dei reattori ad acqua bollente. Stiamo costruendo due centrali in Giappone, una a Taiwan».