A.S. La Stampa 15/7/2010, pagina 41, 15 luglio 2010
DIMOSTRARE A LORENZO CHI IL NUMERO UNO
Perché Valentino Rossi rientra? In apparenza, non ci sono motivi. Ma l’apparenza serve a poco quando si tratta di comprendere i piloti. Entità aliene, estreme. Con logiche mentali insondabili. Rossi torna perché non sa vivere senza moto. Ha bisogno di emozioni, sfide, adrenalina. Il suo ego, ipertrofico oltremodo, si nutre di applausi e trionfi. Li ha trovati, persino nell’assenza: al centro della scena c’era sempre lui, vuoi per la guarigione, vuoi per il mercato. Sono bastate quattro gare per dimostrare che non esiste MotoGp senza Rossi (non ancora, almeno). Sono stati sufficienti due test con la Superbike per umiliare Toseland e ridimensionare (un po’) i successi in Aprilia di Max Biaggi. Come a dire: guardate che, se voglio, ci metto un attimo a darvi la paga anche in Superbike.
Ma c’è di più. Valentino è di nuovo sopra una moto perché solo così si sente vivo. Perché non concepisce altra esistenza. Non sa fare altro: «correre» è il nome che altri hanno dato alla sua maniera, naturalissima, di respirare. Rossi non è un buono e non sa perdere: letteralmente. L’idea che usi le prime gare come rodaggio è logica, ma proprio per questo improbabile. Se non per limiti medici. Il Dottore ha puntato da tempo il mirino, al centro del quale era e resta Jorge Lorenzo. L’unico che non ha paura di lui. L’unico che gli ha sfilato la moto da sotto la sella. Un’onta imperdonabile. Da qui un desiderio, carburante primo di questo rientro: punire lo spagnolo. Punire la Yamaha. E ricordare a tutti chi è che comanda.