MAURIZIO MOLINARI, La Stampa 15/7/2010, pagina 15, 15 luglio 2010
LIBERTA’ DI PAROLACCIA IN TV
Via libera agli improperi sessuali in diretta: la Corte d’appello del secondo distretto di Manhattan ha accolto il ricorso contro i regolamenti federali del 2004 che impedivano di pronunciare in tv o alla radio «oscenità sessuali» o «espressioni indecenti», togliendo i lacci a numerose trasmissioni. Il motivo è la tutela della libertà di espressione, come si evince dal testo della sentenza: «Proibire ogni tipo di riferimenti chiaramente offensivi al sesso e agli organi sessuali senza definire prima cosa si intende per offensivo significa ridurre la possibilità di esprimersi perché i conduttori non hanno idea di cosa può essere permesso o meno» con il risultato di «indurli a praticare l’autocensura su contenuti che sono protetti dal testo del Primo Emendamento» della Costituzione, che protegge appunto la tutela della libertà di parola.
Nella motivazione la corte cita alcuni esempi, come ad esempio la decisione di una stazione radiofonica dello Stato del Vermont di non trasmettere un dibattito politico locale perché uno degli sfidanti adoperava «termini proibiti» oppure una tv di Moosic, in Pennsylvania, che ha deciso di non trasmettere più alcun evento in diretta per impedire ai telespettatori di potersi trovare ad ascoltare «parole sconvenienti». Il siluro giuridico ha per destinatario Julius Genachowski, presidente dell’Ente federale sulle comunicazioni (Fcc) di Washington, che finora aveva vegliato sulla rigida applicazione di norme che obbligano radio e tv a coprire con dei «bip» le parole «sconvenienti» pronunciate a microfoni aperti come anche giornali e tabloid ad adoperare i puntini di sospensione per non trascriverle.
Fra i termini più diffusi che subiscono questa sorte c’è «fuck» (scopare, fottere) come anche la descrizione di organi e atti sessuali. A parlare di «giornata storica per la legge americana» è Carter Phillips, l’avvocato di Washington che si è battuto contro la Fcc per difendere gli interessi di un gruppo di network nazionali guidato da Fox tv di Rupert Murdoch: «Definire gli attuali regolamenti troppo vaghi è una cosa giusta che andava fatta da tempo, adesso spetta alla Fcc il compito di riprendere il testo ed essere più specifica nella definizione del concetto di «offesa inerente a frasi a sfondo sessuale» delle quali il vocabolario inglese è molto ricco. I regolamenti ora banditi vennero redatti a seguito di molteplici pesanti, improperi pronunciati in pubblico da artisti come Bono, Cher e Nicole Richie durante dirette tv nonché dell’episodio, avvenuto durante la finale del Super Bowl del 2004, che vide Janet Jackson mostrare all’improvviso un seno nudo a milioni di telespettatori, senza alcun tipo di preavviso durante la trasmissione più seguita dell’anno. interessante notare tuttavia come il giudice della Corte d’appello, Rosemary Pooler, abbia sollevato l’obiezione della «vaghezza costituzionale» solo per i termini a sfondo sessuale, senza alcun riferimento a quelli che chiamano in causa la razza - come ad esempio «nigger» - che restano dunque banditi.
A reagire con rabbia alla sentenza è stato il «Parent Television Council», un gruppo di orientamento conservatore che si batte per «leggi più severe contro l’indecenza in tv» e secondo il quale «ci troviamo di fronte a una decisione sbagliata perché d’ora in avanti saremo subissati da volgarità sessuali» come afferma il presidente Timothy Winter, annunciando un contro-appello per tentare di spingere la giustizia a «tutelare i minori» e «consentire ai genitori di avere voce in capitolo su che cosa possono ascoltare o vedere».
Il Primo Emendamento della Costituzione americana venne redatto nel 1778 e adottato oltre un decennio dopo, nel 1791. Fa parte del «Bill of Rights», il documento che tutela il rispetto delle libertà civili. Proibisce da un lato l’approvazione di leggi «che riguardano le istituzioni religiose» e dall’altro di leggi tese «a impedire la libertà di fede, la libertà di parola, la libertà di stampa, la libertà di assemblea e la libertà di rivolgere petizioni al governo». In origine il Primo Emendamento faceva riferimento solo alle leggi del Congresso di Washington. Successivamente, nel 1925, la Corte Suprema lo estese a qualsiasi tipo di legge, statale o di qualsiasi altra autorità locale.