Salvatore Carrubba, Il Sole-24 Ore 15/7/2010;, 15 luglio 2010
RAP DI IDEOLOGIE TRA STATO E MERCATO
Oramai, dopo il tramonto definitivo delle grandi ideologie, possiamo finalmente concederci il lusso di studiare la società e il mercato senza pregiudizio alcuno. Se da tale nuovo approccio dovesse veramente emergere che il mercato non può opporsi alla società perché ne è parte integrante, allora forse è venuto il momento di superare questa dicotomia, e di pensare a fare la sintesi dei pensieri dei due più grandi economisti del secolo scorso.
Perché l’approccio "sociale"di Keynes permette di comprendere quanto possa essere dannoso l’impatto del liberismo assoluto sulla società in cui viviamo, mentre quello di Friedman ci insegna ad analizzare i flussi economici per quello che sono (ovvero meri scambi commerciali dovuti alla necessità di redistribuire le risorse, e ricompensare il valore aggiunto). Ora possiamo smettere di difendere i totem delle teorie di Keynes e Friedman, e cercare di comprenderne i rispettivi punti di forza, e gli eventuali punti di contatto.
In modo obiettivo e, quindi, ottimale.
Chissà che un nuovo approccio di questo genere non possa consentire di capire meglio come funziona il mondo in cui viviamo, oramai inevitabilmente diverso da quello in cui sono state sviluppate le grandi teorie economiche a cui facciamo ancora riferimento.
Marco Cavicchioli
e-mail • Più che con Friedman, il confronto sembra essersi riaperto tra Keynes e Hayek: il Wall Street Journal, che tifa ovviamente per il secondo, sta insistendo su questo duello, sottolineando anche l’interesse suscitato da questo dibattito presso l’opinione pubblica. Così, dopo una trasmissione televisiva, in Usa il capolavoro di Hayek The Road to Serfdom è balzato al primo posto delle vendite su Amazon; su YouTube circola un video ( Fear the Boom and Bust)
nel quale i due economisti danno vita a un dialogo rap, che è stato visto da quasi un milione e mezzo di persone. Naturalmente, sottolineare il ruolo di Hayek non significa sottovalutare l’importanza delle teorie monetariste di Friedman; il senso della lettera mi pare infatti quello di invocare una sintesi tra due scuole di pensiero che, a tratti, hanno dominato il dibattito negli ultimi settant’anni. Non so se l’obiettivo potrà essere raggiunto: ma mi pare che la crisi, lunga e sempre mutante, si stia rivelando anche crisi delle certezze più solide, ma non fonte di maggiore umiltà.