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 2010  luglio 15 Giovedì calendario

ALL’ASTA GLI OGGETTI DEL SALOTTO DEI POTENTI

Oggi un pezzo di Trinità de’ Monti vivrà Oltremanica una sorta di vivisezione, sia pure colta e ricercata: infatti, Christie’s ha annunciato la vendita della collezione proveniente dalla dimora romana di Maria Girani Agiolillo, appollaiata nel Villino Giulia di Rampa Mignanelli 8. Affacciata in maniera discreta sulla città eterna, su quella Scalinata percorsa da centinaia di politici, per cene bipartisan dagli ingredienti riservatissimi. Come nella migliore tradizione dei grandi chef, quando il segreto di un piatto è l’aroma necessario per una scoperta a metà. Per Donna Maria Angiolillo - moglie del fondatore de Il Tempo, scomparsa l’anno scorso - era quella, innata, del gusto. Anche e soprattutto del ricevere in casa. Chissà quante notizie, quanti accordi e quante promesse sono state fatte nelle stanze di quei quattro piani divenuti museo d’arte in cinquant’anni di collezionismo? Tra opere d’arte antica e contemporanea, magnifici mobili del Settecento, arazzi di Gobelins, preziosi argenti inglesi e russi, rare porcellane di Meissen e Capodimonte. Uno spaccato di storia dell’arte, tadotta in un approccio variegato, non soggetto necessariamente alla scelta di uno stile, ma al gusto della cosa preziosa, del pezzo unico. Di quella rarità capace di fare da trait d’union naturale nell’interminabile storia artistica dell’umanità. Non a caso la presenza di molti marmi, bronzi e terracotte di Igor Mitoraj - scultore praticamente adottato da quella dimora - testimoniano della capacità di Renato e Maria Angiolillo di seguire il percorso dell’arte da quattro secoli a questa parte. Aspetti certamente non sfuggiti alla sensibilità di Clarice Pecori Giraldi, direttrice generale di Christie’s Italia che ha annunciato la vendita odierna nella sede storica della casa d’arte londinese, in King Street. « un privilegio poter presentare alla clientela internazionale di Christie’s la preziosa collezione proveniente dalla residenza capitolina di Maria Angiolillo. Ogni pezzo di questa raccolta - ha detto la Pecori Giraldi - esprime la sensibilità estetica e lo stile di vita di chi lo ha scelto, vissuto e amato. Con gusto europeo e, al tempo stesso, affatto italiano, oggetti orientali figurano accanto a bronzi francesi, gli argenti inglesi sono accostati alle vedute di Roma, la terracotta, il marmo e il bronzo delle sculture di Igor Mitoraj riconducono verso il sentire contemporaneo». « sorprendente - ha osservato la direttrice generale di Christie’s Italia - la varietà e la ricchezza delle porcellane italiane e tedesche, delle commode francesi, dei mobili romani e genovesi, silenziosi testimoni dei rapporti interpersonali intrattenuti da una signora d’altri tempi con i suoi ospiti illustri». Ora che i pezzi di quei tradizionali appuntamenti, conclusisi il 14 ottobre dell’anno scorso, finiranno in altre case il pensiero va al ricordo, alla tradizione orale filtrata tra una foto di Umberto Pizzi e una liaison con altro personaggio paparazzato su quella scalinata che legava l’immaginario al possibile, il gusto di una cena all’accordo decisivo, la capacità di vedere Berlusconi. D’Alema e Veltroni, così come Bertinotti e Fini seduti intorno a uno stesso tavolo. E persino con Umberto Bossi seduto a uno dei tre tavoli da dodici persone che non davano scampo alla chiusura e all’ostracismo, per dare spazio alla confidenza, alla battuta. E chi lo sa, all’intesa. In tale clima, nel caso del premier Silvio e del presidente della Camera Gianfranco si è trattato probabilmente di una delle ultime volte in assoluto. Per un sipario che cala, battuto dai rilanci di un’asta, sui muti testimoni della politica italiana, tra raggi di mondanità di due decenni. Insomma, uno stile inimitabile quello di Donna Maria. Ma in qualche modo equiparabile a Luigi XV, il suo prediletto, scelto quale testimonial della migliore atmosfera da far respirare in quel salotto di potenti. Non a caso i menu erano sempre scritti in francese, ispirati a Escoffier e ai suoi leggendari piatti, personalizzati anche in virtù delle presenze e delle intolleranze degli ospiti: dalle torte di formaggio alle creme di verdura, dalla cacciagione ai paté. Per non parlare dei risotti della sua Lomellina e per arrivare alle bombe di gelato. Il tutto in un ambiente creato ad arte, la stessa che governava a tratti austera e ricercata ma il più delle volte morbidamente compiacente, la cena esclusiva e blindata: tra un antipasto e un flut di champagne, in una Monteciorio in piccolo formato, ma con un’anima politica e finanziaria ridondante come le sovrabbondanze del rococò così amate da quell’inesauribile governante di anime diverse. Pervasa di capacità inconfutabili dinanzi al miracolo semplice di un desco, sia pur servito in pompa magna tra centrotavola di corte e preziose tovaglie schiacciate dal peso delle corpose posate d’argento rigorosamente porte da camerieri in livrea.