Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 12/07/2010, 12 luglio 2010
CRYPTA BALBI: LE CERAMICHE RACCONTANO LA NOSTRA STORIA
Ci sono due belle collezioni di ceramiche a Roma: quella di Palazzo Venezia e quella di Palazzo Braschi. Ma la piccola raccolta che ora viene esposta alla Crypta Balbi è unica. Il perché lo spiega Marco Ricci, che ha curato la mostra insieme a Laura Vendittelli, direttrice del museo: «Le ceramiche trovate sul mercato non si sa da dove provengano. Queste sono state ritrovate tutte negli scavi della Crypta e quindi sappiamo con sicurezza che furono usate, e nella maggior parte prodotte, a Roma».
Piatti, brocche, ciotole e scodelle (circa duecento pezzi in tutto), che si possono ammirare fino al 26 dicembre nell’esposizione intitolata «Invito a tavola, ceramiche medievali e moderne alla Crypta Balbi» (via delle Botteghe Oscure 31) e nel bel catalogo di Electa. Raccontano non solo la storia del vasellame di servizio, ma aprono anche una finestra sulla vita quotidiana, sugli usi e i costumi di un’epoca che va dal periodo tardo antico all’età moderna. L’area archeologica attualmente occupata dal Museo nazionale romano della Crypta Balbi è stata infatti abitata per circa duemila anni, a partire dal primo secolo avanti Cristo, quando venne edificato il vasto cortile porticato annesso al teatro di Lucio Cornelio Balbo, col suo complesso di «insulae» (i condomìni dell’antichità). Nel VII secolo venne tutto interrato per edificare un complesso che comprendeva una serie di abitazioni e il Conservatorio di Santa Caterina della Rosa e gli scavi hanno documentato come nel sito la vita è continuata ininterrottamente, con una serie di trasformazioni e riusi del monumento, attraverso il medioevo e il rinascimento fino ai nostri giorni. Il cantiere, il primo di archeologia urbana a Roma, diretto da Daniele Manacorda, è ancora in corso. Nell’ampio cortile dietro il Museo si cammina in un labirinto di tubi Innocenti, passerelle sospese nel vuoto e tettoie di lamiera.
Da qui sono riemersi alla luce i frammenti di ceramica provenienti dai mondezzai o butti che gli edifici, nel corso dei secoli, hanno sempre avuto. Restaurati e ricomposti, i frammenti hanno adesso ritrovato le loro forme originali e gli elementi decorativi. «Molti pezzi - spiega Ricci - furono prodotti a Roma, altri importati da altre regioni, come l’Umbria, la Toscana, la Liguria». Tra l’anno Mille e il 1200 vi fu una produzione soprattutto di uso comune, senza decorazioni, che cominciano ad apparire invece verso il 1300 in linea con le esigenze di una popolazione più benestante. Risale a questo periodo la cosiddetta maiolica arcaica, caratterizzata da una vasta gamma di decori dipinti in verde ramina o azzurro e in bruno manganese su smalto, con motivi vegetali o astratti, raffigurazioni araldiche e zoomorfe. Il lusso arriva tra il Quattrocento e il primo Cinquecento, quando su Roma gravitano le famiglie più ricche e potenti dell’epoca, che attraggono artisti e artigiani da ogni parte d’Italia fino al sacco di Roma (1527). in questo periodo che la ciotola per minestra, usata da secoli, improvvisamente si orna di una fascia piatta intorno all’orlo, diventa insomma quello che attualmente viene chiamato piatto fondo. Segno che erano entrate in uso le tovaglie e si voleva evitare di sporcarle con le gocce di brodo versate facilmente dalla ciotola. L’altra grande rivoluzione arriva nel Settecento, con le prime tazzine da caffè, da tè e da cioccolato.
Lauretta Colonnelli