FRA.GRI., La Stampa 12/7/2010, pagina 3, 12 luglio 2010
UN GIUDICE NON PUO’ ANDARE A CENA CON UN FACCENDIERE
Mi permetta uno snobismo intellettuale. Io penso che i magistrati debbano andare a cena con i loro pari. A cena con un faccendiere non ci si va». Giuseppe Maria Berruti, consigliere uscente del Csm, voce autorevolissima di Unicost, era un nemico di chi cercava di pilotare in un certo modo le nomine dei capi degli uffici giudiziari. E non è un modo di dire. «Quel Berruti, Giacomino (intendendo Giacomo Caliendo, sottosegretario alla Giustizia, ndr) se lo deve scannare!», grida inferocito al telefono uno degli arrestati perché Berruti si era messo di traverso, rompendo il fronte della sua corrente. Già, ma il fatto è che Berruti li conosceva bene.
Tutto sembra ruotare attorno alla nomina di Alfonso Marra a capo della corte d’appello di Milano.
«Marra non era votabile e lo dissi subito».
Sembra di capire che lei fosse la loro bestia nera.
«Guardi, il legislatore di destra ha fatto un’ottima riforma nel decidere che i capi degli uffici sono a termine. Che dopo otto anni si fa spazio a un altro. Ciò comporta, nel Csm, che non si valuta più la mera anzianità, ma le capacità. E questa è stata una rivoluzione dentro la magistratura, anche se mette a rischio più di prima l’imparzialità nella decisione. Qui, in questa discrezionalità delle scelte, s’inserisce il gioco delle correnti, ma come si vede, in questa storia, le correnti c’entrano poco... Piuttosto c’entrano la politica e influenze improprie come s’è visto. Comunque, tutti al Csm possiamo fare una valutazione sbagliata. Altro è decidere senza autonomia, influenzati dall’esterno, o addirittura fortemente sospinti».
Vogliamo parlare di Antonio Martone, presente all’incontro a casa Verdini?
«Aveva fatto domanda per fare il procuratore generale di Cassazione».
Un potere immenso: titolare dell’azione disciplinare su tutti i giudici.
«Dissi no. Vedevo troppa ambizione a fronte di candidati con maggiori titoli. E così emerse la candidatura di Vitaliano Esposito».
Nessun sospetto?
«Non immaginavo... Sapevo che Martone era buon amico di Giacomo Caliendo, ma di tutto ciò che è emerso non potevo immaginare».
Di Caliendo ricordiamo la storiaccia del passaporto restituito a Calvi, no?
«All’epoca Caliendo era consigliere del Csm; io pensai a un’ingenuità. Ora non so, di ciò che emerge dalle intercettazioni, che cosa dire».
Dietro le quinte Pasquale Lombardi, presunto giudice. Lo conosce?
«Sì, è delle mie parti, ma non gli ho mai dato udienza. Quando lo vidi all’inaugurazione dell’Anno giudiziario in Cassazione rimasi di stucco. Come le ho detto, io la penso così: i giudici non s’accompagnano ai faccendieri. E il signor Lombardi me lo ricordo bene quando militava nella sinistra di Base e seguiva importanti parlamentari irpini».
Immagino Peppino Gargani.
«Può essere. Ma solo parlare di questa persona la dice lunga su quanto sia scesa in basso la Repubblica».
Lombardi aveva confidenza persino con il presidente della Cassazione, Carbone.
«S’è giocato probabilmente con l’ingenuità di Carbone prossimo alla pensione. E’ incredibile vedere come persone di grande intelligenza non riescano a essere brusche e brutali con coloro i quali le avvicinano in maniera impropria. E questo mi immalinconisce molto».
Conclusioni?
«Esiste chiaramente una questione morale dentro la magistratura. Io conosco bene la retorica sui giudici che lavorano sodo e in silenzio. Vero. Ma diciamo anche che conosco anche molta gente che non fa il proprio dovere e che fa finta di non vedere. In quattro anni di Csm ne abbiamo incontrati molti e costretti in tanti alle dimissioni».