Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  luglio 12 Lunedì calendario

INSTANCABILE E PAZIENTE QUEL MAESTRO UN ROBOT

«Concentrati sull´accento, provaci ancora, la pronuncia è essenziale». Il professor Engkey non dà tregua ai suoi allievi, una classe di studenti d´inglese in Corea del Sud. Incalza i ragazzi finché la loro padronanza della lingua non migliora. Da Engkey e centinaia di suoi colleghi la Corea del Sud si aspetta il prossimo miracolo scolastico.
Già celebre per l´ottimo livello di apprendimento della matematica e delle scienze - i suoi liceali sono al top nelle classifiche internazionali Pisa-Ocse - questo «dragone asiatico» ha un problema con le lingue. Troppo pochi gli insegnanti inglesi di madrelingua, non abbastanza bravi i prof locali. Un cruccio per la classe dirigente di Seul, dato che un´alta percentuale di studenti sudcoreani si candidano per andare a studiare in America.
Ora hanno trovato la soluzione. 8.400 scuole materne avviano programmi intensivi in inglese grazie all´arrivo di un´armata di Engkey. Che non è un cognome, ma la fusione di English e Jockey. A forma di pinguino, questi robot sono docenti instancabili, scrupolosi e severi. Con un prezzo di listino di 8.000 dollari, costano molto meno di un insegnante sudcoreano, per non parlare degli stranieri. Per i ragazzi sudcoreani, cresciuti fra computer e smart-phone, Engkey è decisamente «cool». Fin dai primi test sui robot professori, condotti alla University of California San Diego, i risultati sono stati incoraggianti: l´apprendimento delle lingue anche nei bambini piccoli fa progressi spettacolari con questi androidi.
Niente a che vedere con i metodi audiovisivi usati da decenni. Il robot non è semplicemente un ausilio che ripete frasi, ascolta, corregge. E´ un essere dotato di empatia. Al software di riconoscimento della voce umana, sempre più sofisticato, la sua intelligenza artificiale unisce nuove capacità di interpretazione della nostra dinamica facciale: coglie le emozioni dai nostri occhi, da una smorfia della bocca. E a differenza degli insegnanti umani, «hanno una pazienza infinita», spiega senza ironia la scienziata Patrica Kuhl che dirige l´Institute for Learning and Brain Sciences di Washington. E´ questa pazienza che rende gli androidi adatti anche a compiti speciali, come le terapie ripetitive usate per affrontare i problemi dello sviluppo nei bambini autistici.
Le potenzialità dei robot nella scuola fanno progredire grazie a due nuove discipline. Una si chiama «socio-robotica» e viene praticata dai laboratori di ricerca della Honda a Mountain View, nella Silicon Valley californiana. Gli scienziati degli Honda Labs hanno creato Asimo, così battezzato in omaggio al grande romanziere di fantascienza Isaac Asimov che stabilì il comandamento più importante per i robot: proibito fare del male agli esseri umani. La socio-robotica si occupa, per l´appunto, delle relazioni sociali tra «noi e loro».
L´altra disciplina si chiama «affective computing», che si potrebbe tradurre in «informatica affettiva». Oppure lo studio degli affetti nei computer? (Bisognerebbe chiedere un parere al prof. Engkey).
All´avanguardia in questo settore c´è il neuroscienziato Terrence Sejnowski, impegnato da anni a esplorare quei comportamenti che rendono i robot «più convincenti, più reali come partner, come assistenti, come docenti».
E´ grazie ai progressi su questi terreni che la bravura degli androidi-insegnanti garantisce risultati di apprendimento molto migliori rispetto ai vecchi strumenti tecnologici come registratori, video, computer. Il robot, per esempio, sa «catturare l´attenzione» di un bambino. Morphy, androide nato all´università di Washington, usa un trucco semplice al suo primo contatto con una bambina di due anni. Comincia col salutare la mamma. A quel punto la bambina «registra» l´androide come un essere sociale. Il passo successivo: Morphy guarda un giocattolo, e gli occhi della bambina seguono i suoi. Si è creato «il contatto fra gli sguardi», prima forma di interazione sociale.
Malgrado l´entusiasmo dei sudcoreani, nel boom dei robot docenti si può trovare qualche ragione d´inquietudine. Mitchel Resnick, ricercatore del Massachusetts Institute of Technology, pur conducendo esperimenti coi bambini delle materne si interroga sui pericoli. «Se i nostri figli crescono addestrati dai robot, considereranno la tecnologia come il loro istruttore. Il passo successivo è rischioso: potranno pensare che la tecnologia è il loro signore e padrone». Più prosaicamente ci si può chiedere se in un´era di alta disoccupazione sia benefico introdurre i robot nelle scuole al posto degli esseri umani. Ma questo ricorda l´antica obiezione dei luddisti contro l´introduzione delle macchine industriali. Si sa com´è finita, hanno vinto le macchine.