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 2010  luglio 12 Lunedì calendario

INTERVISTA A SANTO VERSACE

Il destino è bizzarro: «Era il 2007, Governo Prodi. Arrivai a Palazzo Madama per incontra­re il mio amore».
La sua compagna?
«Francesca De Stefano, avvo­cato, dirigente del ministero dell’Economia. Reggina come me: sua nonna era cliente della sartoria di mia madre. Ma, ana­graficamente, con venticinque anni in meno del sottoscritto».
Complimenti.
«Posso proseguire?».
Ci mancherebbe.
« Ero senza cravatta».
Santo Versace senza cra­vatta?
«Il commesso mi sbarrò la strada e me ne diede una, neu­tra, da croupier, per entrare».
Morale?
«Grazie al commesso ho in­contrato Francesca. Adesso so­no deputato e qualche volta me la metto, qualche volta no. Mio fratello Gianni aveva scritto un libro intrigante, L’uomo senza cravatta , in cui spiegava che la cravatta non significa nulla. Ci sono mafiosi che la indossano e restano criminali. Però alla Camera do il buon esempio: ve­sto Versace».
La seconda vita di Santo Ver­sace non cancella la prima: par­lamentare ma anche presiden­te dell’omonimo gruppo, uno dei simboli del made in Italy, quasi 300 milioni di fatturato. E la prima esistenza non compri­me la seconda: negli ultimi me­si, Versace si è fatto notare per gli interventi, le interviste e le ospitate tv in cui puntigliosa­mente combatte gli sprechi del­la pubblica amministrazione, contesta le sacche di inefficien­za dello Stato, punta il dito con­tro i privilegi della magistratu­ra. Insomma, il sarto usa le for­bici anche a Montecitorio. E a 65 anni si è guadagnato una di­sc­reta fama anche fuori dai con­fini dell’impero glamour della Medusa.
Onorevole, ma chi gliel’ha fatto fare di entrare in poli­tica?
«Silvio Berlusconi. stato lui a chiamarmi».
Il Cavaliere è il primo con­tribuente del Parlamento, lei il secondo. Più di 5 milio­ni nel 2008.
« stato un anno con discreti dividendi. Ma c’è molto da fa­re: il marchio Versace vale al­meno un miliardo, ma dopo la morte di Gianni siamo rimasti indietro».
Anche la casta cui lei appar­tiene è rimasta indietro.
«Troppi parlamentari sono rassegnati e pensano di essere inutili. Ci vuole convinzione. Io lavoro, molto e seriamente, e del resto la politica ce l’ho nel sangue da sempre; nel ”68 ero vicesegretario della federazio­ne socialista di Reggio Cala­bria. Negli anni Ottanta, Betti­no Craxi ricevette una sera mio fratello, mia sorella Donatella e il sottoscritto. Bettino aveva ca­pito l’enorme importanza del made in Italy. E considerava gli stilisti gli eredi dei grandi del Ri­nascimento ».
Il Rinascimento italiano si è bloccato?
«Sono ottimista. Dobbiamo proseguire con le riforme. Sac­coni si sta impegnando per il welfare, Brunetta lotta per mi­gliorare la pubblica ammini­­strazione, la Gelmini ha impo­stato un’ottima riforma del­l’università ».
Però i suoi figli hanno stu­diato all’estero. Un caso?
«Hanno scelto loro. France­sca è andata alla Saint Martin’s University di Londra, Antonio alla Columbia di New York. Pe­rò questa non significa scappa­re dall’Italia. Anzi, il problema è un altro».
Quale?
«Combattere davvero le bat­taglie per la modernizzazione. Combattere sul serio la corru­zione, la burocrazia, il fisco, la casta. Lo sa quanto ci costa un’auto blu?».
Quanto?
«L’auto blu blu pesa sul con­tribuente per 250mila euro l’an­no. Perché l’auto blu presuppo­ne quattro autisti. Dobbiamo eliminare gli sprechi».
Lei da dove inizierebbe?
«Dalla portaerei Cavour. Non ci serve, potremmo ven­derla, lo Stato incasserebbe 2 miliardi di euro».
E La Russa?
«Dica quello che vuole».
Col Cavaliere di cosa parla­te? Dei vostri redditi?
«Non lo vedo da quando è sta­to­ricoverato al San Raffaele, do­po l’aggressione. Però credo che dia troppo ascolto agli in­cendiari, ai piromani. A me piacciono i pompieri. Da bam­bino giocavo con le macchini­ne dei pompieri».
Il ministero dello Sviluppo economico, oggi vacante, le piacerebbe?
«Nessuno me l’ha proposto. Non credo che mi toccherà».
Messaggio ricevuto. Chi fa­rebbe sfilare sulla passerella di Montecitorio e di Palazzo Madama?
«Fra gli uomini Pier Ferdinan­do Casini, davvero un bell’uo­mo, e Gianfranco Fini, sempre magro, asciutto».
Fra le donne?
«Ci sono molte ragazze cari­ne. La Prestigiacomo, la Carfa­gna, Gabriella Giammanco, An­nagrazia Calabria, nell’opposi­zione Marianna Madia. Poi c’è Giulia Bongiorno. Ha carisma, sarebbe una testimonial perfet­ta. Come il suo direttore Vitto­rio Feltri. Lo chiamerò».
Chi rivestirebbe dalla testa ai piedi?
«Roberto Giachetti del Pd. Troppo casual, potrebbe fare di meglio. Il physique du rôle ce l’ha».
Scusi, non le fa impressione parlare oggi con la Bindi e do­mani con Naomi Campbell?
«Naomi è un po’ che non la sento. Quando litigava, e succe­deva spesso, con i suoi fidanza­ti, chiamava Gianni: Gianni le ha fatto da padre e da fratello maggiore. Lei prendeva e veni­va sul lago di Como, si piazzava nella vila di Moltrasio e si dava una calmata. In settimana la chiamerò. Devo trovare il tem­po. Sa, io sono un cittadino del mondo».
Ci vuole rivelare la sua agenda della settimana?
«Venerdì ero a Venezia a una cena con cinquecento giovani imprenditori guidati da Matteo Zoppas. Il ricavato della serata è andato a finanziare Opera­tion Smile , una onlus di cui so­no presidente che si occupa dei bambini malformati; sabato in­vece ero a Roma, a Villa Medici, per un ricevimento con i signo­ri della moda e pezzi di nobiltà. La settimana precedente mi tro­vavo a Beirut per lanc­iare la Tor­re Versace e qualche giorno pri­ma a Dubai, per fare il punto sul Palazzo Versace, il secondo do­po quello già aperto in Austra­lia. Quello di Dubai nasce con una madrina d’eccezione:Cin­dy Crawford».
Si fermi. E ci consigli. Que­st’estate dove si va in spiag­gia?
«Andrò in Sardegna. Dalle parti di Villasimius. Sardegna del Sud. Sardegna vera. Con Francesca e alcuni amici».
Insomma, lei ha il mappa­mondo sul comodino. E im­magino che abbia case ovunque.
«A Londra, a New York, due a Roma, tre o quattro a Reggio Ca­labria. Due a Milano. O tre?».
Ha perso i conteggi?
«No, sono tre».
Anche su questo fa concor­renza al Cavaliere?
«Il Cavaliere è imbattibile».
In questo turbinio ha man­cato la cena a casa Vespa con Berlusconi e Casini.
«Non sono stato invitato. Avrei fatto sentire la mia voce».
Le basterebbe essere il sar­to del Cavaliere?
«Molti deputati vestono Ver­sace. Ed Elvira Savino si è sposa­ta con un abito Versace. Il Cava­liere era testimone».
Testimone o e testimonial?
«Testimone. Per come era ini­ziato il rapporto, pensavo di la­vorare a stretto contatto con lui. Non è andata così. Adesso in compenso ho raggiunto un accordo con la nazionale parla­mentare, guidata da Gioacchi­no Alfano, deputato Pdl di Na­poli: vestiranno Versace».
Lei è sempre favorevole al­la nomina di Giorgio Arma­ni a senatore a vita?
«Certo, l’ho proposta io. Con Gianni è il simbolo per eccellen­za del made in Italy ».
E come la mettiamo con le cravatte dei parlamentari?
«Potremmo fare a metà ».