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 2010  luglio 10 Sabato calendario

LA NUOVA P2

Massoneria deviata e ma­­gistratura. C’è un warning nell’inchiesta sulla P2 dell’eo­lico. Dalle carte sul presunto «gruppo di potere occulto» che hanno portato all’arresto di Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Marti­no, al di là di uno spaccato esi­­larante che vede il terzetto proporsi come «risolvi-pro­blemi » senza risolverne mai uno, emerge una fitta rete di conoscenze con alti magistra­ti.
L’attempato Lombardi,die­tro lo scudo di un’associazio­ne giuridica, è l’addetto ai rap­porti di corridoio con le to­ghe. A tutti dà del tu. Il suo ego è smisurato anche al telefono («gli amici devono capire che senza di noi non possono an­dare avanti sicché loro ci de­vono rispettare sotto ogni aspetto») laddove si propone di risolvere questioni più grandi di lui. Vedi il lodo Alfa­no allorché tenta l’avvicina­mento dei giudici della Con­sulta cercando di capire quan­ti membri stiano di qua e quanti di là. Tenta attraverso Antonio Martone, ex presi­dente dell’Anm, conosciuto in un incontro allargato a nu­merosissime persone a casa del coordinatore del Pdl, De­nis Verdini. Ci prova col depu­tato Renzo Lusetti, già Pd («Mi devi dire se tieni qual­c­he amico nella Corte costitu­zionale, sì? (...) Lo so ehhh, ho capito, vengo da te perché ti devo parlare urgentemen­te »). Dopodiché attiva un al­tro canale: Cesare Mirabelli, presidente emerito della Cor­te costituzionale. «Pronto Ce­sare? ». E giù con le richieste: «No, dicevo, siccome il 6 otto­br­e si verificherà il lodo del mi­nistro, i tuoi amici e colleghi su che posizioni stanno?». Mi­rabelli prende tempo, è senza parole. Lombardi: «Senti, quella donna della Consulta, dice che è sua amica...». Mira­belli: «Beh... non è che gli in­terventi vengono garanti­ti... ». Lombardo annuisce, in­siste, rilancia: «Vabbè ci sen­tiamo domani professo’. Mi stanno mettendo in croce gli amici miei, che sono anche amici suoi eh eh». Il lodo Alfa­no è finito com’è finito. Il flop di Lombardi è straordinario. E non è l’unico, come dimo­strano i maldestri tentativi di accreditamento presso il sot­tosegretario Nicola Cosenti­no. Tentativi che lo portano a farsi ricevere ripetutamente dal magistrato più importan­­te d’Italia: il primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone. L’obiettivo è con­cordare i modi e i tempi per una rapida fissazione e l’acco­glimento del ricorso contro la misura cautelare che ha colpi­to Cosentino. Il 7 gennaio Lombardi chiama Carbone: «Stai in Cassazione stamatti­na? Ok, ti raggiungo verso mezzogiorno». Scrive il Gip: «Nella tarda mattinata dello stesso giorno, evidentemen­t­e dopo aver raccolto informa­zioni in Cassazione, informa Cosentino della necessità che i difensori depositino un’istanza di rinuncia dei ter­mini ». L’indomani Lombardi contatta la segreteria del pre­sidente Carbone, chiede di fis­sare subito l’udienza. Carbo­ne, di persona, richiama di lì a poco: «L’udienza è fissata per il 28 gennaio». Lombardi: «Preside’ (...) e na’ putimmo fa nu poco prima, evve’?». C: «Statte buono...». Seguono svariate chiamate fra i due. Lombardi: «Ieri sono stato con molti amici bravi (...) che hanno parlato molto bene, e dicono che dovresti stare altri due anni in Cassazione per mettere a posto le cose (...) Ti stimano perché hanno visto che tu sei al di sopra di tutti (...). Vabbè comunque merco­ledì sto da te e ti dico quello che hanno detto i miei ami­ci ». Non contento, nei giorni a seguire, Lombardi spende addirittura il nome di Gianni Letta. Millanta una conoscen­za inesistente e nell’occasio­ne dice a Carbone che ha pronto un presente: «Stam­me a senti’, mi so fatto porta­re l’olio buono e te lo porto do­mani mattina, ci vediamo in Cassazione e facciamo il tra­sbordo ». Morale della favola: il ricorso di Cosentino viene rigettato, Lombardi incassa l’ennesima figuraccia. Fini­ta? Macché. Forte di più cono­scenze al Csm, il Nostro si fa avanti per sponsorizzare alcu­ne toghe a Isernia, Nocera In­feriore, Milano. Ne discetta al telefono il 21 ottobre 2009 con Celestina Tinelli, mem­bro laico, area centrosinistra. Lombardi: «Su Milano (corte d’Appello, ndr ) dovremo ve­dere per l’amico Alfonso (Marra, ndr ) ». Tinelli: «Altro problema». L: «Madonna mia, e come si fa? (...) Ho capi­to, è opportuno che ne parli un poco col presidente delle Cassazione, con Carbone, se­condo te, anche per Marra?». T: «Sìììì assolutamente (...). Lì è Berruti che ha creato il pro­blema ». Lombardi interpella Marra, che di fronte ad alcu­ne presunte manovre contro di lui sbotta: «Io li brucerò vi­vi, perché io ho tutte le espe­rienze che mica ha lui, capi­sci? ». Marra va oltre: «Parla con Berruti, bisogna avvicinà ”sto cazzo di Berruti». L: «Si de­ve fare questo, questo tiene il fratello che è deputato con Berlusconi». M. «No, vabbuò, famme o favore, tiriamo fuori il fratello». Nelle telefonate si fa spesso riferimento a «Gia­como », che i carabinieri iden­tificano in Giacomo Calien­do, sottosegretario alla Giusti­zia. Lombardi lo scomoda ri­petutamente, per caldeggia­re Marra. L: «Sono stato dal presidente, ti ringrazia e dissi che Giacomo si impegna al massimo per quello che te de­­sideri, per cui devi fare due co­se, m’ha detto sì,mo’ agge par­late pure per quanto riguarda Alfonso (Marra, ndr ) e che pu­re lui ci sta. Su Berruti te la de­vi vedere te (...). Allora, fatica­tello, mo’ adda faticà tu pec­ché io l’agge faticata già». Pur di vedere Marra a Milano, il 20 novembre Lombardi si in­contra con Nicola Mancino, vicepresidente del Csm. Pri­ma di andare si consulta con Caliendo. Poi si vanta del summit con Martino: «Abbia­mo fatto un ottimo lavoro, gra­zie a Dio quello che dovevo fa­re per i nostri amici, diglielo anche a quell’amico tuo a Mi­lano ». Ma Lombardi non è si­curo di Mancino, telefona a chiunque. Morale: Marra ce la fa, Lombardi esulta: «Abbia­mo fatto il presidente!». Così si propone a Formigoni spie­gando di essere in grado di ri­solvere il problema dell’esclu­sione della lista «Per la Lom­bardia ». Crede di avere Marra dalla sua. « fatta» confida a Martino. Macché. Il 3 marzo il ricorso viene rigettato. Lom­bardi sibila: «Che figura di merda...». Non contento ri­c­ontatta Caliendo per far par­tire un’ispezione nei confron­ti del collegio che ha bocciato il ricorso. Il capo degli 007 di via Arenula, Arcibaldo Miller, dice no.