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 2010  luglio 08 Giovedì calendario

LE REGIONI A BRUXELLES IL BALLO DEL MATTONE

Cinque anni fa il Molise ha acquistato una palazzotto finto gotico che farebbe invidia a Dario Argento. E’ un edificio buio sulla Rue de Toulose, nel pieno cuore di vetrocemento del quartiere europeo di Bruxelles, il capriccio architettonico di un tale Delf Van Roey che lo ha concepito 99 anni fa. Sono 550 metri quadrati pagati 1,6 milioni, un affare se si pensa a Milano. La delibera di acquisto ne vantava l’affaccio su «strada di assoluta quiete e di facile accesso, distante solo 200 metri dalla metropolitana». Risulta che «retrostante l’edificio vi è un giardino di 200 metri quadrati» in cui ci sono «alberi adulti sufficienti a conferire al luogo un quieto senso di compiutezza». Lo guardi e ti domandi che senso abbia un simile investimento per una regione da 320.229 anime, se servano tutte quelle stanze per due funzionari e un cospicuo numero di stagisti. La risposta sta nella misura. Perché se l’ufficio non gira ha ragione chi grida allo spreco del denaro dei contribuenti, come il ministro del Tesoro Tremonti che si chiede «perché le regioni italiane non si concentrano a Bruxelles in un solo ufficio». Se invece la sede fa il suo dovere e produce contratti, allora è un business che spazza via le accuse di «spesa pazza».
Questione di numeri. Sino al 2013 l’Ue ha in canna 44 miliardi per le regioni della penisola, fondi che si conquistano informando le amministrazioni locali, presentendo progetti, stipulando alleanze transfrontaliere. Il governo a caccia di tagli ha lamentato che i soldi europei raccolti non sono abbastanza e, al contempo, s’è interrogato sulle opportunità di avere sedi costose al Bruxelles. Cosa che, per chi in quegli uffici ci lavora, pare un problema di lana caprina.
Tutte le regioni italiane sono schierate in zona Ue, anche se va di moda minimizzare. «La Basilicata è l’unica a non avere nemmeno una propria sede», ha vantato nei giorni scorsi il presidente Vito De Filippo. Vero a metà, perché un’antenna c’è, serve a loro come agli altri, anche per evitare di mandare su gente di continuo dall’Italia. «E’ una piccola sede in cui lavora un numero limitatissimo di funzionari», dice Roberto Formigoni, governatore lombardo, dei suoi uffici. A Place Champ du Mars la delegazione meneghina ha preso per 3,5 milioni 1600 metri quadrati, in parte subaffittati. Piccolo? Tutto è relativo. I dipendenti sono 13, con 20 milioni di progetti e 176 mila euro l’anno spesi. «Non si può affrontare il problema solo con logica finanziaria - assicura il responsabile dell’ufficio molisano, Carlo Marinelli -. Noi stiamo costruendo una macroregione adriatica, siamo il collegamento per i fondi e tante altre cose». Numeri non ne dà. Però invita a guardare gli altri, con ragione. Le nostre regioni sono niente rispetto alle corazzate straniere, ai 60 alfieri di Valencia o gli 80 della sfarzosa Baviera che occupa 5 mila metri quadrati. Indovinate chi ha più facile accesso ai forzieri Ue? Monaco o Milano?
«A Bruxelles occorre operare a livello transnazionale, così come richiesto dai programmi comunitari e indirettamente dalle istituzioni Ue», spiega Lorenza Badiello, responsabile dell’Emilia Romagna. La sua base è sobria, sull’Avenue de l’Yser, davanti al parco del Cinquantenario, un piano di una Maison condivisa con Assia, Aquitania e Wielkopolski. Il contatto con gli altri è continuo, più voci dicono che è indispensabile, perché i progetti migliori sono multinazionali.
Questo rende vantaggiosa la solitudine aggregata. I piemontesi hanno comprato in Rue du Trône, ai limiti del Quartiere Leopold. Quattro piani per 9,2 milioni, ma uno è andato alla Puglia, un secondo a Provenza/Costa Azzurra, e un terzo è affittato a Rhone-Alps. Alla lunga contano di guadagnarci. Come i veneti, proprietari di una Maison da mille metri circa sulla Tervueren, subaffittata a sei entità. Tutti insieme? «Non è detto costi meno - dice un dirigente del Mezzogiorno -: e poi dobbiamo integrarci con l’Europa non l’Italia». E’ un "no" alla ritirata e alla sede unica. Lavorare e spendere meglio? «Certo! - insiste la fonte - Ma vale qui come in qualunque altro posto».