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 2010  luglio 10 Sabato calendario

IL GIP SU CARBONI: CONCRETO PERICOLO PER LE ISTITUZIONI

Il fatto è che «l’uomo dei misteri» ha 78 anni, venti processi alla spalle e tre bypass in ricordo di altrettanti infarti, e dopo un’ora di interrogatorio non ce la fa più. «Non è possibile - sbotta davanti al gip Giovanni De Donato - è tutto assurdo. Sono state estrapolate delle frasi in modo cervellotico. Ora sono evidentemente malinterpretate. Prendiamo le telefonate integrali e ascoltiamole insieme. Posso spiegare ogni singola parola... ». Flavio Carboni si sente male alle due di pomeriggio. Ha quasi un mancamento. Lo sorregge l’avvocato Renato Borzone. Nell’ufficio del comandante del carcere Regina Coeli, dove in via eccezionale è in corso l’interrogatorio di garanzia, interviene il medico di guardia. Gli misura la pressione, deve fargli un’iniezione di anticoaugulanti. Il gip consiglia di sospendere. Ma Carboni chiama vicino a sé il suo legale: «Voglio andare avanti - ripete - voglio spiegare». Ed ecco Borzone: «Mi assumo la responsabilità di proseguire. Flavio Carboni vuole cercare di chiarire tutti i dubbi».
Non sembra aver fatto altro, nel corso della sua vita. Dal primo arresto in Svizzera del 1982. Imprenditore, faccendiere, titolare di società immobiliari e finanziarie, è entrato e uscito dal carcere un’infinità di volte. Il suo nome ricompare in molti misteri italiani: il sequestro Moro, la scomparsa di Emanuela Orlandi, l’assassinio del banchiere Roberto Calvi, il falso dossier Demarcus che sosteneva un legame tra Stefania Ariosto e i servizi segreti. Venti processi - il suo avvocato non è sicurissimo del numero - una sola condanna definitiva a 8 anni e 6 mesi per il crack del Banco Ambrosiano. Adesso Carboni deve difendersi dall’ultima duplice accusa: aver tentato di mettere le mani sul business dell’eolico e aver cercato di interferire con i poteri dello Stato attraverso una specie di loggia segreta.
Da qui ricomincia l’interrogatorio, venti minuti dopo il malore. Ma prima di entrare nel merito delle singole intercettazioni, Flavio Carboni dice: «Ho fatto attività di propaganda e supporto politico che ritengo legittime. Null’altro. Quanto alla segretezza, sono sorpreso. Venivano organizzati dei convegni pubblici con 150 magistrati di tutte le correnti politiche, cosa c’era di segreto?». Sui suoi rapporti con Verdini e Dell’Utri: «Li conosco, è vero. Intratteniamo rapporti più che leciti». Sulla cena per tentare di influenzare la Consulta chiamata ad esprimersi sul Lodo Alfano: «Da parte mia non c’è mai stata alcuna attività che riguardasse la Corta Costituzionale, nessuna cena. Ho fatto solo commenti generici, come in quel periodo facevano tutti». L’interrogatorio va avanti altre due ore. Alla fine, prima di salutare il suo avvocato, chiede vestiti e generi di conforto: «Niente da leggere, non me la sento».
Alle quattro e dieci di pomeriggio l’avvocato Borzone esce dall’ingresso principale del carcere. ancora scosso: «Il gip ha disposto un accertamento sulle condizioni di salute di Flavio Carboni. Ma intanto è dovuto tornare in cella. Mi chiedo perché non potesse stare almeno in infermeria. Mi sembra allucinante». Anche sull’inchiesta, non lesina gli aggettivi: «In mancanza assoluta di prove, si contesta un’associazione a delinquere del tutto sproporzionata. Pensare che questi tre signori attraverso un mucchio di telefonate - alcune delle quali in dialetto napoletano che fanno letteralmente sbellicare dalle risate - abbiamo costruito un’associazione segreta, mi sembra un cosa ridicola. Raramente ho visto un’assenza di ragioni cautelari così conclamata». Per il gip invece il carcere è motivato da un concreto pericolo per le istituzioni democratiche. «Magari Flavio Carboni è un personaggio discutibile, ma la sua personalità è stata ingigantita in maniera abnorme». Cosa le ha detto, appena arrestato? «Ci risiamo, avvocato. Non ne posso più, è una persecuzione».