Fosca Binker, Libero 9/7/2010, 9 luglio 2010
I PARTITI SFRUTTANO LE QUOTE ROSA PER SCARICARE PRANZI E TAXI
Ieri qualcuno deve avere barato al gioco. Scorrendo l’elenco di convegni, appuntamenti, manifestazioni in giro per l’Italia non ce ne era nemmeno uno che potesse riguardare anche alla lontana la presenza delle donne in politica. Eppure c’erano 27mila euro a disposizione, offerti generosamente dagli italiani. Con quella somma si poteva fare un’iniziativa per lanciare le quota rosa almeno in ognuno dei capoluoghi di regione. la legge a prevederla. Quella del 1997, che ha attribuito con generosità ai partiti politici quattro rimborsi elettorali all’anno: uno per le elezioni alla Camera, uno per quelle al Senato, uno per le europee e uno per le regionali. L’articolo 3 recita così: ”Ogni partito o movimento politico destina una quota pari almeno al 5 per cento dei rimborsi ricevuti per ciascuno dei fondi di cui ai commi 1 e 5 dell’articolo 1 ad iniziative volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla politica.”. Da quando esiste la legge quei quattro fondi hanno assegnato ai partiti 2,7 miliardi di euro. Il 5 per cento che doveva essere destinato alla propaganda per le quote rosa ammonta dunque a 135 milioni di euro. Con una cifra così dovremmo tutti vivere circondati da spot viventi sulle quote rosa. Vuole dire che ogni giorno, 365 giorni all’anno, ci sono a disposizione appunto 27 mila euro per iniziative destinate a fare aumentare le prossime onorevoli in gonnella. In giro invece si vede poco o nulla. Eppure tutti i partiti giurano di spendere quei fondi. Ogni anno in bilancio scrivono fra i costi della produzione quel 5 per cento dei rimborsi. Qualcuno a dire il vero spesso si dimentica di farlo o inserisce cifre un po’ a casaccio (inferiori a quanto dovuto). Negli anni elettorali i tesorieri dei partiti le giustificano così: c’è stata la campagna elettorale, è costata tanto: il 95% delle spese si attribuiscono agli uomini, il 5% alle candidate donne. L’esatto opposto di quel che voleva la legge. Perché così le donne resterebbero sempre in minoranza.
Ma c’è chi per raggiungere la cifra dovuta fa sfoggio di tutta la sua fantasia. Non se ne trova traccia nei bilanci appena pubblicati sui giornali. Ma poi a fine anno i partiti consegnano i loro conti dettagliati alla Gazzetta Ufficiale, che li pubblica in un numero speciale. E lì si trovano per esteso i loro conti. I Democratici di sinistra, per esempio che come tutti i partiti che ufficialmente sono scomparsi esistono ancora per prendersi gli ultimi rimborsi elettorali, hanno escogitato di tutto per giustificare le quote rosa. Anche Forza Italia non è stata da meno, e la stessa fantasia hanno avuto i tesorieri del Partito dei comunisti di Oliviero Diliberto e di Rifondazione comunista. Come spendere per le donne? Idea comune: facendole viaggiare. Quindi la maggiore parte delle quote rosa riguarda i rimborsi di biglietti treno, aereo e chilometrici per le auto delle nostre politiche. Nel 2008 le signore della politica hanno speso più di un milione in viaggi per auto-promuoversi. E se vai in giro, mangerai pure? Ecco i conti del ristorante delle donne, rimborsati dai partiti. Come i loro caffè presi velocemente al bar prima di un convegno: anche quelli fanno massa. I Ds inseriscono in un anno anche 59.662 euro di viaggi e missioni delle donne volontarie. Che naturalmente stando lontane da casa hanno nostalgia di mariti e figli. E si attaccano al telefono: 60.199 euro di rimborso spese per i loro telefonini. Visto che la cifra non tornava, ecco inseriti nel conto quote rosa anche le trasferte delle dipendenti in gonnella del partito: 41 mila euro e quelle delle collaboratrici (57 mila euro). Che faranno durante il viaggio? Leggeranno. Quindi ecco la voce ”giornali, libri, riviste donne”, col dubbio: settimanali femminili o comprati dalle donne? così che le quote rosa sono diventate una barzelletta.