Paolo Bricco, Il Sole-24 Ore 10/7/2010;, 10 luglio 2010
CON LA FABBRICA TORNA A SPERARE ANCHE L’INDOTTO
«Spero che la Fiom si metta con la testa a posto». Luigi Rea è il titolare del Mol-lificio Partenope, dieci dipendenti e un milione e mezzo di fatturato. «I sindacati che non hanno firmato l’accordo, bisognerà capire cosa intendono fare adesso, che la Panda arriverà e che la Fiat investirà i 700 milioni promessi. La fabbrica non va bloccata. Il modello va realizzato».
Raggiunto al telefono, Luigi Rea non nasconde la sua gioia (sì, proprio gioia), all’idea che Pomigliano non chiuda o non si avvii a una lenta agonia: «Qui l’intero indotto tornerà a respirare. Poteva essere la morte civile di tutti noi». Rea, fino a sette anni fa, otteneva il 100% dei suoi ricavi con la Fiat. Poi, ha cominciato a vendere le sue molle a imprese di altri settori (illuminotecnica, casalinghi, elettrodomestici). La sua azienda, però, è una delle poche ad avere compiuto un minimo di diversificazione. La maggioranza, dove lavorano poco meno di 6mila operai che si aggiungono ai 5.500 della fabbrica Fiat, ha una dipendenza totale dalle commesse del Lingotto.
«Ho sentito Torino - dice Salvatore Cantone, titolare della Fas Impianti - e anche i dirigenti di là sembrano contenti che si possa tornare a produrre auto a Pomigliano e a chiedere ordini a noi aziende di qua». Una trentina di addetti in mobilità, cinque dipendenti ancora in azienda a mantenere il livelli minimi di attività, la Fas Impianti ha fatturato lo scorso anno, prima della grande crisi, l’80% dei suoi due milioni di euro con la Fiat.
Cantone ha una doppia antenna: economica come piccolo imprenditore e sociale in quanto presidente dell’associazione antiracket Pomigliano per la legalità. «Di fatto da un anno Pomigliano è una fabbrica ferma. La cassa integrazione è un salvagente, ma le persone hanno problemi di liquidità. Su dieci famiglie tre sono sotto usura o hanno rapporti con finanziarie opache. Se la fabbrica torna a produrre e l’indotto a respirare, la presa degli strozzini potrebbe allentarsi», è la previsione di Cantone.
Le voci di Pomigliano si sovrappongono alle posizioni ufficiali degli industriali: «Non ho mai avuto dubbi sul fatto che il grande senso di responsabilità dei vertici della Fiat, prevalendo sulle difficoltà insorte, dovute all’incomprensibile opposizione di una parte minoritaria del sindacato, avrebbe portato alla conferma dell’investimento per Pomigliano », spiega il presidente dell’Unione industriali di Napoli, Gianni Lettieri, per il quale la decisione della Fiat è anche «un ulteriore attestato di fiducia verso le potenzialità del nostro territorio».
Fiducia verso il territorio e coesione della comunità. Mimmo Vacchiano è un operaio della lastratura ed è un delegato Rsu della Uilm: «Abbiamo lottato per avere la Panda qua, il referendum è andato come è andato. Ma, ora, la vettura c’è. E nessuno si deve mettere in mezzo. Mi auguro che i compagni della Fiom Cgil rinsaviscano».
Nel giorno più bello, il ceto intermedio che controlla la fabbrica, formato da operai assunti nel 1989 che sono entrati nei sindacati, annusa gli umori, sente la speranza e percepisce i problemi potenziali. Il timore, per persone abituate a passarsi di mano documenti e note ufficiali, sta negli ultimi due capoversi del comunicato diramato ieri dal Lingotto: «L’azienda e le organizzazioni sindacali che hanno firmato l’accordo si impegneranno per la sua applicazione con modalità che possano assicurare tutte le condizioni di governabilità dello stabilimento. L’esecuzione di questo accordo nei tempi e nei termini concordati è la condizione necessaria per la continuità dell’impegno della Fiat nella realizzazione del progetto Fabbrica Italia».
Al di là di tutto, Mimmo Vacchiano oggi è animato da ottimismo: «Mi auguro che nessuno voglia sabotare questo accordo, dentro alla fabbrica. La Panda è troppo importante, per tutti».