Alberto Alesina, Il Sole-24 Ore 10/7/2010;, 10 luglio 2010
IL FONDO TORNA ORTODOSSO: MENO SPESE E BANCHE SANE
Il Fondo monetario internazionale, nel supplemento di luglio del suo World economic outlook, ha rivisto all’insù di ben mezzo punto percentuale la crescita dell’economia mondiale nel 2010 (dal 4% al 4,5%). Ha poi affermato che i rischi per la ripresa dipendono dall’eccessivo indebitamento pubblico, soprattutto in Europa, e dalle possibili conseguenze sulla stabilità e solidità dei mercati finanziari in generale e delle banche europee in particolare. In altre parole ha detto tre cose: che è ora di ritirare il piede dall’acceleratore fiscale, che la crescita va sostenuta con misure che non siano spesa pubblica a pioggia e che si deve lavorare ancora sulla stabilità finanziaria.
Il Fondo si è quindi pronunciato con un certa chiarezza contro chi ancora predica più spesa pubblica e più indebitamento.
Qualche lettore penserà «Bella scoperta, il Fondo monetario predica sempre e comunque rigore, lacrime e sangue ». Non è vero. Durante la grande recessione del 2008 e 2009 l’Fmi consigliava,in particolare attraverso l’autorevole voce del suo capo economista, Oliver Blanchard, un grande attivismo fiscale keynesiano: più spesa pubblica senza curarsi dei deficit. Addirittura fino a qualche settimana fa, quando in molti stavano preoccupandosi del livello di debito pubblico in vari paesi europei, il Fondo ancora tentennava dando segnali un po’ confusi sulla politica fiscale. In questi giorni questa istituzione è uscita dall’ambiguità (a mio avviso con un certo ritardo) sottolineando che è giunto il momento di ritirare il piede dall’acceleratore fiscale e che la crescita va sì alimentata, ma con riforme strutturali e non con ancora più spesa pubblica a pioggia.
Il monito più forte è diretto all’Europa dove la crisi da debito è potenzialmente più acuta, ma vi sono anche dei "suggerimenti" ( e delle tirate d’orecchi) all’amministrazione Obama che sembra vivere in un mondo in cui il vincolo di bilancio del governo è dimenticato. Il Fondo si è mosso nella direzione giusta.
Oggi l’unica via per sostenere la ripresa sta nel settore privato. Vi è un enorme ammontare di liquidità non spesa negli Stati Uniti, profitti non reinvestiti per esempio. Il solo modo per farli rientrare nel circolo degli investimenti è di ridare sicurezza sul corso futuro delle imposte, sulla solidità della finanza pubblica e delle banche. Non a caso il recupero veloce dei mercati azionari dopo il minimo del marzo 2009 si è bloccato alcuni mesi fa a causa delle preoccupazioni per l’eccessivo indebitamento pubblico europeo e per le incertezze sul piano di rientro dal deficit americano.
Oltre a rimettere a posto i conti pubblici l’Europa deve rapidamente procedere sulla strada degli stress test per le banche. In particolare, e qui sta la connessione con la finanza pubblica, i mercati devono sapere se le banche europee (comprese quelle tedesche) sono solide o a rischio nel caso di ristrutturazioni di debiti pubblici. Se non lo fossero andrebbero presi provvedimenti adeguati di ricapitalizzazione, ma è necessario saperlo.
Se non si tranquillizzano in qualche modo i mercati sulla stabilità delle banche europee non si fanno passi avanti. L’idea poi di fare gli stress test e di non renderli totalmente pubblici, avanzata da Francia e Germania, era un’assurdità. Se i risultati fossero nascosti i mercati reagirebbero di nuovo male: fare i test e tenerli segreti sarebbe peggio che non farli del tutto. Immaginate di sospettare di avere una grave malattia, di fare degli esami e che il vostro medico si rifiuti di dirvi il risultato. Come vi sentireste? Ottimisti o pessimisti? Vi dimentichereste della malattia?
Insomma, la fase della spesa pubblica e dei deficit è finita. Ora bisogna tranquillizzare i mercati e far ripartire gli investimenti privati. Un passo in questa direzione è cominciare a rimettere in sesto la finanza pubblica e le banche.