Giorgio Meletti, il Fatto Quotidiano 8/7/2010;, 8 luglio 2010
ECCCO QUELLI CHE ”VORREI TANTO COMPRARMI LA ROMA”
Se tutto va bene, stasera Alessandro Profumo, amministratore delegato dell’Unicredit, genovese e interista, torna a casa con la Roma calcio da vendere. Dirà probabilmente a sua moglie di aver risolto un problema, costringendo finalmente alla resa Rosella Sensi e il suo gruppo Italpetroli, indebitato per quasi 400 milioni. Ma acquisendo il 100 per cento del patrimonio dei Sensi si è preso una grana. A chi chiedere quei 150-200 milioni che il club giallorosso, quotato in Borsa, dovrebbe valere? già iniziata la sarabanda della più genuina ”imprenditoria” romana: la Roma fa gola a molti, per la semplice ragione che nel ”capitalismo relazionale” che ammorba l’Italia, e la Capitale in particolare, essere presidente della squadra di calcio aiuta gli affari. Soprattutto i costruttori, soprattutto se è in vista la costruzione di un nuovo stadio accompagnato da una colata di cemento.
Tutti smentiscono, ovviamente. Però qualche mese fa Massimo Mezzaroma, presidente del Siena, si è detto pronto. ”Potrebbero affiancare un altro imprenditore, disposto a lasciare loro la costruzione dello stadio e l’edilizia residenziale inserita nel progetto”, ha scritto il Corriere dello Sport. Il presidente del Siena è il figlio di Pietro Mezzaroma, che nel 1993 comprò la Roma insieme con Franco Sensi, da Giuseppe Ciarrapico. Poi lasciò. I Mezzaroma, nomen omen, sono una famiglia spaccata. Pietro ha litigato con i due fratelli Roberto (l’unico laureato di famiglia, ex parlamentare di Forza Italia) e Gianni. Gianni ha un figlio, Marco, che si sta per sposare con il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna, e una figlia, Cristina, sposataconClaudioLotito,pittorescopresidente della Lazio. Il ramo Pietro odia Lotito e parla di parentela acquisita e lontana. ”Rappresentiamo mondi completamente diversi”, dice Massimo Mazzaroma.
Gettonatissimo anche il nome di Sergio Scarpellini, 73 anni. E’ diventato famoso per aver dato in affitto, con contratto di 18 anni, pregiati palazzi nel centro di Roma alla Camera dei Deputati, prima ancora di comprarli. La sua Immobilfin ha fatto un affare d’oro, contrastato a suo tempo dagli uomini di Umberto Bossi, dei quali si è vendicato subito dopo elargendo un finanziamento alla Lega Nord. Al giornalista di Annozero Stefano Bianchi che gli chiedeva spiegazioni ha risposto testualmente: ”Della Camera e delle vostre accuse me so’ proprio rotto er cazzo”. Non risulta che sia laureato. Ma Scarpellini è l’uomo chiave del progetto del nuovo stadio. E’ infatti suo il terreno in zona Monachina (lungo la statale Aurelia) dove dovrebbe sorgere una specie di Disneyland del pallone (o del cemento). Su 145 ettari si spalmeranno, oltre al rettangolo verde e alle tribune, 800 mila metri cubi di locali commerciali, con tanto di negozio Ikea (il terzo di Roma) ristoranti, bar, due cinema, forse un albergo. Poi asilo nido, piscina, campi sportivi, parcheggi e lago artificiale. In più 650 mila metri cubi di edilizia residenziale. Ecco che cosa vorrebbe costruire Mezzaroma. L’imprenditoria del mattone lavora così. Compra un terreno e aspetta che il sindaco di turno lo renda edificabile. Scarpellini ha comprato un terreno in periferia alla Romanina, l’ha pagato 80 milioni di euro nel 1990, adesso vale 500 milioni per sua stessa ammissione. Basta un tratto di penna sul piano regolatore. Per questo la periferia della capitale si descrive o con i nomi delle località o con il nome del costruttore che lì sta facendo i soldi. Così c’è la Romanina del suddetto Scarpellini, mentre la Bufalotta è Francesco Gaetano Caltagirone più i fratelli Pierluigi, Claudio e Stefano Toti (società Lamaro), Eur Castellaccio è nel mirino della Parsitalia di Andrea Parnasi, la Madonnetta è ancora Toti, la fiera di Roma di nuovo Toti. I costruttori romani sono amati dai sindaci. L’attuale, Gianni Alemanno, ha promosso il loro presidente Giancarlo Cremonesi al vertice dell’Acea, la municipalizzata elettrica. I Toti andavano così forte con Veltroni che se l’è legata al dito il più potente e ricco di tutti, Caltagirone (ormai uomo chiave anche del Monte dei Paschi di Siena e delle Assicurazioni Generali). Caltagirone è proprietario del maggiore quotidiano della Capitale, Il Messaggero, ma anche l’altro giornale tradizionale, Il Tempo, è di un costruttore, Domenico Bonifaci, a suo tempo coinvolto nello scandalo Enimont. L’archistar Massimiliano Fuksas, intervistato da Report, ha dato la sua sentenza. ”Che a Roma e in Italia non ci sia stata un’evoluzione anche degli imprenditori o dei cosiddetti palazzinari è evidente. Quello che si costruisce è molto simile a quello che si costruiva negli anni ”70”.
Poicisonoinonpalazzinari.Ilpiù’nobile” è Francesco Angelini dell’omonima società farmaceutica. Fa la corte dalla Roma da un sacco di tempo, e gode di una popolarità trasversale alle tifoserie come produttore della Tachipirina. Poi ci sono gli Angelucci, il padre Antonio, deputato Pdl, e il figlio Giampaolo. Sono i cosiddetti ”re delle cliniche”, già azionisti dell’Unità, oggi sono proprietari di Libero e del Riformista. Nel 2009 il figlio è finito agli arresti domiciliari per un’inchiesta a proposito di una truffa a un’Asl. Il padre non è stato arrestato in quanto parlamentare. E infine il più piacione di tutti, Giovanni Malagò, titolare della Samocar, la maggiore concessionaria Bmw d’Italia, a suo tempo compagno di poker e grande amico di Gianni Agnelli, autorevolmente definito da Silvio Berlusconi ”esperto di sport e di donne”. Anche lui rigorosamente bipartisan nelle amicizie, è stato presidente del comitato organizzatore dei mondiali di nuoto del 2009. Quelli delle piscine troppo lunghe o troppo corte. Il Circolo Canottieri Aniene, di cui è presidente, è accusato di aver costruito i nuovi impianti violando le leggi paesaggistiche e urbanistiche. Per questo Malagò è indagato, dichiarandosi stupito di esserlo.